Dove eravamo rimasti? A nemmeno una settimana dal mio ultimo articolo sull’andamento della guerra, sembra che i media siano stati presi da una frenesia opposta a quella di appena sette giorni fa: allora i Russi erano un fallimento totale, ora gli Ucraini vanno a scatafascio. Il vero dramma è che riceviamo le notizie quasi sempre in ritardo di almeno 24 ore dal momento in cui le fonti iniziano a trasmetterle - documentando e fornendo evidenze - e i media stessi sono imprecisi nell’illustrare l’andamento del conflitto dal punto di vista spaziale e logistico.
Questi due limiti del sistema massmediatico sono il vero dramma: che ci sia uno straordinario eccesso di propaganda - superiore alle altre guerre, per intenderci - nell’informazione è una balla colossale messa in giro da chi vorrebbe che circolassero solo notizie “addomesticate”. Ecco, allora, che da alcuni giorni tutti si stracciano le vesti per i “cento morti ucraini al giorno” o perché “i Russi avanzano nel Donbass”, ma addirittura si allarmano perché “il Cremlino pensa di attaccare di nuovo Kiev e sottomettere per intero l’Ucraina”.
Cento morti al giorno sono tremila morti al mese, meno di diecimila dall’inizio della guerra. Sono tanti o sono pochi? Sono sempre troppi, per qualunque Paese, ma in questa “strana guerra” sono messi molto peggio gli aggressori dei difensori.
Anche a voler ignorare le cifre fornite da Kiev, che parlano di oltre 30.000 morti russi, e lavorando solo sui dati più realistici forniti, cioè quelli della autoproclamata Repubblica Popolare di Donetsk (RPD), parliamo di 1.912 caduti fra il 26 febbraio e il 26 maggio fra le forze della RPD, cioè poco meno di un decimo dei 20.000 combattenti filorussi stimati dal International Institute for Strategic Studies.
Dato che le truppe regolari e i mercenari al servizio del Cremlino sono stati impegnati su un fronte di oltre 2.000 chilometri fra l’Isola dei serpenti e Kiev, possiamo calcolare che anche loro abbiano perso all’incirca il 10% degli effettivi, vale a dire almeno 20.000 truppe. Sommando 3-4 mila “filorussi” del Donbass e un numero incalcolabile di mercenari a questi, arriviamo a una stima realistica di 23-25.000 morti in meno di 100 giorni di combattimenti, vale a dire quasi 250 al giorno. Non è un caso che scene come queste siano sempre più visibili in molti cimiteri russi:
La “grande offensiva” guidata dal generale Dvornikov da quasi un mese e mezzo ha portato a una “sensibile avanzata in Donbass”? Sì e no.
Se intendiamo dire che osservando le mappe appaiono territori visibilmente controllati dai russi e dai loro alleati del Donbass, la risposta è affermativa: una gran parte del nodo ferroviario di Lyman, l’area attorno al villaggione di Popasna e l’Hotel Mir ("pace" in russo - foto) a est di Severodonetsk sono senza dubbio controllati da Mosca.
Ora, proviamo a capirci di che cosa stiamo parlando: quella attualmente contesa fra Popasna, Severodonetsk e Lyman è un’area di forma grossomodo ovoidale grande meno di un decimo della provincia di Lodi o, se preferite, un cinquantesimo di quella di Firenze.
La superficie dell’intera Ucraina è il doppio di quella italiana. Di questo stanno parlando i giornali come se fosse la battaglia del secolo... Vero è che gli Ucraini si impegnano qui quanto a Mariupol - parole dello The War Studies Institute -, tuttavia occorre avere senso della misura…
Ricordate quando due mesi fa famosi analisti militari e geopolitici preannunciavano la “morsa russa” che avrebbe dovuto stringere Kramatorsk e Sloviansk? Ebbene, i due centri, piccoli ma importanti per la regione, si trovano ben fuori dall’occhio del ciclone. Anzi, a dirla tutta i Russi da tre settimane picchiano duro attorno a Izyum per impedire agli Ucraini di raggiungere le loro vie di rifornimento e costringerli a lasciare il centro occupato quasi due mesi fa. Intanto, qui vicino, dalle parti di Kharkiv gli Ucraini, pochi e male armati, negli ultimi venti giorni hanno recuperato una superficie poco più piccola della stessa provincia di Lodi e altrettanto dalle parti di Kherson.
Le notizie importanti, però, arrivano proprio dal Sud dell’Ucraina: sono di fatto in atto due importanti controffensive, una presso Kherson e l’altra nell’oblast di Zaporizia, non lontano dal Donbass, dove gli Ucraini per la prima volta stanno usando gli obici forniti da USA, Francia (foto apertura) e Italia.
Per chi non conoscesse la geografia dell’oblast di Kherson, il capoluogo è collegato al “mondo russo” da soltanto due strade percorribili dai rifornimenti: una conduce - a sud - verso la Crimea e l’altra va verso est, in direzione di Melitopol, la città dove i partigiani di Kiev colpiscono duro ogni giorno gli occupanti e i collaborazionisti.
Ora, anche senza chiudere in una sacca Kherson, appare evidente che le forze russe in loco possono essere messe in scacco aggirando la città e - letteralmente - facendo saltare viadotti e strade verso sud, oltre alla linea ferroviaria. Senza la possibilità di ricevere rinforzi da quel lato e, molto presto, con la flotta russa del Mar Nero costretta a tenersi lontana dal tiro degli Harpoon - gentile omaggio danese - Kherson stessa appare molto ma molto difficile da tenere di fronte a una controffensiva robusta e ben congeniata. Inoltre, la contemporanea controffensiva dal lato di Zaporizia e il riprendere di quella nell’oblast di Kharkiv, potrebbero presto costringere i Russi a dividere le loro forze.
Se è un fatto che la pressione delle forze russe in Ucraina è al suo culmine, è altrettanto vero che è sempre più improbabile che riescano ad aumentare molto oltre la pressione.
Nell’ultima settimana sono apparsi alcuni “sintomi” delle crescenti difficoltà della Federazione russa:
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Il reclutamento di riservisti di 40-60 anni,
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Il dispiegamento - tirandoli fuori dai depositi - di ferri vecchi come i T-62 e come questi T-80BV fermi da trent’anni
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Il tentativo di riattivare alcune dozzine di T-54 - tecnologia della Seconda guerra mondiale - per spedirli poi in Ucraina
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iniziative di marketing per raccogliere “volontari” anche nelle ricche Mosca e San Pietroburgo,
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le maggiori industrie meccaniche del Paese lavorano ormai solo part-time per la mancanza di componenti
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le aziende high-tech russe coinvolte in un progetto - finanziato dal ministero della difesa - per produrre circuiti integrati made-in-Russia entro il 2023 si sono dichiarate scettiche sulla fattibilità
Quello che è successo davvero, se vogliamo dare una lettura agli accadimenti di questa settimana, è che il Cremlino ha perso un’occasione d’oro per riportare qualche successo in Ucraina, dato che durante il mese di maggio Kiev ha schierato le truppe meno addestrate, ha messo in prima linea le forze della difesa territoriale (Teroborona) e ha letteralmente chiesto ai combattenti di non sprecare le munizioni, in attesa dei rifornimenti di armi moderne e dell’addestramento delle truppe migliori da parte degli occidentali.
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