Lasciando da parte il fronte medio-orientale, uno sguardo preoccupato, almeno per parte europea, va dato in direzione dei paesi dell’est, area di transito per risorse energetiche, alimentari ed umane. Atteso che la storia non si ripete mai uguale a se stessa, sembra però che vi siano alcuni nomi, luoghi e fatti che costantemente vengono a riproporsi: Crimea, Ucraina e Russia tra tutti.
I territori di cui si tratta, incastonati nell’ex blocco sovietico si confrontano oggi in un conflitto che di fatto trova i suoi albori nelle differenze culturali e linguistiche che solo il bastone staliniano riuscì temporaneamente a calmierare. I più attenti ricorderanno la pubblicità di un noto quotidiano che, nei primi anni novanta, mostrava un improbabile astronauta sovietico sbarcato nelle pianure ucraine al termine di una decennale missione nello spazio. Lo sventurato pilota nel lodare la madre Russia ritrovata veniva redarguito da una contadina di passaggio la quale gli faceva notare come quel territorio non fosse la Russia, bensì l’Ucraina. Erano i tempi in cui si disgregava il blocco sovietico e quella reclame, forse più di mille trattati di politologia, sintetizzava un mondo che si riappropriava della sua storia e del suo passato, tuttavia anche quel mondo oggi non esiste più.
Quella rivoluzione, connessa al collasso di un sistema politico, definì i confini della nuova Russia con l’accetta ed attraverso un malcelato spirito di rivalsa nei confronti dell’ex-nemico il quale, come sempre accade nelle guerre, deve essere non solo sconfitto, ma anche mortificato. Sconfitta e mortificazione tuttavia hanno mostrato di essere una pessima ricetta per la gestione del dopoguerra, caldo o freddo che sia, in quanto producono sentimenti di rivalsa e di riscatto.
La Russia di oggi cerca il proprio riscatto, alza la voce e la testa di fronte alle continue provocazioni di un occidente anacronistico e distratto che, ostinato a definire il gigante continentale quale potenza regionale (Obama dixit), fatica a cogliere il peso di determinate affermazioni. Se è vero che l’unica certezza dei rapporti internazionali è il disordine, molto raramente se n’è visto così tanto, ecco che la miscela di quanto evidenziato tra storia e cronaca ha dato vita ad una vera e propria polveriera alle porte del vecchio continente e la cosa ancora più grave risulta essere l’atteggiamento avuto fino ad ora dai paesi dell’Unione i quali non comprendono come le sanzioni economiche nei confronti di Mosca rischino di essere se non la miccia della suddetta miscela esplosiva sicuramente il detonatore.
Preso atto di tutto ciò verrebbe da chiedersi quale sia la ragione delle continue ingerenze e provocazioni di questi mesi, pare quasi che qualcuno, ai piani più alti, desideri lo scontro tattico, quello definitivo, come se l’ultimo ventennio non fosse mai esistito e ci si trovasse ancora tutti negli anni ’80 quando la tensione saliva e scendeva con la frequenza di un ottovolante. Cercare delle verità in questa condizione è altamente complesso, tuttavia è doveroso mettere dei punti fermi per capire cosa potrebbe accadere.
La Russia, con la crisi Ucraina, sta chiaramente perseguendo un interesse strategico nazionale di vecchia data che si sintetizza in: sbocco al mare, gestione dei canali di transito di idrocarburi, governo dei territori caucasici sempre in bilico tra islam ed instabilità.
L’Ucraina, al pari della Polonia e di altre realtà cuscinetto, dietro lo sventolato nazionalismo di Piazza Maidan nasconde l’esigenza di trovare un nuovo padrone più benevolo di Putin.
Quanto all’Occidente agisce in maniera sparpagliata con obiettivi che paradossalmente finiscono per divergere. L’Unione Europea, totalmente asservita al mercatismo tedesco, vede nell’est europeo un’area in cui piazzare i prodotti in surplus che un mercato interno nel pieno della crisi non riesce a riassorbire, gli USA tentati da un rinnovato spirito isolazionista hanno difficoltà a capire se stessi e come sia stato possibile che negli ultimi venti anni nessuna scelta in politica internazionale sia stata quella giusta, quanto alla NATO viene tirata per la giacca da tutti i suoi membri in nome di un articolo 5 (mutua assistenza tra paesi membri in caso di crisi internazionali e conflitti n.d.a.) inadeguato a difendere l’Ucraina che della NATO non fa parte.
A questo punto, per mutuare un termine dal giuoco degli scacchi, pare ci si trovi in una situazione di stallo, nell’ambito delle regole non si può fare alcuna mossa e nel contempo nessuno è in condizione di vincere la partita, se non fosse tragico tutto ciò sta cominciando a diventare noioso.
Cosa accadrà?
Ciascuno provi a postare la propria soluzione.Andrea Pastore
(foto: MoD Fed. Russa / web / Presidenza Ucraina)