Una proposta per dare una spallata pacifica al regime di Lukashenko, l’ultimo dittatore sovietico d’Europa

(di David Rossi)
29/06/22

Chi ricorda la caduta del Muro di Berlino il 9 novembre 1989? Pochi mesi prima, Honecker aveva predetto nel gennaio dello stesso anno che l'esistenza del muro sarebbe stata assicurata per altri cent'anni. Quel giorno, un giovedì, Günter Schabowski, il ministro della Propaganda della DDR, a una precisa domanda su quando sarebbe stato possibile attraversare le frontiere verso Ovest, rispose: “Per accontentare i nostri alleati, è stata presa la decisione di aprire i posti di blocco… Se sono stato informato correttamente quest'ordine diventa efficace immediatamente”. Nel giro di pochi minuti, decine di migliaia di berlinesi dell'Est, avendo visto l'annuncio di Schabowski in diretta alla televisione, si precipitarono in massa presso i valichi di frontiera chiedendo di entrare in Berlino Ovest. Le guardie di confine, sorprese, impreparate, prive di ordini chiari, schiacciate dall’enormità della folla, non poterono far altro che lasciarli passare.

Ora, perché vi ho raccontato tutto questo? Perché c’è un’arma che l’Occidente potrebbe usare per colpire al cuore la politica revisionista ed aggressiva del Cremlino a partire dall’alleato/servo bielorusso, il punto debole di tutto questo sistema comunque non costruito sull’acciaio. È un’arma che è consigliabile usare oggi, nel bel mezzo di una strana guerra di cui siamo parte, invece che in seguito, quando i danni arrecati dalla guerra al tessuto socioeconomico russo e bielorusso costringeranno milioni di persone a emigrare. Agendo ora, però, possiamo organizzarci in modo puntuale, rivolgendosi a dignitosi lavoratori e studenti, quello che fra uno o due anni potremmo dover fare in modo incontrollato a dei profughi.

Mi riferisco a una arma, per così dire, "soft": l’Unione europea, il Regno unito, la Svizzera, il Canada, la Norvegia e - magari non all’inizio - gli Stati uniti potrebbero coordinare il rilascio di permessi di lavoro e di studio per cittadini bielorussi, il cui obiettivo sarebbe di sottoporre il regime di Lukashenko a uno stress test molto impegnativo privandolo delle risorse umane per mantenere operative le proprie forze armate. Il successo di un simile progetto lascerebbe il reuccio di Minsk nudo davanti all’evidenza del distacco fra la popolazione e le sue politiche, ma soprattutto lo renderebbe inoffensivo.

Partendo dalla piramide demografica della Bielorussia, ricordando la buona qualità delle risorse umane di quel Paese e considerando ha circa 400.000 truppe, fra personale attivo e riserva, in gran parte di sesso maschile, per mettere in crisi l’operatività stessa delle Forze armate bielorusse basterebbe togliere un massimo di due quinti del personale, forse anche meno di 100.000. Dal momento che il Paese non è in stato di guerra e i viaggi all’estero per studio, lavoro e svago non sono proibiti, il “permesso di soggiorno speciale per lavoratori e studenti bielorussi” potrebbe provocare uno tsunami nella piccola ma strategica Bielorussia, né più né meno di quanto successe a Berlino Est nel 1989.

Le condizioni per il rilascio del permesso dovrebbero essere legate all’età, rivolgendosi a una fascia di individui nati fra il 1994 e il 2003, all’inserimento nelle forze armate attive o della riserva, richiedendo specifica documentazione in tal senso, e allo stato fisico, volendo togliere a Lukashenko solo personale potenzialmente attivo.

Al di là dei benefici politici, l’intera operazione avrebbe positive ricadute socioeconomiche: i giovani bielorussi sono spesso laureati di materie tecnico-scientifiche con una buona predisposizione al lavoro, capacità di fare squadra e poche difficoltà a integrarsi. Ricordiamolo che parliamo di meno di un decimo dei Siriani che arrivarono in più ondate come profughi in Europa nel 2015 e di meno di un quarantesimo degli Ucraini che sono fuggiti dal loro Paese nel 2022.

Toglierli sotto il naso a Lukashenko non sarebbe difficile: se possiamo stare certi che Minsk renderebbe loro impossibile passare la frontiera dell’Unione europea verso Polonia e Lituania, di certo non potrebbe impedire loro di spostarsi in Turchia, Russia o altri Paesi da cui giungere poi, via aereo o via terra nei Paesi di destinazione. Le procedure, poi, potrebbero essere semplici: arrivi al varco con l’Unione europea, presenti la documentazione senza particolari procedure, ti registri e arrivi in alcuni hub a livello regionale, dove completi la richiesta per il permesso di soggiorno. L’unica difficoltà potrebbe venire dal marketing: tuttavia, non pare impossibile riuscire ad informare dei giovani attraverso Internet.

Perché i giovani bielorussi dovrebbero accettare questa opportunità? Per evitare di essere coinvolti nella guerra in cui Putin sta trascinando il fedele vicino occidentale. E in definitiva per gli stessi motivi per cui persone della medesima età scappavano da Berlino Est nel 1989: per avere un futuro.

Foto: Cremlino