Nel mondo della geopolitica e sui “media” si parla sempre più dei possibili collegamenti tra la guerra contro i terroristi di Hamas nella regione di Gaza, gli attacchi missilistici dei terroristi Huoti nel Mar Rosso e le catene di approvvigionamento globali.
Per alcuni esperti tale situazione viene spiegata creando connessioni che in realtà non esistono o sono realmente flebili.
Il mondo di oggi è chiaramente più pericoloso di quanto lo fosse alla fine del precedente millennio soprattutto se si considera il Medio Oriente che si configura come l’apparente centro di gravitazione in cui si incontrano conflitti locali, regionali e geopolitici.
Ciò che è chiaro è che, sebbene tutti gli stati più potenti del mondo siano in qualche modo coinvolti, sono tutti ugualmente attenti a evitare di intensificare il conflitto a Gaza, scatenato dalla strage condotta dai terroristi di Hamas, al punto da entrare in ulteriore attrito/conflitto tra loro. L’Iran chiaramente non vuole una guerra né con Israele né con gli Stati Uniti e supporta le sue guerre per procura. La Russia è concentrata sull’Ucraina, mentre la Cina Popolare sembra principalmente preoccupata di preservare le direttrici di approvvigionamento globali che l’hanno resa ricca e potente (incluso quella del Mar Rosso), mentre gli europei vogliono/vorrebbero semplicemente restare tranquilli.
È, però e purtroppo, in corso una guerra globale, che non viene combattuta direttamente ma piuttosto si intensifica per procura (Iran docet). Il complesso dei conflitti si potrebbe definire quasi una guerra “sistemica”, cioè una guerra mondiale non palese che si estende dall’Europa attraverso il Medio Oriente fino all’Indo-Pacifico. È una guerra con minacce statali e non statali all’Occidente in cui grandi potenze utilizzano “poteri terroristici” più piccoli per sondare le vulnerabilità nelle società e nei sistemi che hanno identificato quali loro nemici. È anche spesso una guerra tecnologica, perché ad esempio, le fake news e gli attacchi informatici sono le armi semplici e poco costose progettate per sfruttare le debolezze delle democrazie.
Utilizzando i più recenti cyberware, le fabbriche di troll cercano costantemente di disturbare e distrarre potenti avversari e minacciare i nodi digitali critici e le infrastrutture su cui fanno affidamento le società democratiche. Di conseguenza, scoraggiare tali minacce non dipende più semplicemente dalla capacità dimostrabile delle forze armate convenzionali e nucleari, ma anche da una comprovata capacità di rispondere ai domini informativi e informatici, molti dei quali dipenderebbero pure dai sistemi spaziali come dimostrato dal “grande fervore” attuale nello spazio stesso.
C’è chi prospetta che si tratti di un conflitto tra autocrazie e democrazie la cui caratteristica migliore sarebbe vedere lo scontro come un confronto tra coloro che beneficiano dell’attuale status quo e coloro che credono di aver perso terreno. Ciò sta portando a una serie di coalizioni e intese, nessuna delle quali particolarmente stabile. In Medio Oriente, attraverso gli Accordi di Abramo, Israele ha stretto un accordo anti-Iran con l’Egitto, l’Arabia Saudita e gli Stati del Golfo. Russia e Iran fanno parte di una coalizione antisraeliana e, per estensione, antiamericana e cercano di usarla per indebolire la determinazione degli Stati Uniti in Ucraina e in tutta Europa. L’Iran sta utilizzando, per delega, gruppi terroristici come Hamas, Hezbollah e gli Houthi (nello Yemen) per costringere Israele ad una guerra su due o più fronti. La Cina Popolare sostiene tacitamente gli sforzi occidentali volti a mantenere la liberta; di movimento sulle linee di approvvigionamento globali attraverso il Mar Rosso, anche se cerca ostinatamente di tenere gli Stati Uniti fuori dal Mar Cinese Meridionale per isolare la democrazia della Repubblica di Cina - Taiwan.
I paesi europei europei sperano semplicemente che la cosa non crei problemi ulteriori, anche se Frontex (Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera) ha annunciato la settimana scorsa che c’è stato un aumento del 17% nel flusso di migranti irregolari/illegali in Europa nel 2022-2023, il numero più alto dal 2016.
Pare, purtroppo, chiaro che i conflitti in atto si stiano trasformando in una guerra non dichiarata che rende il sistema internazionale sempre più fragile e che il futuro dipenderà dalla capacità degli Stati Uniti di agire dopo le elezioni, dalla capacità degli europei di muoversi unitariamente, dalla strategia commerciale espansionistica della Cina Popolare e se Mosca e Teheran smetteranno di provocare i vicini sconsideratamente.
Ciò che serve, per i principali analisti è, come sempre, una strategia occidentale coerente di fronte a tale complessità per preservare l’ordine basato sulle regole (che è ora sotto attacco) e separare un conflitto da un altro. Qualsiasi strategia di questo tipo richiederebbe a sua volta una solidarietà economica transcontinentale e, dove per ora nessuno prova ad agire, sia un impegno costante per risolvere ogni conflitto sia la sostituzione di catene di approvvigionamento altamente efficienti ma fragili, con reti commerciali più resistenti e ridondanti.
Appare essenziale che venga assicurato l’accesso occidentale sia ai microchip (proteggere la democrazia dell’isola di Taiwan è centrale) sia ai minerali delle terre rare, il tutto con il supporto di una sempre maggiore capacità militare (adeguata alle minacce in atto) e una conseguente volontà europea di fare sentire la sua voce unita e determinata.
In definitiva, l’Occidente dovrebbe cercare di dividere la Cina Popolare dalla Russia, isolare l’Iran dalla sua regione e dai terroristi e contenere la Russia sfruttando le sue apparenti debolezze. Bisognerebbe usare innanzitutto la diplomazia in modo efficace e la stessa dovrebbe essere supportata dal sistema economico/bancario e da uno strumento militare coeso e, soprattutto, coercitivo.