Il prossimo 27 settembre i cittadini svizzeri saranno chiamati alle urne per decidere l’acquisto di un nuovo velivolo da combattimento che andrà ad aggiornare la componente area della Federazione.
Non è certo la prima volta che accade: negli ultimi trent’anni questa sarà la terza votazione popolare. Già nel 2014 il voto popolare aveva bocciato l’acquisto dei caccia svedesi Gripen.
Nonostante l’approvazione del Parlamento, l’opposizione è riuscita a raccogliere il numero di firme necessarie per un referendum, alla fine, quindi, saranno i cittadini a decidere.
Lo scopo del Governo è quello di investire circa 6 miliardi di franchi svizzeri per modernizzare la flotta di F-5 e F/A-18 (foto), tuttavia l’opposizione (in special modo il Gruppo per una Svizzera senza Esercito) ritiene troppo oneroso lo stanziamento e sostiene che la difesa della Svizzera potrebbe essere garantita utilizzando altri sistemi (quali?).
I sostenitori affermano che l'acquisto e i susseguenti costi d’esercizio verrebbero finanziati esclusivamente attraverso il budget dell'esercito. Il denaro non verrebbe quindi dirottato altrove. Inoltre, i nuovi jet sarebbero più economici rispetto a servizi acquistati esternamente per garantire la sicurezza aerea.
Il referendum svizzero pone una riflessione di carattere nazionale: cosa succederebbe alla nostra Difesa se si potesse utilizzare lo strumento della consultazione popolare per decidere gli acquisti di armamenti?
Nel solco della tradizione italica spunterebbero come funghi milioni di esperti in armamenti, i talk show politici sarebbero intasati da opinionisti pro e contro quel sistema d’arma. Come non pensare a quello che sarebbe successo con gli F-35 se si fosse potuto fare un referendum sull’eventuale acquisto: probabilmente ora ci ritroveremmo senza.
Per fortuna in Italia consultazioni popolari del genere non sono consentite, ci pensa già la classe politica a fare disastri.
Foto: Dipartimento della difesa, della protezione della popolazione e dello sport