Con gli aiuti sono arrivati anche agenti dell'intelligence russa? È la domanda che molti si sono posti dopo la lettura degli articoli de La Stampa e con il successivo clamore mediatico venutosi a creare con il botta e risposta con vari portavoce russi che hanno smentito con fermezza.
Tra le due linee di pensiero ne aggiungiamo una terza: una riflessione fuori dal coro.
Vista la crisi generata dal Coronavirus, sarebbe opportuno soffermarsi su alcuni aspetti dell'opportunità o meno degli agenti dell'intelligence - o come si dice volgarmente delle "spie" - ma soprattutto sulla differenza tra intelligence e spionaggio.
Rientra nella natura umana acquisire informazioni anche in situazioni di normalità e pace, figuriamoci in una situazione di crisi. Tutti i cittadini fanno attività di intelligence. Pensiamo alla pianificazione di un viaggio per le vacanze: studio della località, costi da sostenere, difficoltà logistiche da superare, sanità del luogo, lingua, usi e costumi. Si inizia la ricerca, ci si documenta e magari si ascolta il parere e l'esperienza vissuta di qualcuno che è andato prima di noi.
Bene, tutto questo è "classificato" come una forma di intelligence casalinga.
Ecco quanto specifica il professor Francesco Sidoti nel suo libro "Sicurezza e intelligence", Ed. Libreria Colacchi, pag.16: "È assolutamente da evitare la confusione tra intelligence e spionaggio. Nella mia impostazione l'intelligence è molto diversa dallo spionaggio: lo spionaggio può essere sommariamente definito come un traffico di informazioni riservate; l'intelligence può essere sommariamente definita con l'attività di raccolta, valutazione e cura delle informazioni relative alla sicurezza".
Come si può ben vedere si tratta di due cose ben distinte e differenti, anche perché andare sul posto alla ricerca e trafficare informazioni utili a mettere in crisi o in difficoltà quel Paese è ben diverso dal trovare informazioni da fonti aperte.
Stabilita la differenza, si passa alla realtà dei fatti con una ottica emergenziale politico-militare.
La Russia è un grande Paese. Ha una organizzazione militare e intelligence di assoluta grandezza. Tanto per dare un dato, anche se vecchio, per rendere l'idea della potenza, si pensi che nel periodo della Guerra Fredda "in Piazza Bereskovskij, a Mosca, c'era una struttura intelligence che svolgeva attività di I.R. (Information Retrieval) che acquisiva informazioni dalla lettura dei media. Vi lavoravano settemilacinquecento agenti". (Dizionario dello spionaggio, Alain Pujol, Longaresi, 1968, pag.91).
Dunque la Russia non ha certo bisogno di inviare membri dell'intelligence per avere informazioni sulla situazione italiana in merito al Coronavirus, visto che la copertura mediatica è più che ottima, ne parlano tutti i Media da mesi.
È bene ricordare che è il sistema più facile e legale per avere informazioni, tanto che "Un ex direttore della CIA metteva in guardia i suoi analisti da quella che definiva il fattore Enciclopedia Britannica: non sprecate energie per scoprire informazioni che si possono trovare liberamente nei quotidiani, nelle riviste o nelle monografie accademiche" (Intelligence, John Keegan, Mondadori, pag.5).
I militari russi arrivati sono stati affiancati subito da personale militare italiano e non vanno certo in giro per le strade da soli, come peraltro ben specificato nella nota congiunta MAE-Difesa. Magari ci saranno andati prima della crisi perché in ferie nel nostro Paese e liberissimi di girovagare. Ma non ora.
Inoltre non hanno certo bisogno di scoprire adesso dove ci sono le nostre caserme, anche perché "gli eserciti e le marine sono entità relativamente immutabili, e a chi voglia farsi un'idea della loro organizzazione rivelano quasi sempre la loro sede, forza o funzione, senza bisogno di un'indagine specializzata dei servizi intelligence" (Intelligence, John Keegan, Mondadori, pag.318).
Persino Oscar Wilde nella sua opera "Un marito ideale", atto III, scrisse: "Oh! Le spie non servono ai giorni nostri. La loro professione si è esaurita. I giornali fanno il loro lavoro". Nel senso che basta leggerli per avere informazioni intelligence.
Ora, i ragionevoli dubbi sollevati dal giornalista con l'intervista ad Hamish De Bretton-Gordon (esperto intelligence) pubblicata su La Stampa hanno ragione di esserci in un Paese democratico e con la libertà di pensiero ed espressione, perché proprio per questo esiste la democrazia, ma sono altrettanto comprensibili le dichiarazioni dei vari portavoce russi che andrebbero inquadrate come la manifestazione della loro buonafede e la paura che dietro possa esserci un eventuale nemico.
Illuminante un passaggio di Sidoti nel suo libro: "Mentre la narrazione dell'investigazione è codificata come risposta ad un enigma, la narrazione dell'intelligence è necessariamente aperta: il campo del possibile non è il suo punto di arrivo, ma il punto di partenza. L'investigazione propriamente detta si chiude con lo scioglimento dell'enigma; l'intelligence propriamente detta porta l'enigma in casa d'altri. Il punto di arrivo non è sapere ciò che non sappiamo, ma ciò che non sappiamo di non sapere" (Sicurezza ed intelligence, Francesco Sidoti, Ed. Libreria Colacchi, pag. 408).
Questa paura è umana, perché come alcuni fatti storici insegnano, pensiamo alla Commissione Creel, le forzature ci sono state. La studiosa Mascia Ferri nel suo libro "Come si forma l'opinione pubblica", Franco Angeli, pag.80, mette nelle note a piè di pagina la seguente spiegazione: "Istituita dal Presidente Woodrow Wilson e detta anche Commissione Creel dal nome del suo responsabile: il giornalista George Creel. La Commissione aveva il compito di promuovere e sostenere la guerra attraverso i mezzi di comunicazione". E questo non sarà certo il caso de La Stampa, ci mancherebbe altro.
Oggi i russi stanno aiutando sul campo gli italiani. Faranno anche spionaggio? Nulla di pericoloso per il sistema Italia: anche se dovessero acquisire informazioni sul campo, sarebbe impossibile il contrario, non saranno sicuramente di interesse per l'intelligence (perché i dati girano in abbondanza sui Media) e nemmeno sarà spionaggio (perché non vi è nulla).
Vogliamo davvero pensare che le nostre strutture intelligence (Aise-Aisi) non si siano poste il problema? Sono due apparati composti da militari e professionisti che non sono entrati in organico casualmente, ma solo per professionalità specifiche. Anche l'intelligence può sbagliare, certo, ma non significa che non sia all'altezza del ruolo. Spezzo una lancia a favore dell'etnia italica: machiavellica e con buona capacità a percepire i bidoni.
L'aspetto più interessante della questione non riguarda gli aiuti russi con eventuali spie al seguito, ma la mancata acquisizione delle informazioni sul virus durante la primissima fase dell'epidemia. Se è stato fatto uno sbaglio è non aver NOI inviato tempestivamente nessun "esperto" - civile o militare che fosse - a Wuhan!
Per far meglio capire il punto reale della questione, prendiamo la storia di Flavio Briatore che non è un ingegnere e nemmeno un virologo... ma ragiona pragmaticamente.
Nell'interessante articolo di Piero Menardi su "il Gazzettino" del 9 ottobre 2005, pag. 13, sono riportati i seguenti virgolettati di Briatore: "Sono entrato nel mondo della F1 nel 1989 per volere di Luciano Benetton e per dargli una mano a costruire una squadra competitiva. Mi ritrovo oggi nel 2005 a fare un bilancio di tre mondiali vinti. Sapendo che, contrariamente a quanto tutti pensano, il mondo della Formula 1 non è così complicato e vincere non è così terribilmente difficile, come altri pensano o vogliono fare credere agli altri. In fondo questo è un mondo piccolo e ripetitivo, quasi da bar di paese di provincia italiano, dove tutti ripetono sempre le stesse cose e fanno gli stessi discorsi per decine di anni". L'imprenditore ha dimostrato di essere un comunicatore e soprattutto un analista dell'ambiente sociale; visti i risultati si presume tenga in grande considerazione fattori come spazio, tempo e disponibilità di risorse. Nella sua vita professionale ha fatto scelte vincenti osservando e studiando. Nella trasmissione L'aria che tira, La7, 24 u.s, ha detto: "Appena la Ferrari organizzava un test mandavo dei miei uomini a vedere cosa provavano, invece nessuno è andato a Wuhan per conoscere meglio l'epidemia di coronavirus". La notizia è stata riportata anche nel sito www.gpone.com
Da quanto sopra risulta evidente che un conto sono le schermaglie tra esperti intelligence su dati che girano in abbondanza, un altro invece è la necessità di mettersi a studiare tempestivamente tutto quello che non sia già stato inquadrato e codificato precedentemente.
Eppure basta poco: "Sii preparato" (Motto dei Boy Scout, organizzazione fondata da Lord Robert Baden-Powell: generale e dirigente dell'Intelligence britannica)
Foto: Twitter / MoD Fed russa