Cari lettori, le belle cose finiscono sempre: come l’estate, così la nostra rubrica “ucronica” volge al termine. Grazie alle decine di voi che hanno collaborato con entusiasmo!
Speriamo che la “rilettura” dell’inizio delle tragiche vicende libiche nel 2011, all’indomani della Primavera araba, sia di vostro gradimento.
Cominciamo dallo scritto del lettore Vasco:
17 marzo 2011: Sono le 22 quando una nota dei Servizi (classifica SS, “segretissimo”) raggiunge in auto il presidente del Consiglio. Dopo 36 ore, l'esercito libico avrebbe subito il primo bombardamento ad opera della Francia.
“Che colpo di culo!” - sussurra un giovane segretario al presidente - “Di solito scopriamo queste notizie 36 ore dopo e leggendo i giornali...”
“Io sono stata la scorsa estate a Sharm el Sheikh!”, dice ridacchiando la portaborse.
Il viso del primo ministro è tirato, stanco e deluso. I riflessi delle luci di un viale parigino mischiati ai lampeggianti blu della scorta, pur smorzati dai vetri blindati, sfarfallano su un volto che sembra impallidito all'improvviso.
“Un giorno intero trascorso a preparare il discorso in difesa di Mu'ammar e queste canaglie neanche mi consultano... Cribbio!”, bisbiglia.
Le auto giungono al ricevimento. Il presidente sussurra alcune parole al capo della scorta poi, da attore consumato, scendendo dal mezzo, trasfigura l'espressione e si lascia andare in sorrisi e battute ancor più leggere del solito. La presenza di (locali) donne avvenenti capta immediatamente l'attenzione del personaggio che con rapidità diviene l'anima della festa. Dopo mezz'ora di brindisi e battute l'uomo sembra crollare su un divanetto laterale. Il medico al seguito cerca di togliere il bicchiere di mano all'incerto rappresentante italiano. Dopo un altro paio di bevute, con imbarazzo, la scorta carica in auto il piccolo ma decisamente ingombrante “Gasperino” e si avvia verso l'ambasciata italiana.
18 marzo 2011: Sono le 23.50 quando un'esplosione rade al suolo l'ambasciata italiana a Tripoli. Casualmente non era presente alcun membro del personale diplomatico. Rimangono lievemente ferite alcune guardie libiche all'ingresso.
19 marzo 2011: Ore 09.55. Mentre si consolida un'incerta condanna degli Alleati per il vile attentato contro il suolo italiano, una numerosa flotta con a capo Nave Cavour mostra bandiera a 12 miglia dalle coste libiche. Le operazioni di polizia libiche vengono sospese per il costante sorvolo di Harrier e Tornado italiani sui cieli di Tripoli e Bengasi.
Ore 14.00. Operazione “CaXXarini Raus”: i cieli libici sono attraversati da una dozzina di C130 e C27 dell'Aeronautica Militare italiana che paracadutano a macchia di leopardo 200 giornalisti caricati a forza fra tutti quelli che hanno fatto richiesta di embedding al seguito delle forze armate. Almeno la metà vengono buttati giù a forza.
20 marzo 2011: Le notizie sui massacri e le violenze ad opera dei militari del rais libico sono smentite dai reporter italiani.
Ore 17.00. A Piazza dei Martiri a Tripoli compare il primo ministro italiano in compagnia dell'amico ed alleato libico intento a baciargli la mano. Dopo sei mesi sarà sostituito dal figlio Saif al Islam.
Ottobre 2019: A distanza di 8 anni, nonostante la recessione globale, il PIL dei due Paesi viaggia ancora con una crescita a due cifre. Un milione di lavoratori stagionali (immigrati) continua a trovare reddito in Libia. Decine di migliaia di persone non hanno perso la vita e milioni non sono state vittime dell'anarchia e di una barbarie senza fine.
Quest'ultima sì, è davvero fantapolitica!
Dal nostro lettore “San Michele”:
Nicolas lo conosceva da una vita: era persino segnato sul suo cellulare. Non col nome, ci mancherebbe: tanto quel numero non era intestato a lui, ma a una “ragazza di strada” che da anni non viveva più in Francia. Così, con un certo imbarazzo Angela scorse sullo schermo dello smartphone dell’illustre ospite la scritta “Merde” e lo lasciò rispondere.
“Che cosa vuoi?” chiese Nicolas col tono di voce del fedifrago che è stato appena contattato dall’ex moglie tradita.
Poi, silenzio. Il pomo di Adamo, però, era eloquente: andava su e giù, segno di una deglutizione nervosa.
“Non ho ricevuto nessun messaggio da te. E nessuna e-mail. Non ho idea di che cosa tu stia parlando”.
A questo punto Nicolas aveva gli occhi sbarrati e la voce gracchiante, tanto che Angela si allontanò di scatto da lui, quasi spaventata.
“Tu non puoi… non oserai… non so chi ti manda…”
Nicolas era a dir poco fuori di sé, tanto che Angela con un gesto chiese a tutto lo staff di allontanarsi con lei dalla sala, per lasciarlo solo.
L’operazione Tallone d’Achille era solo all’inizio. Mentre Nicolas era ancora al telefono, Wikileaks pubblicava quasi diecimila pagine sulle complicate transazioni finanziarie di una mezza dozzina di clienti di un avvocato francese divenuto presidente della Republique. C’era di tutto: transazioni con Paesi sottoposti a sanzioni, evasione fiscale miliardaria, prove di corruzione di funzionari pubblici e ministri, persino relazioni amorose illecite con ragazze, per così dire, “under age”. Nicolas lo avrebbe scoperto dopo nemmeno un’ora: nel frattempo, “Merde” si sarebbe visto sbattere il telefono in faccia, come se fosse stato un volgare ricattatore.
Il vertice della NATO era programmato da giorni: la Libia doveva essere “degheddafizzata” con grande vantaggio di Francesi e Britannici. Solo che David non vedeva proprio arrivare il sodale parigino. Dov’era finito? Non aveva mandato nemmeno un altro rappresentante a sostituirlo. Ed ecco che uno sherpa britannico, membro dell’MI6, si avvicinò al Prime Minister e gli mostrò un “pizzino”: Nicolas non sarebbe venuto perché “qualcuno” aveva rivelato i nomi di due personaggi infiltrati, separatamente, da Roma e Parigi ai vertici della Siria: scoperti, i due erano sicuramente morti quella mattina stessa sotto inumane torture. C’era il rischio che anche i migliori uomini di Londra venissero scoperti: David, cogliendo al balzo l’opportunità dell’assenza di Nicolas, si congedò e partì.
Intanto, Nicolas, con l’abito grottescamente madido di sudore, cercava invano di contattare “Merde” da quasi otto ore,. I suoi “servizi” gli avevano mostrato la lista degli uomini “terminati” tra Rabat e Teheran nelle ultime ore. C’era il rischio concreto di perdere amicizie e relazioni coltivate dalla fine dell’impero coloniale… Ed ecco, all’improvviso, una chiamata, tanto attesa…
“Dimmi che cosa vuoi: siamo di nuovo in affari…”
A Roma, intanto, Silvio stava preparando la visita a Tripoli dell’indomani: Mu’ammar aveva accettato di trasferirsi a Roma, in una villa messa a sua disposizione dal Governo, protetto dai suoi uomini… e dalle sue donne. La perdita di quel doppiogiochista in Siria era valsa la pena, pur di non far apparire l’Italia come la manovratrice di quell’astuta manovra. L’operazione Tallone d’Achille presto avrebbe potuto dirsi un successo. In autunno, forse, gli avrebbe persino valso il premio Nobel per la Pace…
In conclusione, le considerazioni del lettore Sergio Pession:
La mia modesta opinione è che l'unica figura che davvero poteva fare qualcosa per evitare la pu…nata italiana fosse il fin troppo ricattabile Berlusconi.
Con quel (omissis) della Patria di presidente della repubblica che avevamo e una generosa fetta di senato e parlamento dalla sua parte, inventarsi uno scenario alternativo, magari coi servizi segreti coinvolti in rocambolesche imprese, la trovo una forzatura degna di un romanzetto estivo.
Diciamocelo, tolto Crosetto (che contava quel che contava), nessuno era interessato agli interessi del paese, più che a smazzolare ancora una volta Berlusconi. E quest'ultimo, fin troppo ricattabile e coinvolto con Gheddafi, oltre che per molte altre questioni, era attaccabile più che mai.
Creare una crisi di governo? Lanciare il (omissis) giù dalla tromba delle scale? Avvelenare 3/4 dei senatori? Altre idee non me ne vengono e rimane il rischio di cadere nel ridicolo.