Suona il Silenzio sul convertiplano. Noi rompiamo le righe

(di Andrea Troncone)
15/05/17

È stata pubblicata dall’ANSV (Agenzia Nazionale Sicurezza Volo) la relazione dell’inchiesta sull’incidente dell’AW-609 (CLICCA QUI), il convertiplano cavallo di battaglia dell'immagine promozionale dell'allora Agusta-Westland (oggi Leonardo).

Un gran brutto incidente... si parla di una 70ina di macchine già opzionate da anni al costo unitario medio di 20.000.000 $ che, con eventuali penali e caduta del titolo azionario conseguente ad un eventuale cancellazione del programma, farebbero un “bel danno” (senza considerare il costo della trentennale sperimentazione fatta prima di quel maledetto incidente, da doversi ancora ammortizzare).

Ma a chi, come chi scrive, di queste cose non importa assolutamente nulla, quando parla di “un bel danno” si riferisce unicamente (e sarcasticamente) alla perdita umana conseguente a quell’incidente.

Avevamo già scritto qualcosa “a caldo” per commemorare la figura di quei due Sperimentatori, pochi giorni dopo l’incidente (v.articolo).

Parallelamente altri, commemorando altrove la perdita dell’amico pilota, sollevarono l’attenzione su un precedente incidente avvenuto un anno prima e che ora questa relazione d’inchiesta lo pone in collegamento diretto e quanto mai azzeccato (chi volesse può trovare qui questo ricordo) con l’incidente distruttivo del secondo prototipo di AW-609.

Chi invece volesse comprendere meglio i dettagli tecnici di questa relazione d’inchiesta, o fare una “conoscenza postuma” di Piertro Venanzi consigliamo calorosamente di guardarsi prima il video pubblicato dal Museo Volandia a questo link.

Ora che il discorso si chiude vogliamo completare quel nostro ricordo della persona e del pilota, e le parole più indicate sono quelle del collaudatore sperimentatore Enrico Scarabotto:

È il ricordo di una vita insieme: con Pietro abbiamo incominciato in Accademia, che è una sfida sia umana che professionale lunga 4 anni.

Scuole di volo insieme, poi ai reparti e poi ci siamo ritrovati al Reparto Sperimentale Volo di Pratica di Mare. Abbiamo fatto insieme il corso di pilota collaudatore: un’altra bella sfida e che ci ha unito molto (all’estero un anno, tanto da studiare, tanto da volare); sicuramente un appuntamento importante. Pietro è sempre stato probabilmente il miglior pilota che io abbia mai conosciuto: il miglior pilota del corso “Centauro”, e probabilmente anche il miglior pilota italiano. E questo è sempre stato riconosciuto, ovviamente non solo dai compagni di corso.

È passato anche agli elicotteri distinguendosi anche in quella parte di volo così differente rispetto a quella dalla quale è “nato”: ha fatto nascere l’NH90. Poi l’AW-609. Dal punto di vista professionale era ineccepibile. Quello che mi piace ricordare di lui è che era ineccepibile anche dal punto di vista umano: una persona cristallina, come ho detto in altre occasioni, come i suoi occhi: senza filtro.

Era diretto, e questo permetteva di avere un’amicizia vera con lui. E poi anche in famiglia: è stato un grandissimo papà ed un grandissimo marito.

Quindi il fatto che sia riuscito a coniugare questa capacità umana insieme a quella professionale lo rende grande e non perché non c’è più, ma perché lo era veramente!

Come tutti “i più grandi” aveva anche una modestia unica: non gli piaceva stare sotto i riflettori.

Il fatto stesso che abbia “accettato” che due della stessa anzianità, magari con ruoli differenti, facessero quell’esperienza con il G-222 ne è una riprova. Non c’era competizione: a lui piaceva volare con tutti ed in qualsiasi posizione e ruolo, intanto non doveva dimostrare niente: sapevamo tutti che era bravo. Quindi solo bei ricordi.

Il riferimento del G-222, detto così resta nebuloso, ma si spiega in questo modo: nel 1997 l’equipaggio Venanzi-Scarabotto fu premiato a Fairford per la migliore presentazione in volo, nonostante che proprio Venanzi avesse tolto dal programma lo spettacolare “tonneau” per garantire una migliore sicurezza per il pubblico.

Quel “tonneau” tolto, oggi eseguito regolarmente con il C27 che del G-222 è l’erede, è la “chicca” più gradita di centinaia di migliaia di appassionati delle presentazioni in volo.

Dei riconoscimenti ricevuti, per sua modesta, Pietro Venanzi non ne parlava, come già detto.

Qui vogliamo però evidenziare che gli resta il primato (probabilmente ancora imbattuto) di esser stato il pilota collaudatore dell’Aeronautica Militare ad aver presentato in volo il maggior numero di macchine volanti differenti. Non è un primato da poco ed è sicuramente il più gradito a chi, come lui, amava veramente il volo.

Memorabile le sue presentazioni dell’F-104 che proviamo a descrivere nel nome tecnico delle figure acrobatiche eseguite, nel tentativo di riuscire a trasmettere un po’ del coinvolgimento che si provava a vederle: decollo, mezzo ”otto cubano”, virata “John Derry”, triplo “tonneaux”, “slice-back”, passaggio in volo lento in configurazione di atterraggio, virata stretta di 360° fronte pubblico, altra virata “John Derry”, passaggio veloce, rientro, “roll-under” di fronte pubblico, ultima virata “John Derry” ed atterraggio. Per i non addetti ai lavori vuol dire fare con un velivolo particolarmente “ostico” ed al limite della pericolosità nel volo acrobatico, anche se estremamente affascinante, questa sequenza di evoluzioni (v.video)

Pietro Venanzi fu insignito della Medaglia di Bronzo al Valore Aeronautico per la gestione di un altro incidente precedente. Questa la motivazione:

"Pilota responsabile della condotta di una missione di navigazione con elicottero monomotore, in fase di accelerazione dopo il decollo al verificarsi di una gravissima emergenza al motore che imponeva l'atterraggio immediato in autorotazione, nonostante l'estrema criticità delle condizioni in cui l'avaria si era improvvisamente manifestata, manteneva il controllo dello stesso dirigendolo prontamente verso l'unico luogo con adeguate caratteristiche di atterrabilità e privo di implicazioni per la sicurezza dell'operazione impostando l'unica difficile traiettoria praticabile e ponendo contestualmente in essere tutte le possibili azioni per tentare di risolvere la pericolosa situazione. La fulminea prontezza dimostrata nell'applicare le uniche azioni possibili e l'eccezionale abilità nell'eseguirle in circostanze estreme evitando parimenti l'impatto con vicinissimi ostacoli sia naturali che artificiali consentivano di ultimare l'atterraggio di emergenza senza danno alcuno per la popolazione, per l'unico passeggero a bordo oltre egli stesso e parimenti per l'elicottero a lui affidato.

Raro e limpido esempio di eccezionale capacità professionale, di coraggiosa determinazione e di assoluto attaccamento alla Forza armata".

Cielo di Carpi (Modena), 4 giugno 1995

Da quanto si legge nella relazione dell’inchiesta dell’incidente in cui ha perso la vita, Pietro Venanzi non era direttamente ai comandi del convertiplano, ma ne era copilota, pur essendo l’“AW609 Development Lead Pilot” (o Capo Collaudatore Sperimentatore dell’AW 609). È doveroso dire che anche il comandante Herbert Moran ai comandi del mezzo, era un collaudatore sperimentatore con esperienza specifica del convertiplano e sapeva il fatto suo. Quindi, se anche il Pietro Venanzi avesse esercitato quella che in gergo si chiama ”emergency authority” negli ultimi istanti di volo, il suo intervento non avrebbe sortito un esito diverso.

L’inchiesta parla chiaro: il convertiplano si è spezzato in volo per un contatto fra i “prop-rotor” (i rotori-eliche) con le semiali, evidenziando un vizio occulto di natura progettuale che si manifesta in particolari condizioni ad alta velocità.

Da tecnici restiamo quanto meno sorpresi sull’importanza data dall’inchiesta al ruolo del simulatore e ad alcuni altri dettagli, come al software del sistema automatico di volo, che a nostro umile parere dovrebbero essere sviluppati sulla base dei dati strumentali delle prove di volo fornite dai collaudatori e non il viceversa (altrimenti forse non abbiamo capito bene il ruolo del Collaudatore Sperimentatore …in tal caso ogni spiegazione è ben accetta). Ad ogni modo, la relazione sancisce la natura della causa di questo incidente.

A latere dei freddi dettagli tecnici “meccanici”, quello che ci sta più a cuore è che la ricostruzione dei testimoni oculari degli ultimi istanti in volo che fa intravedere elementi di analogia con la gestione di questa emergenza con quella che lo portò a quella medaglia al valore.

Qualcuno potrà millantare, ora, di aver già dato a Pietro Venanzi (e chissà perché non anche ad Herbert Moran…) un tributo postumo che vale almeno quanto un’altra medaglia: anticipiamo sin d’ora molti dubbi (per non dire assolute certezze) sull’effettiva sincerità del gesto.

Pietro Venanzi è accumunato da Manlio Quarantelli da una beffarda serie di coincidenze: città natale, carriera, sorte e regione geografica della sua uscita di scena. Chi ha già soltanto ricordato questo è stato molto più sincero.

A noi non resta altro di appropriarci, a nostra volta del saluto con cui il com.te Scarabotto ha chiuso la nostra intervista: "Grazie Pietro! Ciao e… a quando sarà!"

(foto: web)