L’Italia potrebbe vendere due FREMM all’Egitto: un'occasione per la Marina Militare?

(di Tiziano Ciocchetti)
04/03/20

Esiste la seria possibilità che le ultime due FREMM (Fregate Europee Multi-Missione), Emilio Bianchi e Spartaco Schergat, non entrino in linea con la Marina Militare.

La loro futura destinazione potrebbe essere al servizio della Marina Militare egiziana.

Il ruolo geopolitico dell’Italia, al centro del Mediterraneo, impone di avere una flotta efficiente e numericamente consona alle minacce che si profilano. Pochi giorni fa è stata annunciata una nuova missione navale europea (se si realizzerà è tutto da vedere) per impedire che in Libia continuino ad arrivare armamenti alle fazioni in lotta.

Quindi, privarci di due unità così sofisticate (presto o tardi avremo bisogno di schierare una flotta) si potrebbe rivelare controproducente per i nostri interessi nell’area.

L’Egitto è l’altro attore in questa vicenda. Partiamo da un discorso energetico (l’Italia dipende dall’estero per quanto concerne le risorse energetiche), da alcuni anni il paese nordafricano si è ritrovato a essere – almeno sulla carta – uno dei maggiori esportatori di gas naturale dell’area mediterranea, e questo grazie anche all’ENI.

I giacimenti più ricchi si trovano nella ZEE (Zona Esclusiva Economica) dell’Egitto: solo Zohr, il giacimento di gas più importante al largo delle coste egiziane, avrebbe un valore stimato di oltre 100 miliardi di euro.

Proprio il dover tutelare e proteggere queste risorse energetiche obbliga il Paese nordafricano a doversi proiettare sul mare. Infatti Ankara, ignorando le mappe geografiche, rivendica le risorse energetiche del Mediterraneo Orientale, minacciando non solo l’Egitto ma anche la Grecia (Creta è stata cancellata dalle mappe turche), Israele e Cipro.

Questi quattro paesi hanno dato vita – per il momento in modo informale – ad una alleanza militare in funzione anti turca, allo scopo di difendere gli interessi energetici di ciascuno.

Appare evidente che agli egiziani servano unità navali moderne, e in tempi brevi, per poter contrastare la Marina Militare di Ankara.

Recentemente gli egiziani hanno acquistato due LHD (Landing Helicopter Dock) classe Mistral e una FREMM, il Tahya Misr, dalla Francia, con la stessa modalità con cui vorrebbe acquistare le due fregate dall’Italia.

Lo scorso anno l’Egitto ha firmato un contratto per l’acquisto di due fregate leggere tedesche classe MEKO 200 (manca la formalizzazione sull’accordo definitivo di finanziamento). Ma il Governo di al-Sisi sta pensando di rivedere l’ordine, preferendo le più sofisticate e prestanti navi italiane.

Inoltre, Fincantieri e Leonardo, potrebbero accedere a un mercato al momento occupato dall’asse franco-tedesco, provocando una rivoluzione negli equilibri commerciali, in quanto insieme alle navi verrebbero venduti anche i sistemi elettronici e d’armamento. In aggiunta si sbloccherebbero altre trattative, come la fornitura di elicotteri medi AW-149, Aermacchi M-346 e altre unità navali, come quelle appena vendute al Qatar.

Ma la Marina Militare accetterebbe queste cessioni? In un momento assai delicato per il controllo del Mediterraneo?

Partiamo dal presupposto che la nostra Marina non è mai stata completamente soddisfatta dalle FREMM (ne sono attualmente in servizio otto). Nonostante fosse un programma congiunto italo-francese, in sede di realizzazione prevalsero le esigenze di Parigi.

Le due FREMM che dovrebbero essere cedute sono in configurazione multiruolo, la nostra Marina necessita di altre unità con capacità ASW (Anti Submarine Warfare), anche a causa della mancanza di velivoli ad ala fissa specializzati. L’anno scorso è stata varata la prima unità della classe Thaon di Revel, facente parte del programma PPA (Pattugliatori Polivalenti d’Altura), che prevede l’acquisizione di 7 unità più altre tre opzionali. Quindi si potrebbero ordinare altre due PPA in configurazione ASW (versione FULL) per rimpiazzare le due FREMM.

Tuttavia è necessario aggiungere che, per le fregate Schergat e Bianchi, la Pubblica Amministrazione ha versato, rispettivamente, il 60 e il 20/30% del valore totale della commessa. Il Schergat ha già l’equipaggio imbarcato, per non parlare del finanziamento della Cassa Depositi e Prestiti di 400 milioni d’euro all’Egitto. Quindi, per l’Italia, ci sarebbero pochi ritorni economici.

La vicenda potrebbe rivelare anche aspetti geopolitici. In quanto al-Sisi inizierebbe a mal sopportare l’ingerenza francese nell’area e a riporre poca fiducia nelle capacità militari del generale Haftar, incapace di conquistare Tripoli e ormai destinato alla difensiva dall’entrata in campo della Turchia.

Grazie all’ENI, il riallacciamento delle relazioni diplomatiche con il Cairo (dopo il caso Regeni) è l’unico successo della nostra diplomazia nel Mediterraneo. Mantenere buoni rapporti con questo paese dovrebbe essere una nostra priorità.

Foto: Marina Militare / Türk Silahlı Kuvvetleri