Come i terroristi ottengono le provvigioni per le azioni destabilizzanti

(di Nicolò Giordana)
11/06/15

Riuscire oggi a determinare una univoca e certa definizione di terrorismo, e di tutto ciò che ne concerne, è una pratica assai difficile. La stessa dottrina, infatti, dibatte fortemente in tal senso: in ambito internazionale genericamente, questi atti, sono ravvisati quali attività e condotte che portano una forte instabilità al sistema e che debbono trovare un'adeguata sanzione da parte degli ordinamenti nazionali.

Un nodo fondamentale che si colloca nel contesto di repressione al terrorismo è rappresentato dal contrasto al finanziamento a tali attività, chiudere i flussi d'entrata significa infatti togliere l'ossigeno e dunque impedire l'espansione del fenomeno. A tale uopo il legislatore italiano, col d.lgs. 22 giugno 2007, n. 109, definisce il finanziamento del terrorismo come "[...] qualsiasi attività diretta, con qualsiasi mezzo, alla raccolta, alla provvista, all'intermediazione, al deposito, alla custodia o all'erogazione di fondi o di risorse economiche, in qualunque modo realizzati, destinati ad essere, in tutto o in parte, utilizzati al fine di compiere uno o più delitti con finalità di terrorismo o in ogni caso diretti a favorire il compimento di uno o più delitti con finalità di terrorismo previsti dal codice penale, e ciò indipendentemente dall'effettivo utilizzo dei fondi e delle risorse economiche per la commissione dei delitti anzidetti."

Uno dei maggiori problemi per il contrasto verso questi finanziamenti è rappresentato dal fatto che le organizzazioni terroristiche utilizzano anche fonti lecite e canali legittimi ponendo in particolare difficoltà l'azione di prevenzione. Il terrorismo muove, in generale, su due fronti: uno nazionale ed uno estero, ed attualmente distinguiamo tra la matrice non confessionale e quella religiosa del fenomeno. Il primo tipo è quello che spesso si tende a non volerlo identificare col termine "terrorismo" in ragione del fatto che il solo chiamare quel fenomeno col suo reale termine pone un forte senso di angoscia. Nessun giornale ha infatti identificato col termine di atti terroristici i fatti accaduti a Milano nella giornata dell'inaugurazione di Expo2015, o alti celebri episodi passati agli onori della cronaca nazionale. Eppure questo è chiaramente un terrorismo domestico alimentato dall'attuale contesto socio-economico caratterizzato da un forte precariato, una ormai incontrollabile immigrazione clandestina ed una consueta contestazione alle realizzazioni delle grandi opere. In questi contesti muovono le associazioni dell'area anarco-insurrezionalista - come la Federazione Anarchica Informane ed il Fronte Rivoluzionario Internazionale - che si presentano come organizzate in una struttura verticistica che, per il tramite di gruppi informali e unità autonome di base autogestite, praticano un'azione diretta ovvero attacchi immediati e distruttivi contro lo Stato ed il capitale.

Oggi, però, l'evoluzione più rilevante della minaccia terroristica è sicuramente rappresentata dai movimenti di matrice religiosa islamica che trovano testimonianza anche all'interno del territorio nazionale, così come risulta dalle attività d'intelligence condotte dalla fine degli anni '90 al 2007 e che hanno portato alla luce una rete ramificata di cellule affiliate ad al-Qaeda sorte al fine di riscontrare e preparare militanti. La struttura centrale pakistana, ha vissuto un progressivo declino che ha contribuito ad una forte proliferazione di organizzazioni regionali affiliate - come AQMI, al-Qaeda nel Maghreb Islamico, AQAP, al-Qaeda nella Penisola Arabica, AQI, al-Qaeda in Iraq - o con un'ideologia comunque non difforme - è il caso dell'ISIS e di Boko Haram. Tutte queste entità trovano una fonte primaria di affiliazione dal web per mezzo del quale è attuata una massiccia propaganda che mira a fare proseliti sia tra la popolazione dei territori all'interno dei quali si diramano tali organizzazioni, sia tra i mussulmani in Occidente.

Dal 2007 le attività di indagine e repressione, anche nel nostro territorio, ha iniziato a focalizzarsi alle micro cellule che apparentemente non hanno specifici collegamenti con le strutture principali ma che spesso si appoggiano sulla rete internet. Oggi la minaccia jihadista in Italia muove parallelamente alla situazione di evoluzione geopolitica del Nord Africa e del Medio Oriente - specie con riguardo alla Siria - ed alla sempre maggiore diffusione dei movimenti salafiti e dell'estremismo home grown, ossia dei mussulmani comunque nati o cresciuti in Occidente.

Le numerose indagini sino ad oggi condotte hanno ravvisato l'esistenza di varie modalità di sostentamento alle cause terroristiche. Come detto in apertura, gli apporti avvengono tramite attività illecite ma anche lecite. Tra le seconde si sono riscontrati i proventi ricavati dall’esercizio di attività d'impresa regolarmente costituite e operanti in vari settori economici, donazioni fatte da mussulmani ad enti caritatevoli o assistenziali delle quali è stato rilevato talora un impiego distorto di parte delle somme, e le rimesse degli emigranti che inoltrato una parte dei loro guadagni per il sostentamento dei propri familiari nel Paese d'origine. Queste ultime attività vengono espletate tramite l'utilizzo di apposite attività di money transfer che hanno la capacità di trasferire somme di denaro anche elevate in tutte le aree del mondo ed a costi contenuti. Accando a questi intermediari regolari esistono poi gli Informal Value Transfer Systems, sistemi para-bancari che costituiscono l’alternativa ai canali ufficiali per la movimentazione del denaro e che possono quindi facilmente gestire anche i proventi illeciti. Sono, queste, società di servizi che, prive delle specifiche autorizzazioni, vengono privilegiate dai lavoratori immigrati privi del permesso di soggiorno - che quindi non riuscirebbero ad assolvere le norme circa l'identificazione del soggetto che dispone l'operazione finanziaria - e che offrono le loro prestazioni su rapporti basati su una necessaria fiducia che sorge dall'esigenza di poter operare solo in quella modalità.

Le attività illecite, invece, rispondono ad un alveo alquanto ampio: si va dal traffico di sostanze stupefacenti al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, dalla contraffazione dei marchi allo sfruttamento del lavoro irregolare, dalla raccolta illegale di scommesse all’esercizio abusivo di attività finanziarie. Altro ambito in cui avviene il finanziamento a queste organizzazioni è poi rappresentato dall'immigrazione clandestina, la ricettazione di documenti contraffatti e la ricettazione e confermazione dei marchi.

In questo contesto la necessità primaria è quella di identificazione del soggetto che ordina i trasferimenti, necessità cui è difficile attendere nel caso in cui non vi sia una attiva collaborazione col settore finanziario e bancario in un contesto che è quello di prevenzione e che si attua tramite l'apposizione, da parte dello Stato, di obblighi di identificazione, registrazione e segnalazione delle operazioni sospette. L'analisi pratica della ricostruzione dei differenti tasselli apparentemente privi di un contenuto informativo rilevante, nel quadro generale potrebbero rivelarsi essenziali per comprendere il finanziamento al terrorismo ma anche per individuare capi e membri dei singoli gruppi.

I fondi possono essere raccolti in due contesti. Quelli recuperati nel territorio italiano possono ivi rimanerci - per alimentare attività terroristiche che si sviluppano nella Nazione [anche se questa modalità è più affine ad associazioni terroristiche di matrice anarchico-insurrezionalista "nostrana" piuttosto che del terrorismo islamico] - oppure essere trasferiti all'estero, tramite money transfer o cash courier, per contribuire al consolidamento delle reti in altri Paesi.

L'altra faccia della medaglia è rappresentata dal processo inverso, ossia dall'ingresso in Italia di fondi raccolti all'estero. In questo caso è raro che il destinatario dei proventi sia un terrorista individuale: generalmente è un'organizzazione attiva sul territorio nazionale. Questo modus operandi risulta meno usuale in Italia essendo da un lato mappati in forma altamente efficace tutti i flussi, e dall'altro più semplice reperire le risorse già all'interno del sistema. Un'ultima ipotesi di finanziamento è rappresentata dal moto estero ossia da fonti estere che producono risorse che alimentano in terrorismo all'estero. È questo il caso che vede il finanziamento alle organizzazioni jihadiste.

Si materializzano dunque quattro ipotesi di finanziamento: fondi reperiti in Italia e trasferiti ad organizzazioni nel Paese, fondi reperiti in Italia e trasferiti all'estero, fondi reperiti all'estero e trasferiti in Italia e fondi reperiti all'estero e trasferiti all'estero. Di queste possibilità l'azione preventiva e repressiva delle autorità italiane può esercitarsi unicamente sulle prime tre, la quarta richiede invero azioni sinergiche a livello internazionale.

Una volta avvenuta la tracciabilità del flusso sospetto, occorre verificare la sussistenza materiale del nesso di causalità tra il money transfer e l'economic support all'associazione terroristica, specie nel caso in cui i fondi migrino all'estero. Il più spesso delle volte il finanziatore non occulta le risorse destinate al terrorismo ma nasconde o dissimula in fine ultimo.