È una terra climaticamente difficile, che per millenni i suoi abitanti hanno coltivato con fatica, ricavandone per vivere soprattutto cereali, patate e - come anestetico dalle sofferenze della vita quotidiana - spiriti distillati. C’è un vicino “ingombrante”, divenuto dopo secoli bui medievali una potenza a livello mondiale e ancora oggi molto forte, nonostante abbia perduto un impero colossale ma conservato un arsenale nucleare. Ci sono stati secoli di dominazione da parte di questo vicino, che è arrivato a imporre la propria lingua e ha cercato di cancellare quella degli indigeni. Rimane la memoria, ancora viva, di una carestia devastante, che ha lasciato nelle fosse comuni milioni di morti ed è stata in larga parte voluta dal vicino-padrone, lieto di spezzare le reni una volta per tutte a gente così riottosa. Sì, perché il vicino-dominatore di una cosa è certo: ogniqualvolta questi cocciuti ex servitori diventano troppo indipendenti, la situazione geostrategica cambia e in modo negativo. Sono passati alla storia una serie infinita di tentativi di liberarsi da questo giogo asfissiante, offrendo spesso il sostegno ai nemici dell’oppressore. Anche a quelli non presentabili. Anche a costo di conflitti interni, vere e proprie guerre civili, perché - pur volendo liberarsi - non hanno mai costruito una nazione coesa. Ma chi se ne frega: nemmeno l’Italia lo è… Intanto, l’Europa e il Nord America si sono riempiti di migranti, tutti ancora lieti di riconoscersi nella loro identità nazionale… E oggi, nel 2019, i rapporti - sempre pessimi - con l’ex vicino-padrone sono nelle cronache e mettono in difficoltà l’ex impero.
Vedete, amici lettori, la magia della propaganda: di fronte a questa mia narrazione - all’inizio di un editoriale sulla crisi russo-ucraina - si stanno per levare le prefiche della russofobia, i critici del “servo degli Americani” e gli alfieri del “ma sono tutti slavi orientali”.
In realtà, parlavo dell’Irlanda. Della i-r-l-a-n-d-a! Già, ora a costoro non importa più un fico secco: le questioni della verde isola di San Patrizio non riguardano i rapporti USA-Russia, né la geopolitica di Mosca. Ma le due storie sono così identiche da far rabbrividire. E a me questo incipit è servito per far capire una cosa semplice ai lettori: cercate sempre, nei vostri giudizi e anche nelle questioni di geopolitica e di sicurezza, di essere imparziali e giusti, perché quello che non neghereste mai agli europei occidentali Irlandesi - cioè fare quel che gli pare e piace della loro Nazione -, in uno scenario pressoché identico forse vale pure per gli europei orientali Ucraini.
La Crimea e il Donbass sono diverse dall’Ulster solo una volta che - al termine della narrazione dello scenario - gli si appiccica un nome invece che un altro. Così, la narrazione sulla Crimea “che è abitata da Russi” non è così diversa da quella sull’Alto Adige che è abitato dai Tirolesi, della Catalogna popolata dai Catalani, della Corsica coi suoi indigeni Corsi e, perché no, la Sardegna dei Sardi, la Vojvodina serba e la Transilvania romena dei Magiari. Così, giusto per smembrare un po’ di Stati…
Ora, al netto delle vicende in Donbass e delle violazioni degli accordi di Minsk, la domanda da porsi è questa: se cambiando il nome muta il vostro giudizio, quanto sarete stati giusti nella vostra valutazione? Quanto sarete stati diversi dai politici e dai giornalisti che criticate sempre? Meditate, gente: meditate.
E ora, la parola ai lettori!
Stefano la mette in geopolitica: Fino a trent’anni fa, le potenze che dominavano il mondo erano due; adesso, si è aggiunta la Cina. Il resto tutti muti. La UE così com’è è inutile: troppi presidenti, ministri, parlamenti. Se al posto della UE ci fosse un unico stato europeo, composto solo da regioni già esistenti, forse molte crisi tipo questa non ci sarebbe perché forse anche l’Ucraina sarebbe dentro questo stato. Però avremmo avuto una guerra preventiva da parte USA, Russia, Cina e tutti gli stati mediorientale, perché uno stato così sarebbe scomodo: in quattro il mondo sarebbe troppo piccolo.
Il lettore Andrea ha una visione peculiare delle potenzialità russe. Circa il “neonazismo polacco”, ricordo una simpatica vignetta in cui Corea del Sud e Israele - personificate - discutono su chi abbia i vicini più pazzi e aggressivi. Al ché, si sentono rispondere: “Voi non avete nessun problema coi vicini, in confronto a me!” da parte della stessa Polonia. Battute a parte, neonazisti, caro lettore, è come i leader sovietici chiamavano i lavoratori che appoggiavano Solidarnosc…
La Russia, dal crollo dell'URSS, ha perso circa 5 mln di km2 di territorio, e non parliamo solo di steppe desertiche prive di risorse e vita. Ma era e resta un impero, cioè ha una visione imperiale della politica estera, e l'avrà sempre. Si può pensare che oggi non abbia altro da fare che resistere alla pressione USA e NATO ai suoi confini, cercando anche di reagire tatticamente, ove possibile. Il fulcro della questione, dato che comunque la sua forza strategica ed economica prima o poi diverrà insostenibile per noi europei occidentali, è cosa faranno per contrastarla gli USA e la Cina (il vero rivale, da sempre). Paesi cuscinetto come Ucraina e Polonia, anche altri, sono destinati a essere usati (come sempre è avvenuto) come campi di battaglia temporanei e/o di passaggio, e nessuno veramente si impegnerà mai per loro (non è avvenuto neanche nella 2a GM, a ben vedere). È cinico dirlo, ma se la vanno anche a cercare: vedi ad es. le ultime determinazioni neonaziste polacche: la storia non gli ha insegnato nulla, pare.
Il lettore Giorgio dipinge uno scenario di brevissimo periodo, immaginando il suicidio collettivo della leadership ucraina, pronta a scatenare una guerra aperta con la Russia senza alcun sistema di alleanza che copra le spalle al Paese. A proposito del generale “tempo”, la Crimea è passata dentro la Federazione russa in poche settimane: quella nell’Ucraina orientale si avvia a diventare il più lungo conflitto in Europa dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Non so di chi sia amico, questo alto ufficiale…
Quando trenta anni fa crollò il muro di Berlino e poco dopo l'URSS, l'occidente visse gli eventi con visioni diverse. L' Europa sperò in un mondo migliore e riconciliato, gli USA si videro solo come vincitori della Guerra Fredda. Oggi, tutte e due hanno realizzato che sbagliarono giudizio e l’Ucraina ne è plastica rappresentazione. Molti storici fanno questa equivalenza Nazionalismi = Conflitti. Ebbene la fine dell'URSS ha liberato ad est i nazionalismi dormienti e dopo il golpe del 2014 a Kiev, il successivo ritorno della Crimea alla Russia, la guerra civile nel Donbass, l'imminente arrivo del Nord Stream 2, la crisi del Mar d' Azov e un Turchia sempre più lontana dagli USA, la dirigenza ucraina ha in mano tutti gli elementi (non felici) economici, finanziari, religiosi, geografici ed etnici per far detonare volontariamente un conflitto tradizionale con la Russia.
A Kiev sanno che il generale 'Tempo' non è loro alleato, ma l'opposto, quindi prima delle elezioni Presidenziali americane innescheranno una guerra aperta con la Russia nel convincimento che gli USA non permetteranno mai una vittoria russa; e l’Europa?
Si spaccherà, Polonia baltici con gli USA, Germania, Francia e altri si dichiareranno neutrali. Risultato: fine dalla UE 1.0 e della NATO 1.0 con nascita di qualcosa d'altro.
All’antico lettore Luca, di cui pubblichiamo il brano di seguito, ricordo che gli spiriti distillati - prodotti con cereali o patate - sono un’invenzione medievale dei Polacchi, diffusa tra gli Slavi orientali a seguito delle truppe dell’Impero polacco-lituano.
Incomprensibile che un paese che scrive in cirillico, di religione ortodossa, di radici slave voglia entrare nell'illusione Europea. Forse perché si sentivano sfruttati da Mosca? Quando sarà passata l'ubriacatura e si accorgeranno che invece di avere un unico padrone se ne trovano due o tre da accontentare, forse qualche rimpianto di sicuro emergerà.
Da Italiano è comprensibile il risentimento del Cremlino, simile un po' come quando all'Italia vennero sottratte la Nizza terra di Garibaldi e la Savoia per politica di convenienza, ma questa è storia antica… Si sa l'alcool fa brutti effetti e il vino francese anche. D'altronde politica è politica non capita spesso dai più, pazza isterica madre delle nazioni.
Un amico Ucraino come regalo ritornando da Kiev mi ha regalato una bottiglia di vodka, un amico Moscovita ha fatto lo stesso regalo… Chissà perché i Belgi mi regalano birra e non vodka? Mah….
Il lettore Marco ci racconta una storia a tratti personale, ma alla fine tocca tutti - ma proprio tutti - i temi di interesse.
Viaggio in Ucraina occidentale da 13 anni per motivi familiari. La sensazione è quella che una buona parte della popolazione dal 2014 ha ritrovato gli ideali di Patria. Mi sono confrontato prima, durante e dopo il 2014 sia con gente comune che con personale in servizio e in pensione appartenente alle “forze armate e/o di polizia” e appartenenti a istituzioni locali da cui è evidente che se la prima “rivoluzione arancione” ha dato una speranza, dal 2014-15 si ha una certezza: l’Ucraina è e sarà uno stato libero e indipendente dalla Russia.
In questi 4 anni si è ricostruito uno stato che era alla deriva partendo dalle amministrazioni centrali e a cascata quelle locali. Gli effetti non si vedono ancora nella sua potenzialità ma non c’è dubbio, nei prossimi anni la crescita economica si farà sentire e il legame con la Russia è considerato preistoria e questo indipendentemente da chi sarà il vincitore delle prossime Presidenziali. Ho la convinzione che anche se dovesse vincere un candidato filorusso la politica Ucraina resterà filoeuropea.
Gli unici 2 ostacoli a uno sviluppo sono paradossalmente dati dalla viabilità che seppur molto migliorata presenta strade ancora sconnesse e in secondo ordine un pregiudizio occidentale dovuto a una nostra profonda ignoranza della storia, dell’arte, della tecnologia, della cultura e della religione ucraine. Erroneamente molti continuano a ritenerla un satellite della Russia quando invece per molti degli aspetti summenzionati è stato l’opposto ovvero la Russia ha mostrato come proprie risorse ucraine.
Non ho dubbi, se si guarda con occhi obiettivi forse le regioni occupate resteranno sotto il controllo separatista per ancora alcuni anni poi torneranno all’Ucraina mentre la Crimea resterà sotto occupazione Russa finché non ci sarà un momento di grande debolezza della Russia stessa, questo perché non c’è la volontà di un bagno di sangue per riprendere questa regione.
Gli ucraini hanno imparato a difendersi con ogni mezzo e una occupazione militare di Kyiv (dell’intera Ucraina non sarebbe pensabile) durerebbe il tempo di una stagione. La peggiore opzione pensabile, quella atomica, porterebbe a una ritorsione di pari entità sul suolo avverso, l’unica opzione intelligente russa possibile è cercare di governare il cambiamento cosa che stanno facendo. Anche un'altra azione di forza nel mare d’Azov sarebbe possibile ma porterebbe comunque gravi perdite all’invasore e la ferma condanna internazionale. Non dimentichiamo che ci sono importanti interessi economici nei trasporti portuali di Mariupol che non riguardano anche paesi importanti e forti dell’Asia e che potrebbero fare una pressione elevatissima pur senza schierarsi apertamente.
Lorenzo pone l’accento su aspetti geopolitici e giuridici: È pacifico che nella vicenda Ucraina, si scontrino due attori geopolitici di peso: Usa e Federazione russa.
Non sono mai auspicabili le azioni unilaterali in particolare quando, seppure indirettamente, riguardano problematiche interne ad uno stato sovrano.
Detto questo, la secessione di una parte di territorio e/o la sua annessione ad un altro, sotto il profilo giuridico, dovrebbero essere attentamente ponderate dalla comunità internazionale.
Ciò che, scusate, mi lascia perplesso è però il doppio standard: se il principio di autodeterminazione dei popoli è tutelato dall'ordinamento internazionale, tale principio deve valere sempre. Ergo vale per il Kosovo e vale per la Crimea e per il Donbass.
Se invece analizziamo la situazione sotto il profilo sostanziale, al di fuori dello stretto diritto, non vi è chi non veda come le spinte verso secessioni e annessioni, vengono valutate dalla comunità internazionale secondo convenienze ed interessi geopolitici specifici. Gli Usa vedono bene il Kosovo indipendente e lo scioglimento della federazione Jugoslava; meno bene la questione Crimea e Donbass; la Federazione russa, all'opposto, vede male le prime e meglio le seconde.
Quindi dipende da che punto di vista si osserva la questione. Sotto il profilo geopolitico mi basta ricordare i numerosi interventi di Sergio Romano che, in più occasioni, ha sottolineato l'errore occidentale, in particolare Europeo, di non avere tenuto conto degli interessi geopolitici della Federazione Russa: ne è la riprova l’inserimento in costituzione Ucraina dell'obbligo di aderire alla Nato. Chi paga le conseguenze di tali comportamenti è come al solito la popolazione che, per lo più, subisce le scelte prese in luoghi lontani. Per noi europei, una guerra latente ai nostri confini orientali non è un buon segno e, dovremmo nutrire un nostro specifico interesse a preservare rapporti economici importanti senza per questo diventare sudditi di alcuno. Temo però che questa visione, terza ed autonoma rispetto ai due attori geopolitici, sia assolutamente inesistente e, quindi, si rischi sempre di passare da un appiattimento su posizioni filo USA (attuale) ad un appiattimento su posizioni filorusse (magari un domani). E magari, poi, paghiamo il conto di un conflitto caldo nel quale forse saremo anche coinvolti direttamente. Non va per nulla bene.
L’antico lettore Sergio va molto al sodo: È uno scontro fra chi vuol prostituirsi per la Russia e chi per l’Occidente, mentre la popolazione (compresa la rilevante e scomoda minoranza russa), da millenni abituata a spargimenti di sangue, fa quello che sa far meglio: sopravvivere come può con qualunque mezzo. Russia, infreddolita gigantessa che ricurva cerca calore e sostentamento dal bacino carbonifero del Donbass, dai porti militari del Mar Nero e dalle fabbriche missilistiche (quelle che alla caduta dell’Unione, hanno svenduto segreti a Iran e Corea del Nord). Semplici ragioni di Stato e necessità. La Russia per vivere ne ha bisogno e non mollerà mai i territori russofoni già controllati. Ma dubito miri ad ampliarli. Deve essere presente e forte nel Mar Nero in opposizione ai paesi Nato, soprattutto la Turchia. Mentre gli Usa cercano un pretesto per una guerra (contro la Cina), la Russia evita, visto che qualunque esito le sarebbe nefasto: se vincesse diventerebbe una provincia cinese, se perdesse mangerebbe cold-dog e vodka a vita.
Del commento del lettore Claudio, molto critico verso l’ordine orwelliano dell’occidente e i media e lieto che uno dei nostri vicepremier si sia deciso a incontrare i gilet gialli, pubblichiamo un brano interessante, che magari farà da spunto (su Curdi e strage di Odessa) per futuri articoli.
D’altra parte, se i Curdi vogliono ritagliarsi il loro stato quello va bene, se invece lo fanno i Russi in Novorossjia invece no. E vogliamo fare un dibattito serio in queste condizioni? Per carità non sto parlando solo dei giornalisti ma anche dei giullari del parlamento europeo e non solo. Vogliamo parlare della strage di Odessa? 48 morti - quarantotto - con dettagli indegni di un paese civile.
Un lettore - che chiede l’anonimato completo - ci offre un’analisi molto strutturata, che pubblichiamo per intero, come conclusione.
Chiunque voglia esaminare in dettaglio la crisi dell'Ucraina, deve mettersi in testa che si tratta di un affare molto delicato. Perché delicato? Primo, perché si tratta di un'area che si trova nel nostro cortile di casa. Non pensiate che ci siano grandi ostacoli che separino l'Ucraina dal resto dell'Europa; l'Ucraina ha frontiere comuni con ben quattro stati facenti parte dell'UE (Romania, Ungheria, Slovacchia, Polonia) quindi ogni sommovimento che interessi quel paese, interessa pure noi, nel bene o nel male. Secondo, se gli Europei, ed ancora di più gli Americani, possono essere tentati di trattare l'Ucraina alla stessa stregua di una “terra di scarto” ed attuare in loco una politica irresponsabile, ciò non vale per i Russi.
Da quando la crisi in Ucraina è degenerata, nel corso dei primi mesi del 2014, è divenuto chiaro a tutti che i Russi non avrebbero mai e poi mai mollato l'osso e che sono determinati a combattere fino alle più estreme conseguenze, se necessario, per tutelare i propri interessi nazionali in quello che essi considerano il loro “Estero Vicino”.
Non facciamoci illusioni, Euromaidan ha avuto sui Russi lo stesso effetto che la battaglia di Canne ebbe sui Romani; nel brevissimo termine è stata un disastro politico-militare dal quale però i Russi hanno tratto l'energia per battersi con rinnovata tenacia e, quasi sicuramente, trionfare nel lungo periodo.
Come ebbi modo di affermare più e più volte nel corso di questi anni, la posta in gioco in Ucraina è tale che per Putin la ritirata non è mai stata un'opzione. Qualunque sarà l'esito di questo ennesimo scontro per il controllo delle lande che un tempo fecero parte della “Scythia Maior”, possiamo sin d'ora trarre alcuni importanti insegnamenti dalla sfortunata parabola storica dell'Ucraina. Primo, che un territorio quantunque vasto ma privo di una sua cultura coerente, non necessariamente può produrre uno “stato”. Secondo, qualsiasi paese che deliberatamente distrugga le proprie forze armate e di sicurezza ha creato le premesse per la propria fine perché sono proprio le forze armate e quelle di sicurezza a coltivare il patriottismo sul quale si regge la premessa ideologica dello “stato”. Terzo, che la componente “oligarchica” presente in qualsiasi società non deve mai essere lasciata libera di portare avanti proprie “politiche” antitetiche a quello che è il supremo interesse nazionale né dovrebbe essere messa nelle condizioni di fagocitare la classe media e gli altri ceti popolari. Quarto, che anche quando sembra che sia stato toccato il fondo, un manipolo di governanti particolarmente incapaci ed irresponsabili è ugualmente in grado di imbastire, se non controbilanciato da dei giusti contrappesi interni, politiche talmente scellerate da far dire ad un attento osservatore esterno che, davvero, a volte non esistono limiti al masochismo.
Foto: U.S. DoD