Edited by Carrie H. Kennedy and Eric A. Zillmer
Guilford Press, 2022
pagg. XX+460
Nel panorama non particolarmente ampio dei volumi in lingua inglese interamente dedicati alle applicazioni della psicologia in ambito militare si deve segnalare questa terza edizione, rivista e notevolmente aggiornata, di un lavoro che è molto noto oltreoceano. La prima edizione di questo libro risale a un progetto nato alla fine degli anni novanta che occupò diversi anni di lavorazione e, alla fine, condusse alla pubblicazione del 2006. Sei anni dopo apparve la seconda edizione (2012) che a quel punto si era arricchita delle esperienze di guerra che avevano coinvolto le forze armate statunitensi nel corso del primo decennio del duemila. Si deve, infatti, notare che questo libro è fondamentalmente USA-centrico, e non solo perché la quasi totalità degli autori sono nordamericani ma anche perché sono prese in esame le esperienze di psicologia militare vissute ed elaborate nell’ambito delle forze armate statunitensi. Ciò che potrebbe essere un limite si può invece vedere come un pregio di questo lavoro che offre – nella ricchezza dei suoi contributi – un punto di vista preciso sulle variegate applicazioni della psicologia in ambito militare (del resto, esistono altri testi, soprattutto di carattere storico, che si possono qualificare come centrati sul contesto e sui teatri operativi europei).
I due curatori hanno scelto ed organizzato un gruppo di ben cinquanta autori i quali, con il contributo degli stessi Kennedy e Zillmer, hanno redatto i diciassette capitoli del volume, capitoli che sono peraltro arricchiti da oltre cinquanta casi esemplificativi.
Nella migliore tradizione di questo genere di testi il primo capitolo affronta l’argomento dal punto di vista storico, trattando quindi la storia delle applicazioni della psicologia militare negli USA e iniziando (qualcuno potrà rimanerne sorpreso) con un cenno alla guerra civile in cui emersero importanti problematiche legate all’abuso di sostanze e alla dipendenza da alcol, morfina, cocaina e oppiacei. Da quegli anni lontani si passa poi a riflettere sulle due guerre mondiali, sui conflitti in Corea e in Vietnam, sulle operazioni Desert Shield e Desert Storm, fino all’Iraq, l’Afghanistan e ai nostri giorni: tutte esperienze che vanno viste come lessons learned per il futuro.
Tra i molti capitoli interessanti – tutti strutturati in modo di essere facilmente consultabili, spesso con una sintesi, o un commento di sintesi finale, e ciascuno con la propria, specifica bibliografia – si segnalano prima di tutto quelli dedicati alla valutazione dell’adeguatezza del soggetto a svolgere i compiti militari, partendo proprio dal secondo capitolo che tratta la military-fitness for duty, definita come “la capacità del soggetto adibito al servizio di svolgere le mansioni del suo ufficio, grado, rango o qualifica” (p. 26). Si tratta di una responsabilità critica che coinvolge l’intero personale adibito allo scopo, medico e psicologico, e che prevede la conoscenza precisa dei vari ambiti di operatività e di servizio, e i requisiti specifici richiesti dai ruoli speciali. Una particolare situazione in cui sono valutate le persone è quella riportata nel capitolo dodici dedicato alla Operational Psychology nel momento in cui ci si riferisce all’analisi psicologica che potremmo definire indiretta e differenziata rivolta alla valutazione di soggetti terzi (tipico è il caso del profiling psicologico dei gerarchi nazisti). Un’attività che si colloca nel contesto dell’intelligence e che è costantemente portata avanti con lo scopo di prevedere le mosse di soggetti apicali nel campo della politica, della società e delle istituzioni.
Allo stress sono dedicate diverse pagine e un capitolo specifico in cui si differenzia il distress dall’eustress e si sottolineano i fattori protettivi che il soggetto può utilizzare vivendo all’interno del contesto militare tra cui il supporto sociale, il contenimento dell’istituzione e il senso dello scopo per il quale si svolge una determinata attività. Ma una specifica condizione di distress a cui sono sottoposte le persone è rappresentata dall’operare nei cosiddetti high-stress scenarios, situazioni nelle quali si impone un’attenta presa in carico sia pre-evento, sia post-evento.
Passando attraverso l’analisi delle più comuni condizioni patologiche di natura psichica e psico-sociale, nel settimo capitolo si affrontano i problemi derivanti dalle dipendenze da sostanze e da gioco d’azzardo. Si segnalano qui le due schede finali Substance Use Disorder Intake Evaluation, e Psychological Evaluation in quanto utili supporti pratici. Tra gli aspetti drammatici che sono evidenziati nel testo vi è naturalmente il suicidio che, nonostante i decenni passati a ideare programmi di prevenzione, rimane un problema emergente e spesso ingravescente.
Il tema delle violenze sessuali è trattato sottolineando la criticità dell’esperienza quando “i soggetti non riferiscono l’aggressione, continuando spesso a lavorare e a vivere accanto a chi ha perpetrato la violenza, prolungando così gli stati di paura e distress ben al di là dell’iniziale incidente” (p. 205).
Al SERE – Survival, Evasion, Resistance and Escape Training è dedicato il quindicesimo capitolo che inizia con il riferire delle scuole e dei programmi definiti allo scopo, sottolineando il ruolo dello psicologo sia nelle fasi di assessment dei soggetti più adatti per svolgere operazioni ad alto rischio, sia per delineare le fasi di formazione e addestramento, ma anche la consulenza e il reintegro nella normale routine professionale. “Il SERE Training aiuta e equipaggia il soggetto a far fronte alle impensabili richieste che pone la prigionia… Una delle funzioni-chiave del SERE Training, dell’apprendimento esperienziale e della preparazione in simulazione, è quello di offrire ai soggetti i supporti e la fiducia necessari a mitigare gli effetti problematici futuri delle sfide che sono state poste dalla prigionia” (p. 380).
Infine, di Carrie H. Kennedy si ricorda l’importante e attualissimo testo Military Stress Reactions: Rethinking Trauma and PTSD (Guilford Press, 2020), mentre di Eric A. Zillmer si segnala The Quest for the Nazi Personality: A Psychological Investigation of Nazi war criminals, scritto insieme a Molly Harrower, Barry A. Ritzler e Robert P. Archer (Routledge, 1995).
Andrea Castiello d’Antonio