Il cambio automatico, un'escalation inarrestabile per pesanti e leggeri. Qual è il migliore?

(di Gianluca Celentano)
02/01/18

Sono ormai lontani gli anni in cui i veicoli in uso allo Stato erano prodotti esclusivamente da madre patria e i loro allestimenti ricadevano per lo più tra quelli presenti nelle versioni “base”, questo almeno fino agli anni ’90, periodo in cui la tecnologia arriva anche sulle versioni base in uso alla pubblica amministrazione.

La semplicità poteva sicuramente giovare sull’affidabilità, soprattutto per i veicoli adibiti agli usi operativi, ed è corretto riportare anche le problematiche tecniche che si sono susseguite con l’introduzione di automatismi e centraline che hanno costretto a una sorta di alienazione forzata, diversi veicoli e unità motorizzate anche in uso alle Forze Armate. Alcuni di essi sono utilizzati come “magazzino ricambi” per i veicoli funzionanti, altri invece sono ospitati fermi e ben allineati nelle caserme, sulla loro carrozzeria, con una certa tristezza, si può notare la polvere depositata negli anni, da quando forse il budget di spesa della Difesa ha subito una ritirata anche per la fondamentale logistica.

Sistemi di trasmissione passati e presenti, alcuni dei quali equipaggiati sui veicoli militari

È basilare premettere che la famiglia dei cambi automatici si divide in tre realtà con qualche sottogruppo. Ci sono i tradizionali idraulici a convertitore di coppia, i CVT a variazione continua e i più recenti robotizzati.

Probabilmente adesso vi starete domandando tra queste tipologie quali siano i più affidabili ed economici e senza farvi attendere vi esprimo subito la mia opinione.

I robotizzati sono generalmente i più veloci e i più sportivi, gli idraulici i più morbidi ma pesanti, mentre i CVT risultano progressivi leggeri ed economici.

I robotizzati / automatizzati / sequenziali. Tre termini adeguati per identificare lo stesso sistema; un concetto che a differenza delle altre tipologie automatiche, mantiene la coppia motrice in rilascio dell’acceleratore avvicinandosi di più alla tipologia di guida con cambio manuale. Sono ottimi ma non sempre sono all’altezza delle aspettative e questo dipende chiaramente da quale “robotizzato” utilizziamo e soprattutto da quanto spendiamo. Le sportive per eccellenza, Lamborghini, Ferrari, Maserati e BMW si sono infatti orientate per sistemi robotizzati a doppia frizione, i più simili alle trasmissioni meccaniche e nati inizialmente per le corse nei campionati DTM tedeschi e successivamente in F1. Molti meccanici, a proposito di cambi robotizzati, potranno confermare una certa delicatezza, soprattutto nelle versioni più economiche e continui interventi di reset centraline o per sistemi andati in blocco, piuttosto che per frizioni usurate precocemente.

Questa categoria di cambi hanno in comune indipendentemente da quanto siano complessi, un sistema a doppia frizione (con due dischi) piuttosto che un pacco – più pesante - multidisco con frizioni a bagno d’olio, come quelle delle moto per intenderci. Se prendiamo ad esempio i più costosi DSG Volkswagen, piuttosto che ZF o il TCT Alfa Romeo, avremo probabilmente una risposta positiva in termini prestazionali, ma le utilitarie medie montano sistemi più semplici, comodi nel traffico ma con prestazioni non certo esaltanti nell’uso extraurbano.

Nel 1938 i primi “automatici”. Un sistema, quello idraulico che ha fatto la storia dell’automatismo delle trasmissioni automobilistiche e fu applicato sulle auto americane a partire dal’38 dalla Chrysler De Soto che lo chiamò fluid drive e poco dopo la seguì la Mercury con l'O Matic. Il pedale della frizione serviva solo per cambiare le marce e nulla vietava, consumi a parte di partire in quarta; un’innovazione per i tassisti d’oltre oceano.

Il meccanismo si basava in realtà su un giunto idraulico e non su un convertitore (mancava cioè un rotismo chiamato statore) e a questo giunto si congiungeva una tradizionale frizione a disco. Forse qualcuno ricorderà la Citroen DS Squalo semiautomatica che equipaggiava un analogo sistema senza però avere il pedale della frizione.

Un sistema “semiautomatico” era presente nei vecchi autocarri dell’Astra adibiti al traino dei carri armati ma anche sui locomotori in uso al genio ferrovieri - automotrice FS AL 668 1900 - piuttosto che negli autobus o autocarri da cava e l’uso congiunto di frizione e convertitore di coppia, evitava il surriscaldarsi e l’usura precoce dei materiali di attrito con dei carichi davvero pesanti.

Come funziona il convertitore e come avviene la moltiplicazione di coppia? Provo a farvi un esempio metaforico che spero risulti chiaro. Pensiamo a un mulino ad acqua, con la ruota girante immersa in parte in un fiume. La corrente del fiume esercita una pressione su tutta la superficie delle pale e poi scorre via. Se si potesse immaginare che l’acqua, subito dopo la spinta sulle pale, fosse convogliata nuovamente su di esse e quindi si andasse a sommare con quella già presente, sulle stesse pale avremmo una massa e un volume d’acqua doppio rispetto al primo passaggio. La girante del nostro mulino quindi acquisirebbe molta più “coppia” e quindi forza per il suo lavoro.

Ecco questo è il principio del convertitore di coppia, che al posto dell'acqua utilizza olio ATF rosso, specifico per essere posto in pressione. Infatti le parti del convertitore sono tre: una pompa, mossa dal motore (il corso d'acqua di prima) uno statore (un convogliatore) e una turbina collegata alle ruote (il mulino).

Blocco del convertitore” coppia pronta, freno motore, più prestazioni con minor consumo. Sono le prerogative da ricercare nel variegato mondo delle trasmissioni idrauliche. Infatti se non è presente una frizione di esclusione del convertitore di coppia poco dopo la partenza, la sensazione in caso di rilascio del gas è quella di avere l’automobile in folle, una situazione poco sportiva e che affida ai soli freni il rapporto tra aderenza e stabilità del veicolo.

Questa caratteristica è ormai assemblata su tutti i veicoli pesanti, tra cui quelli speciali in uso alle Forze armate. Qui, il convertitore di coppia appena il motore è ad un regime di circa 1500 giri, si esclude tramite una frizione che rende solidali due elementi visti in precedenza, pompa e turbina, i quali cominciano a girare alla stessa velocità e senza dispersioni di potenza. Alcuni sistemi automobilistici invece, hanno l’esclusione del convertitore di coppia solo nell’ultima marcia, una sorta di modalità over drive autostradale.

Tuttavia il controllo delle cambiate, su tutti i sistemi esistenti, avviene generalmente in funzione della velocità, del carico, dell’inclinazione del veicolo, dai giri motore e posizione dell’acceleratore e la centralina ha un ruolo indispensabile rispetto alle superate versioni idrauliche “analogiche” anni ‘70/80 come il Borg Warner Mercedes che possedeva un un’asta con due masse ai lati e che per effetto centrifugo della velocità dell’albero di trasmissione, ruotava espandendo un congegno romboidale che apriva o chiudeva le valvole a cassetto destinate a cambiare le marce.

CVT, Continuously Variable Transmission, Hub Van Doorne.

A molti forse verrà in mente la Fiat Uno Selecta, ma in realtà il sistema è molto più antico e Fiat ha solo brevettato un vincente sistema di cinghia metallica che oggi è montato su tutti i sistemi CVT, scooter compresi.

L’inventore Van Doorne prese spunto osservando le macchine utensili nelle loro diverse e variabili velocità di rotazione per la lavorazione dei materiali. Tuttavia la prima applicazione automobilistica, avvenne sulla DAF Variomatic e successivamente sulle Volvo 343 a due volumi e mezzo.

Il sistema utilizzava due pulegge e la scansione obbligatoria della cinghia in movimento all’interno di quest’ultime, generava decine di rapporti di trasmissione variabili a seconda dell’accelerazione impostata.

Sembrava non avesse futuro, ma la Fiat lo prese in considerazione studiando soprattutto i limiti che ricadevano sulla delicatezza delle prime cinghie in gomma. La Fiat rivoluziono il concetto CVT partendo dal suo tallone d’Achille. Con le versioni Selecta, fece la sua comparsa una cinghia composta da centinaia di maglie in acciaio tenute insieme (un po' come una chiusura lampo) da due fasce circolari in acciaio flessibile. Il progetto fu sensazionale anche se nel ’90 il pregiudizio sulle “automatiche” era abbastanza diffuso e le vendite di questo modello non proprio entusiasmanti e forse messe in ombra dalle automatiche idrauliche americane.

Il Giappone contribuì al rilancio del CVT. Dopo la battuta d’arresto sulla Uno, la Fiat prosegui la strada del CVT con la Punto Sporting in versione “automatica” e quest’ultima aveva due novità per trasmettere il movimento dal motore alle pulegge CVT, ovvero l’aggiunta di un convertitore di coppia in sostituzione dei sistemi di innesto motore/trasmissione, tipo frizioni centrifughe, magnetiche o a pressione. Il sistema Fiat offriva anche la novità del concetto sequenziale applicato ad un sistema di variazione continua. Si trattava infatti, di poter interagire “manualmente” con la leva del cambio automatico sui diametri delle pulegge, quello che oggi, come optional hanno diversi potenti scooter.

In Giappone il brevetto Fiat prende forma e l’associazione tra convertitore di coppia e trasmissione CVT piace a tal punto che dopo qualche aggiornamento, Nissan e Toyota risultano solo alcune delle case che hanno fatto gelosamente propria questa innovazione che oggi trova la sua applicazione e benefici nei costi d’esercizio, anche su berline di classe media.

I limiti di questo sistema sono le potenze e le masse, infatti non vedremo mai auto sportive o autocarri con un CVT ma nell’uso urbano o autostradale i sistemi moderni a variazione con uso sequenziale hanno il semaforo verde anche come affidabilità.

Gli autisti di veicoli pesanti optano in parte per il tradizionale meccanico ma nella platea di opzioni robotizzate, il sistema Volvo I Shift sembra aver il maggior consenso “professionale” seguito dal sistema Scania Optcruise e As Tronic Zf di Daf.

Escludendo i sistemi idraulici a convertitore utilizzati sulla moderna flotta militare di Iveco Defence Vehicles, potenza e cavalli sembrano gli ostacoli, se non proporzionati alla massa, che associati ad un sistema robotizzato con numerose marce, possono precludere le prestazioni soprattutto in salita con carico pesante, dove le continue cambiate per cercare coppia, inibiscono l’accelerazione del veicolo allungato i tempi di guida e il surriscaldamento delle parti.

È quindi importante capire prima dell’acquisto di un veicolo pesante, autobus o autoarticolato, l’uso che si vuole relegare al mezzo, autostrada, montagna piuttosto che il traffico cittadino; ammesso chiaramente che in una difficile professione come quella dell’autista, sempre piena di incognite e imprevisti non per causa sua, ci sia il margine per delle valutazioni preventive sulla tecnologia di bordo. I cavalli ottimali potrebbero essere dai 350 ai 450 cv per gli autobus più grandi, mentre per un camion da 40 tonnellate il valore potrebbe partire dai 500 cavalli sino ai 700.

Caratteristica dei cambi idraulici è il creep, ovvero lo strisciamento al minimo generato dalla moltiplicazione di coppia del convertitore. Questa è una delle differenze principali tra i cambi idraulici e robotizzati. Una particolarità, tra l’altro molto comoda nel traffico e nei parcheggi, che ha però tratto in inganno molti acquirenti del moderno sistema automatizzato. Infatti i veicoli “robotizzati” pur avendo una leva di selezione spesso del tutto simile ai veicoli con convertitore di coppia, non necessitano con la marcia inserita di mantenere il veicolo frenato con il motore acceso durante un arresto ad un semaforo, tanto per fare un esempio. Molti meccanici sono stati presi d’assalto dai clienti preoccupati di qualche difetto sul loro nuovo acquisto, ma in realtà tutto era perfettamente funzionante; a cambiare era solo la tipologia del sistema. Molte case automobilistiche sono tuttavia corse ai ripari provvedendo ad inserire sui più sofisticati sistemi robotizzati, una sorta di frizione di manovra, che si innesta sollevando il piede dal freno.

Anche i grossi autobus Travego Mercedes prodotti recentemente e con trasmissione robotizzata, hanno inserito questa frizione di manovra che elimina strattoni e sobbalzi prodotti dall’elettro acceleratore durante le manovre.

(foto: web)