Il periodo lasciato all’analisi dei lettori è, a parte un trentennio di età coloniale, quello che gli storici chiamano “il secolo breve”, cioè gli anni tra l’anno di inizio della Prima guerra mondiale col collasso della Res Publica Europea (1914) e il crollo del sistema di alleanze sovietico insieme alla caduta del Muro di Berlino (1989). Gioco forza, abbiamo escluso la gran parte del XIX secolo, un po’ per evitare ai lettori di cadere nella trappola del “prima gli italiani” con Giuseppe Garibaldi, ma soprattutto per non includere Napoleone Bonaparte, ché quello del Grande Corso è stato senza dubbio la più abile e geniale leadership militare della Storia umana, soprattutto se consideriamo il numero eccezionale di battaglie (quasi tutte vinte)1 combattute dal generale/primo console/imperatore in nemmeno vent’anni. Né Giulio Cesare né Annibale né Scipione l’Africano né Alessandro il Grande hanno combattuto così tanto, nemmeno a contare tutte insieme le loro battaglie!
Nel Novecento, nessun generale (o ammiraglio) ha combattuto più di una manciata di battaglie, un niente rispetto a Napoleone. Eppure, alcune personalità sono emerse e hanno permesso ai lettori di metterne in luce il grande valore. Una mente lucida e capace di pensiero anche nei momenti di crisi, la fortuna, il merito, la capacità di gestire le risorse e, non ultima, il genio innovatore che permette di cambiare il paradigma: dietro ai grandi leader militari ci sono queste qualità. Scopriamole insieme…
Gli ultimi eroi
Cominciamo da una distinzione importante che fa il lettore Flavio Barale, quella “tra Generali da Battaglia e Generali da Stato Maggiore, sono due categorie che portano lo stesso titolo ma con compiti e qualità diverse. Per questo motivo ne propongo due che a mio avviso sono stati tra i più grandi. Per quello che riguarda i grandi strateghi ero in dubbio tra due un tedesco von Manstein e Eisenhower, alla fine ho preferito il secondo sia perché artefice del più grande sbarco mai avvenuto (con successo) ed inoltre e stato a mio avviso uno tra i più grandi presidenti degli Stati Uniti.
Tra i generali da battaglia anche qui il dubbio e tra un tedesco e un americano, Rommel e Patton, entrambi i generali hanno avuto capacita sul campo di motivare e dare l’esempio alle truppe unito a una visione tattica e capacita di impiego dei mezzi che pochi avevano compreso per quei tempi, ma la bilancia pende per il tedesco, che è riuscito con pochi mezzi e carenza di scorte a tenere in scacco gli inglesi in nord africa arrivando vicino ad Alessandria. Inoltre, è stato uno dei generali che hanno portato le forze corazzate tedesche a sfondare le linee francesi nel ’40. Non ho preso in esame generali successivi alla WWII dato che è stato l’ultimo conflitto dove il fattore umano era ancora prevalente, successivamente la crescita tecnologica ha relegato i generali a muovere solo con vantaggi di materiali e tecnologici soverchianti. Si entra nella cosiddetta fase post eroica”.
Heinz Guderian: un genio al servizio di Hitler
Secondo il lettore Adriano, “questo prussiano - nato a Kulm nel 1888 - fu uno dei protagonisti della "blitzkrieg", che rivoluzionò il modo di fare la guerra con l'impiego autonomo ed eminentemente offensivo dei mezzi corazzati, concentrati in apposite grandi unità, in grado di sorprendere i tradizionali apparecchiamenti difensivi degli eserciti contemporanei.
Dopo l'esperienza nella prima guerra mondiale (prima alle trasmissioni, poi allo Stato Maggiore), che mise in rilievo anche le angolosità del suo carattere, fin dagli Anni '20, su impulso di von Seeckt, il generale della rinascita militare germanica, Guderian si dedicò allo studio di una nuova dottrina d'impiego dei mezzi corazzati ed al loro sviluppo tecnico. Con questo intento fu inviato alla scuola carri di Kazan (URSS), creata in seguito agli accordi russo-tedeschi del 1922 (Trattato di Rapallo). A partire da tali studi, che videro protagonisti altri valenti ufficiali tedeschi tra cui lo sfortunato Oswald Lutz, poi sviluppò e applicò nel successivo decennio, pubblicando, oltre ad una serie di articoli, anche il fondamentale 'Achtung Panzer', e trovando proprio in Hitler un entusiasta sostenitore, tanto da facilitare la stessa carriera di Guderian.
Promosso generale di c.a. nel 1938, Guderian, nei tre anni successivi, dimostrò inequivocabilmente l'efficacia di questo nuovo modo di condurre le operazioni offensive, sorprendendo gli eserciti polacco, e, soprattutto, francese e sovietico, pur dotati abbondantemente di mezzi blindo-corazzati. Tuttavia, dopo la fallita offensiva contro Mosca dell'autunno '41, e i conseguenti duri contrasti con Hitler stesso ed altri generali, Guderian fu collocato a riposo. Solo dopo il disastro di Stalingrado (2 febbraio 1943), Hitler lo tolse dalla naftalina affidandogli l'incarico di Ispettore generale delle forze corazzate. Lontano dal fronte, Guderian diede il meglio di sé nel tentare di mantenere ad alti livelli di efficienza ed efficacia l'arma corazzata, logorata da un conflitto sempre più difficile. Dopo il fallito colpo di stato del 20 luglio 1944 (Operazione Valchiria), Guderian fu nominato capo di stato maggiore generale dell'OKH (Oberkommando des Heeres), adoperandosi per tentare di frenare l'avanzata sovietica. Ancora una volta i rapporti con Hitler furono piuttosto difficili, per via della decisa opposizione di Guderian ad alcune scelte strategiche ed operazioni belliche, imposte dal Führer e poi rivelatesi fallimentari. Ciò gli costò il definitivo congedo a poche settimane dalla resa. Dopo tre anni di prigionia, si ritirò a vita privata, redigendo le sue memorie, pubblicate due anni prima della sua morte”.
C’erano un tedesco, un americano e un israeliano…
La parola al lettore Mario Lodovico Chervisari: “Il primo generale che mi viene in mente è Erwin Rommel, il generale tedesco che già come giovane ufficiale nel corso della Grande Guerra diede prova delle sue abilità sul fronte del Carso. Nel Secondo Conflitto Mondiale ha dimostrato come che il suo non era solo potenziale ma capacità ben radicata nella sua persona. Il ribaltamento della situazione in Nord Africa, trasformando la vittoriosa armata britannica in un esercito in rotta( almeno fino alla stabilizzazione del fronte ad El Alamein) gli è valso non a caso il soprannome di "Volpe del Deserto". Ancora, se gli alti comandi tedeschi gli avessero dato più fiducia nei mesi che precedettero lo sbarco in Normandia (a lui e a Rundstedt), forse la vittoria sarebbe costata molto più cara agli Alleati.
Il secondo nome è quello di Douglas MacArthur, sia per la metodica e costante riconquista delle isole del Pacifico, sempre durante la Seconda Guerra Mondiale ( a mio parere in questo teatro fu lo scontro aeronavale a determinare le sorti del conflitto, più delle comunque importanti battaglie su ogni isola) ma soprattutto per l'audace operazione ad Incheon che permise di rovesciare in due settimane una situazione che lasciava ben poche speranze durante la Guerra di Corea (questo non prima di aver proposto, quasi pragmaticamente oserei dire, di cancellare la Corea del Nord dalla faccia della terra con l'ausilio di diverse decine di ordigni nucleari).
Il terzo ed ultimo nome è quello di Yitzhak Rabin, capo di stato maggiore delle IDF durante la Guerra dei Sei Giorni. Ho scelto il suo nome per indicare in realtà tutta la catena di comando israeliana che durante quel conflitto (al netto di una discreta superiorità tecnologica ed una netta dottrinale) ha permesso a delle giovani forze armate di annichilire con una strategia dal sapore bonapartiano la macchina bellica di ben tre diversi paesi, di fronte ad uno svantaggio numerico paragonabile alla differenza di stazza tra Davide e Golia.
I generali che ho scelto operarono tutti durante o dopo la Seconda Guerra Mondiale, questo perché non mi pare che nei conflitti precedenti nessun ufficiale stellato riuscì ad essere incisivo e a differenziarsi dai suoi colleghi così come ci riuscirono loro. Allo stesso tempo una caratteristica comune agli uomini da me indicati è quella che spesso e volentieri si trovavano nelle vicinanze del fronte con i loro sottoposti, così da avere direttamente il polso della situazione”.
Un secondo endorsement per MacArthur
Scrive il lettore Moreno Rampolli: “dopo aver letto alcuni libri militari e le storie delle principali guerre del secolo scorso, direi che il generale che più mi ha colpito per le capacità personali e' Douglas Mac Arthur. Nella guerra di Korea, lo sbarco di Inchon ed il conseguente annullamento delle forze di invasione Nord Coreane che erano arrivate giù fino a Busan è stato magistrale”.
Un (nostro) nemico sconfitto ma anche un grand’uomo
Secondo l’ing. Sergio Silvestri, “Franz Konrad von Hoetzendorf fu il più tenace ma cavalleresco avversario delle FFAA italiane nella Prima guerra mondiale: pragmatico serio tecnico militare che non trascurava il morale della truppa, non mancò di suggerire all'Imperatore D'Austria soluzioni perfettamente calzanti con la situazione strategica, scelte al limite del cinismo strategico-politico ma che avrebbero ridotto, se immediatamente attuate, molte vite umane”.
L’ammiraglio che fece paura a Churchill
Il lettore Cacciari comincia con una domanda: “Cosa rende grande un generale o in epoche passate un condottiero? Le vittorie? No, non solo. La vittoria e' importante ma la vittoria puo' arridere anche ad un incapace se le condizioni lo permettono. Grande e' chi, con pochi mezzi e uomini e magari in condizioni avverse, ottiene risultati eccezionali, se poi la cosa non e' finalizzata ad un singolo episodio ma si protrae nel tempo allora la si avra' conferma del valore del personaggio. Ho quindi passato il periodo in questione (1885-1989) e' sono arrivato ad un solo nome che non e' un generale, ma ammiraglio: Karl Doenitz. lI motivo della mia scelta e' che a differenza di altri militari siamo di fronte ad una persona che da giovane a partecipato alla prima guerra mondiale e facendo richiesta di essere assegnato a vissuto direttamente la guerra sui mari e cosa volesse dire essere un sommergibilista. Finito il primo conflitto la sua storia e' nota ed e' il secondo conflitto che lo fa emergere con stratega, organizzatore e alla fine anche politico. La flotta di U-boot fu una sua creazione, sua fu la strategia, sua la tattica, sua la politica di ricerca e sviluppo dei nuovi battelli, sua la visione economica della guerra che aveva nel blocco navale in Atlantico il suo fulcro e tutto questo dal 1939 al 1945. A conferma delle mia scelta cito le parole di un personaggio storico: Winston Churchill che ebbe a dire che l'unica cosa che veramente gli fece paura durante la guerra furono gli U-Boot di Doenitz”.
Tre telegrammi:
- Nel periodo da voi indicato, reputo che i più grandi generali siano entrambi americani e per la precisione Patton e Mac Arthur.
- Il migliore è stato George Patton. Geniale innovatore è stato Von Paulus. Il più prosaico Moshe Dayan.
- Visto che dobbiamo avere un solo nome, la mia scelta ricade sull'Ammiraglio Chester W. Nimitz, Comandante in capo delle forze del Pacifico degli USA e delle forze Alleate navali ed aeree durante la Seconda guerra mondiale.
Analisi conclusiva di un antico lettore
Per finire, lasciamo la parola al buon vecchio Sergio Pession:
“Georgij Konstantinovič Žukov 1896-1974 Non ha solo prevalso contro un Giappone ormai vittorioso. Non ha soltanto resistito a Stalingrado sotto l’offensiva della più spietata ed efficiente macchina bellica di sempre. Non ha soltanto motivato le truppe e guidato una controffensiva vincente. Ha vinto su Stalin conservando la testa sul collo, nonostante i numerosi dissensi con lo stesso. Poi successivamente sostenne Chruščëv nel 1955 contribuendo ad allontanare lo spettro della 3° Guerra Mondiale. Un risultato meritevole credo.
Heinz Guderian 1888-1954 Quando la Francia, nonostante le risorse superiori, seguiva la “formula fanteria + carri + artiglieria + bunker”, Guderian ha voltato pagina (una pagina ancora oggi aperta) con “fanteria X carri armati”. Anche Guderian ha combattuto le sue battaglie più difficili, non sul campo, ma ai tavoli con un ottuso caporale di nome Hitler. Le ha vinte, sopravvivendo come uomo, ma le ha perse come militare, soccombendo in una Russia che non lasciava margini di errore. E’ possibile che senza le interferenze di Hitler, in Russia oggi si mangerebbero più wurstel.
Erich Von Manstein 1887-1973 Assieme a Guderian, Von Manstein ha annichilito la Francia post-Napoleone, ironicamente, con tecniche di mobilità di quest’ultimo. Brillante anche in Russia quando ha saputo reinventarsi da audace attaccante a scaltro e fluido difensore (e salvando pure la faccia).
Ma anche no…
Rommel. Geniale, audace, ma dannatamente arrogante. L’audacia va bene per alcune battaglie, ma un generale deve pensare alla guerra.
Montgomery. Efficace, paziente, lungimirante. Ma è l’Arrigo Sacchi della Seconda Guerra Mondiale.
Patton. Ha montato una mitragliatrice su una jeep e dato impulso ai tank, ma resterà sempre un cowboy.
E infine gli ammiragli…
Karl Dönitz 1891-1980 Questo longevo ammiraglio ha cambiato le regole del mare sovvertendone gli equilibri. Ha insegnato che i lupi cacciano anche in mare ed in branco. Delle sue tattiche sottomarine non resta tantissimo, data l’evoluzione dei sottomarini, ma in un futuro di droni, certe sue idee potrebbero riemergere dalla formalina.
Togo Heihachiro 1848-1934 Ammiraglio giapponese noto per la battaglia di Tsushima, ha dimostrato che vascelli di metallo, cannoni e motori non bastano e che il cuore e la mente di Lord Nelson non conoscono età e confini geografici. Del resto, non sono tutti collegati i mari?”
P.S. Tutto qui? Ci sarebbe piaciuto sentir citare Mustafa Kemal Atatürk, uno che seppe ribaltare le decisioni delle potenze vincitrici della Prima guerra mondiale e si fece guida di un popolo intero. Poi, mancano senz’altro Vo Nguyen Giap, il generale del Viet Nam del Nord che - con la tattica della guerriglia - seppe sconfiggere nientepopodimeno che gli Stati uniti, e il comandante Ahmad Shāh Massoūd, il campione della guerra asimmetrica capace di mettere in ginocchio l’Unione sovietica. Chi ha detto che non ci sono più gli eroi?
1 La bellezza di 64, quasi tutte contro coalizioni di Stati. Le sconfitte sono appena 8.
Foto: IWM / web / Bundesarchiv