Il 10 gennaio 2023, a quasi un anno dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, il colonnello generale Alexander Lapin è stato nominato capo di stato maggiore delle forze di terra delle forze armate russe. Delle “forze di terra”, quindi dell’Esercito.
Perché è necessario sottolineare questo aspetto? Perché la maggioranza dei divulgatori mediatici si sono precipitati nel giro di poche decine di minuti a proclamare che questo ufficiale sostituiva la figura mitica (almeno per gli “addetti ai lavori”) del generale Valerij Gerasimov. Peccato che questi frettolosi giornalisti ignorino la differenza tra un capo di stato maggiore delle Forze Armate e un capo di stato maggiore dell’Esercito, che è una delle Forze Armate. Gerasimov è rimato al suo posto.
Chi è allora il generale Lapin, personaggio controverso al centro di violente polemiche sollevate all’interno della compagine militare russa?
Per decisione dello stesso Gerasimov, suo diretto superiore gerarchico che in più occasioni avrebbe espresso la sua totale fiducia nelle capacità di leadership di Lapin,1 fino all’ottobre 2022 è stato il comandante del gruppo di “forze del Centro” schierate nel teatro ucraino. A ottobre è stato rimosso dal suo incarico. Poco prima che ciò accadesse, era stato oggetto di critiche impietose da parte dell’“ala dura” dei combattenti di parte russa in Ucraina: il fondatore della PMC “Wagner” Evgenij Prigožin e, soprattutto il leader ceceno Ramzan Kadyrov. Entrambi hanno attribuito a Lapin la responsabilità della perdita di Lyman (ottobre 2022), importante centro logistico, e dello sfondamento delle forze armate ucraine nelle aree di Terny, Torskoy e Yampolovka, nell’oblast’ di Donec'k. Secondo Kadyrov, inoltre, l’alto ufficiale insignito della Stella Eroe di Russia per la conquista di Lysyčans'k (luglio 2022), non sarebbe stato nemmeno presente nei pressi della cittadina durante i combattimenti. Le parole di Kadyrov riferite al generale Lapin sono abbastanza inequivocabili: “Non è un peccato che Lapin sia mediocre. E il fatto che sia coperto dai vertici dello Stato Maggiore. Se potessi fare a modo mio, degraderei Lapin a soldato semplice, lo priverei dei suoi premi e, con una mitragliatrice in mano, lo manderei in prima linea per lavare via la sua vergogna con il sangue.”2
Il ritratto diventa più infamante qualora fosse vero che il generale Lapin non abbia esitato a puntare la pistola alla tempia di soldati russi tra i neo-mobilitati che, in seguito ad un intenso bombardamento da parte delle forze ucraine, cercavano rifugio presso l’abitato di Svatove, accusandoli di codardia, insultandoli e minacciando di ucciderli se non fossero tornati a combattere.3 L’aspetto interessante è che questi soldati farebbero parte di quell’ondata di sprovveduti inviati al fronte male equipaggiati e senza alcun addestramento in seguito alla mobilitazione parziale ordinata da Putin nell’autunno del 2022.4 Quest’orda di malcapitati, di fatto, rappresenta le “forze fresche” messe in campo da Mosca come rincalzo delle unità regolari soggette nei mesi ad un pesante logoramento nei combattimenti. Come tali e stante l’incapacità di reggere i ritmi e gli orrori della guerra, ecco emergere costantemente le unità della “Wagner” impegnate a sostenere i combattimenti campali. Non senza un pizzico di acrimonia nei confronti di Gerasimov: “Al capo di stato maggiore generale: sei un fottuto frocio e un fottuto stronzo. Non abbiamo niente con cui combattere, non abbiamo proiettili. Ci sono ragazzi là fuori che muoiono per noi e noi stiamo seduti qui senza dare nessun cazzo di aiuto. Abbiamo bisogno di proiettili, vogliamo fottere tutti. Stiamo combattendo contro l'intero esercito ucraino qui a Bakhmut. Dove sei? Aiutaci, dannazione. Non c'è nessun altro cazzo di modo di chiamarti se non con una parola 'frocio'. Quando i ragazzi muoiono, dove siete tutti?”5
Anche i mercenari, che certamente non presentano le carenze addestrative dei coscritti, apparentemente soffrono per una catena logistica non proprio efficiente. In definitiva, l’aria che si respira tra i ranghi russi è piuttosto pesante.
Trascorse ventiquattro ore dalla nomina di Lapin nel nuovo incarico, l’evanescente Gerasimov - finora rimasto sempre, inspiegabilmente, sullo sfondo del conflitto – Putin decide di attribuirgli, a latere del suo incarico principale, quello di “Comandante delle Forze Russe Congiunte in Ucraina” in quanto il conflitto si è decisamente complicato nella sua evoluzione e necessita di una svolta radicale da parte russa.
Alle dipendenze dirette di Gerasimov “sul campo”, nonché suoi “vice” nella specifica attribuzione, sono stati posti per le forze aerospaziali, il generale d’Armata Sergej Surovikin, finora comandante delle operazioni in Ucraina e comandante delle forze terrestri impegnate nell’invasione, il generale d’Armata Oleg Salyukov, che avvicenda Surovikin in quest’ultimo incarico e il colonnello-generale Alexey Kim, vice capo di stato maggiore delle Forze Armate russe.
Nella prospettiva della summenzionata “svolta radicale” che il Cremlino ha attuato per via dell’impasse della manovra nell’area delle operazioni, la nomina di Gerasimov si presta a diverse chiavi di lettura. Il capo di stato maggiore della Difesa, nonché teoreta della dottrina bellica russa contemporanea, dunque è stato chiamato dal comandante supremo delle forze militari (Putin) ad occuparsi in prima persona del coordinamento e della diramazione degli ordini alle forze che combattono. Tra queste, non dimentichiamolo, vi sono gli “irregolari” di Kadyrov e della PMC “Wagner”, decisamente ostili, come abbiamo visto, alle scelte politico-strategiche di Gerasimov.
Resta mia convinzione che, fino all’assunzione del nuovo incarico e delle responsabilità ad esso collegate, egli sia stato sempre figura nell’ombra di un Putin debordante e inopportuno nella sua scelta di condurre le operazioni in prima persona. Ovviamente, a questo punto, è in gioco il prestigio del generale Gerasimov che, a differenza di molti altri ufficiali russi di rango elevato,6 può vantare una carriera cristallina, apparentemente priva di “scheletri nell’armadio”.7 O se li ha, ha saputo nasconderli bene.
Appare chiaro, altresì, che la decisione di Putin lancia ai “falchi” il messaggio forte che i meriti dell’eventuale vittoria in questa guerra, a prescindere di chi la combatte, deve andare alle forze “regolari”, alle unità russe che con le loro bandiere si battono per l’onore della Patria. Non vale più il discorso della fase conflittuale dal 2014 al febbraio 2022 nel Donbass o della Campagna di Siria, in cui poco importava chi fosse chiamato a tutelare con le armi l’immagine di una Russia competitiva sul piano militare internazionale. Qui si tratta di medaglie e cerimonie per eroi e caduti nazionali che indossino l’uniforme dell’Esercito, della Marina e delle Forze Aerospaziali. Se poi a morire in battaglia sono i figli di nessuno anziché i figli della Madre Russia, tanto meglio.
Restando sull’immagine di figure materne, mi sovvengono le esternazioni e degli epiteti rivolti dalla portavoce del Cremlino Maria Zakharova al presidente Zelensky, in seguito al suo viaggio in dicembre a Washington e dall'incontro che questi ha avuto col presidente Joe Biden.8 All’inizio del mese di dicembre, intanto, in un discorso al consiglio presidenziale per lo sviluppo della società civile e dei diritti umani, ha annunciato di voler continuare l’“operazione militare speciale” in Ucraina e ha sottolineato che l'annessione di ogni nuovo territorio è un importante risultato di questa operazione. Il presidente russo ha poi fatto riferimento allo zar Pietro il Grande, che ottenne il controllo sul Mar d'Azov, allo stesso modo di come ha fatto lui ora.
Putin colloca apertamente i suoi obiettivi nel contesto storico imperiale e, pertanto, non manca di sottolineare che i suoi obiettivi strategici non sono cambiati e che è sua intenzione conquistare più territorio possibile. Considerando la situazione attuale, sembrerebbe che stia proseguendo nella strategia mirata a convincere la popolazione russa della necessità di un conflitto prolungato.
Mosca, a tutt’oggi, dispone ancora di unità regolari con un buon livello di coesione e di addestramento, ma alla luce della piega che ha preso il conflitto sembra prevalere la volontà di procedere con la logica della “carne da cannone”, facendo morire migliaia di soldati considerati di scarsa rilevanza, probabilmente in attesa di calare l’asso delle forze d’élite quando riterrà che il conflitto volga verso una vittoriosa risoluzione e, dunque, le perdite tra i combattenti “di pregio” possano risultare contenute ed accettabili.
Di fatto, le forze irregolari russe e filorusse continuano a costituire gli scaglioni avanzati in tutti gli schieramenti delle battaglie che impegnano i Russi. Non fa eccezione la battaglia condotta a nord di Donec’k, lungo la direttrice Soledar- Bakhmut- Horlivka-Donec’k.
La lotta per il controllo di Soledar e Bakhmut nell'Ucraina orientale è la più sanguinosa battaglia per le forze russe e ucraine dall'inizio dell'invasione. Viene da chiedersi: “ma perché versare tanto sangue per una località apparentemente insignificante?” Dal punto di vista tattico la cittadina è situata in posizione intermedia tra i capoluoghi di Donec’k e Luhans’k, in prossimità di una rete viaria idonea a garantire tanto i movimenti logistici, quanto la manovra delle truppe in combattimento proprio nel cuore del Donbass. Già nell’agosto 2022 le i Russi hanno cercato di circondare Bakhmut attaccando gli abitati di Soledar, situato a nord della città e Zaitseve a sud della stessa, per impedire agli Ucraini di sfruttare la rotabile T0513, utilizzata per il sostegno alle loro posizioni di prima linea nel nord-est dell'oblast’ di Donec’k. In quel periodo un soldato della 46^ brigata aviotrasportata ucraina dichiarava alla CNN che la situazione era già molto critica e che il bilancio delle vittime era così alto che nessuno ha tenuto il conto dei morti: “Nessuno ti dirà quanti morti e feriti ci sono. Perché nessuno lo sa per certo. Non una sola persona. Le posizioni vengono prese e riprese costantemente. Quella che oggi era la nostra casa, il giorno dopo diventa quella dei Wagner. A Soledar nessuno conta i morti”.
Sul fronte di Soledar sono state impegnate nei combattimenti soprattutto la 46^ e l’8^ brigata aviotrasportata ucraine, chiamate a fronteggiare i reparti della “Wagner” e i “Kadyrovtsy”. Mercenari e paramilitari. Ma non mancano le formazioni paramilitari filo-ucraine a combattere per Soledar. Gli uomini della “Legione per la Libertà della Russia” e del “Battaglione Sheikh Mansur” sono tra i più attivi. Con loro, i soldati delle “Forze della Difesa Territoriale”.
In quell’area gli scontri hanno assunto le caratteristiche della “guerra di posizione” con attacchi e contrattacchi da ambo le parti protrattisi per tutto l’autunno e l’inverno. Da parte russa, Ramzan Kadyrov ha pubblicato filmati di forze speciali cecene “Akhmat” ed elementi del 2° corpo d'armata della Repubblica Popolare di Luhans’k che sparavano contro posizioni ucraine a Soledar. In quel settore opera il 6° reggimento dei Cosacchi, inquadrato nel 2° corpo d’armata costituito su reparti di paramilitari filorussi.
A metà dicembre lo stato maggiore di Kiev riferiva che le truppe ucraine avevano respinto gli assalti russi vicino a Zelenopillya (4 km a nord-est di Bakhmut), presso Opytne (3 km a sud di Bakhmut) e ad Andriivka (10 km a sud-ovest di Bakhmut). In particolare, il 17 dicembre 2022 le forze ucraine hanno lanciato con successo un attacco contro la concentrazione di truppe e attrezzature nemiche nell'area di Horlivka. In conseguenza degli scontri il numero dei feriti è sempre maggiore e proprio nella città di Horlivka, a causa della mancanza di donatori di sangue, tutti i dipendenti delle istituzioni mediche locali sono stati obbligati a donare il sangue, secondo un programma stabilito dai Russi. Horlivka, tra l’altro, rappresenta un perfetto esempio dell'integrazione forzata dei territori occupati attuata dalla Russia, anche sotto gli aspetti giuridici. In quella città il termine per il rilascio di passaporti russi è stato ridotto da 30 a 10 giorni e in tutta l’oblast’ di Donec’k vengono rilasciate targhe e patenti di guida della Federazione Russa.
Arriviamo al 28 dicembre, quando i Russi insistono con le operazioni offensive sugli assi Bakhmut e Avdiivka e fanno ulteriori tentativi per migliorare la situazione tattica sull'asse di Lyman. Quest’ultima località rappresenta un k-terrain in quanto è un importante nodo ferroviario e, dunque, un rilevante sito logistico. Ricordiamo che la logistica russa sfrutta moltissimo il trasporto su ferrovia.
Rispettando la cronologia degli eventi bellici salienti del periodo a ridosso della scadenza di un anno dall’inizio della guerra, non posso trascurare il massiccio attacco missilistico sferrato dalle forze ucraine nella notte tra il 31 dicembre e il 1° gennaio contro un edificio che ospitava soldati russi a Makiivka, una città non lontana da Donetsk. L’attacco è stato confermato sia da fonti russe sia da fonti ucraine che, tuttavia, hanno immediatamente ingaggiato una ulteriore battaglia sul fronte della propaganda, fornendo dati fortemente discordanti sul numero dei morti. Da un lato, il Ministero della Difesa russo ha dichiarato dapprima l’uccisione di 63 soldati tra le proprie truppe, per poi correggere il dato in 89 caduti; per gli Ucraini i morti causati ai Russi sarebbero stati 400 e i feriti 300. Secondo il Cremlino la colpa dell’attacco sarebbe da attribuire all’esteso uso di telefoni – peraltro vietato proprio per ragioni di sicurezza – da parte dei soldati russi alloggiati nella caserma. Tale prassi avrebbe consentito all’esercito ucraino di individuare le coordinate del luogo e bombardarlo. Non sempre “una telefonata salva la vita”.
Il 6 gennaio, in occasione della festività del Natale ortodosso (7 gennaio), Putin chiedeva unilateralmente una tregua di 36 ore. La risposta di Zelensky è stata “Non ci sarà nessuna tregua, ci saranno solo Himars sulle vostre teste”. Da un punto di vista militare non fa una piega. Non si concede respiro ad un nemico che, evidentemente, o sta attuando un bluff, o cerca di disporre di un tempo, anche minimo - 36 ore non sono molte -, per qualche forma di riorganizzazione. L’offensiva del Têt, naturalmente su una scala ben più ampia, fa scuola.
La battaglia ha continuato ad infuriare. Il 9 gennaio le autorità ucraine hanno affermato che l'esercito aveva respinto i continui attacchi a Bakhmut e in altre città da parte del Gruppo “Wagner” e il comandante delle forze armate di terra ucraine, generale Alexander Syrsky, ha bollato come “propaganda” le dichiarazioni russe sulla presunta cattura di Soledar. Il giorno successivo, i mercenari russi hanno rivendicato di aver conquistato Soledar e di averne circondato il centro. Dopo le accese polemiche che hanno visto opporsi la leadership delle forze regolari e di quelle irregolari, nella serata del 13 gennaio il ministero della Difesa russo ha riconosciuto che l'assalto finale alla città è stato compiuto dagli uomini di Prigožin, rendendo omaggio al loro “coraggio”. Un tentativo di comporre le fratture in seno alla compagine militare del Cremlino, nella prospettiva di non rendere più complicata una situazione di per sé già abbastanza compromessa.
Torniamo, però, ad Horlivka, dove il 14 gennaio la capacità operativa 3^ brigata fucilieri motorizzata separata della 1^ armata combinata russa, è stata stimata al 40%, nonostante i rinforzi ricevuti con l’afflusso di personale della mobilitazione e di nuovi soldati “a contratto”. Pare anche che venga effettuato uno stringente controllo di questo personale per prevenire i tentativi di diserzione. Nel frattempo, la battaglia continua.
Ma non si è combattuto solo a Soledar. Tra il mese di dicembre ‘22 e il gennaio ’23 le operazioni belliche sono continuate in tutta la parte orientale dell’Ucraina, coinvolgendo anche la capitale. Il 20 dicembre lungo gli assi di Zaporizhia e di Kherson l’artiglieria russa ha intensificato i bombardamenti delle posizioni ucraine e delle infrastrutture civili lungo la riva destra del fiume Dnipro, colpendo le aree degli insediamenti di Temyrivka, Chervone, Mali Shcherbaki e Plavni nell’oblast’ di Zaporizhia e Chornobayivka, Antonivka, Kherson, Mykilske, Tokarivka e Mylove nell’oblast’ di Kherson. In questa oblast’ la pressione esercitata sulla popolazione locale da parte russa è particolarmente alta, a causa del diffuso sostegno tributato alle forze ucraine. Per la stessa ragione a Melitopol’, nell’oblast’ di Zaporizhia, il 13 gennaio i Russi hanno condotto un’intensa attività di controllo sulle comunicazioni telefoniche, tesa ad individuare forme di collaborazione con le forze armate ucraine.
Gli attacchi sono proseguiti ininterrottamente all’inizio del 2023, con esiti drammatici in particolare il 14 gennaio sull’abitato di Dnipro, tali da indurre il presidente Zelensky ad affermare “Il mondo deve fermare il male”. I Russi, tuttavia, a loro volta continuano ad avere un numero consistente di perdite, al punto che il 10 gennaio risultava che l’elevato numero dei feriti eccedesse la capacità di ricovero delle strutture disponibili, costringendoli a realizzare tre nuovi ospedali da campo a Berdyans’k, nell’area di Zaporizhia.
Anche in Crimea le operazioni sono continuate senza sosta, con l’impegno delle unità del genio russo per rinforzare le posizioni difensive organizzate lungo l'autostrada Krasnoperekopsk – Dzhankoy e l’incremento delle attività di reclutamento “a contratto” tra la popolazione di Sebastopoli. Sempre in Crimea è in atto il reclutamento di personale per due nuove unità di mercenari, denominate “Shchit” (Scudo) e “Rusich”. Sono invitati ad unirsi alle PMC elementi che abbiano trascorsi militari o nelle forze dell’ordine, prioritariamente ex-ufficiali. Per invogliare l’adesione a queste formazioni, ai potenziali candidati viene offerta la prospettiva di una lauta remunerazione e un impiego che non preveda l’invio nelle zone dei combattimenti in Ucraina. Ci richiede che senso avrebbe, allora quest’ultima iniziativa.
Il 6 dicembre la Russia ha lanciato un massiccio attacco missilistico contro le infrastrutture critiche e civili a Vinnytsia, Kiev, Mykolaiv, Odessa e altre oblast’. L’attacco è stato condotto con 70 missili di vario tipo, tra cui Kh-101, Kh-555, Kh-22, Kh-59, Kh-31P e Kalibr. Una sessantina di questi sarebbero stati intercettati dalle unità di difesa aerea ucraine, ma gli attacchi missilistici sulla rete energetica nazionale e sulle infrastrutture critiche in tutta l'Ucraina sono stati continui. Come è accaduto il 29 dicembre, quando i Russi hanno effettuato 30 raid aerei e 7 attacchi missilistici, in particolare contro le infrastrutture civili delle città di Kostyantynivka (oblast’ di Donec’k) e di Kharkiv Su Kharkiv sono stati impiegati anche 13 droni iraniani Shahed-136, di cui 11 risulterebbero abbattuti, mentre due sono andati a segno su una centrale elettrica.
Tutti abbiamo sentito dai media quanto le centrali elettriche siano tra le infrastrutture privilegiate tra gli high-value targets bersagliati di Russi e quanto questo provochi enormi disagi alla popolazione civile e militare, impedendo, in primis, il riscaldamento e l’illuminazione degli ambienti, ma non solo: la mancanza di corrente elettrica paralizza le attività produttive, obbliga al consumo di grandi quantità di carburanti per il funzionamento dei gruppi elettrogeni necessari a infrastrutture critiche come gli ospedali. Non c’è da stupirsi della scelta del targeting russo. È l’essenza della guerra. È inutile impegnarsi in scontri sanguinosi e rischiare di avere molte perdite, quando la vittoria può essere conseguita fiaccando il morale dell’avversario. La distruzione delle città piega la volontà di resistenza. Il problema sarà poi ricostruirle. Qualcuno nell’élite dirigenziale del Cremlino, tuttavia, si frega le mani pensando a come potrà arricchirsi, in caso di vittoria. Come il vice ministro della Difesa Timur Ivanov. Nella sua posizione egli supervisiona tutti gli appalti e la gestione delle infrastrutture militari: aree addestrative, accademie, ospedali, asili, aeroporti militari, basi sottomarine e persino il cosmodromo di Vostochny. Ora il suo pensiero è rivolto alla ricostruzione di Mariupol’, città distrutta nello scorso marzo dall’esercito russo, vantandosi che il Ministero della Difesa costruirà una piscina e una pista di pattinaggio per i residenti di Mariupol’, naturalmente Russi nella sua prospettiva futura.9
Ma voglio tornare, per un momento, sugli Shahed 136 impiegati su Kharkiv. Le forze russe fanno sempre più affidamento sui droni di fabbricazione iraniana nella loro campagna contro le infrastrutture critiche ucraine ed è verosimile che, allo stato attuale, abbiano significativamente intaccato il loro stock di questi sistemi d’arma. Si stima che, se il ritmo di consumo di droni dovesse rimanere lo stesso di quelli impiegati tra settembre e dicembre 2022, entro il maggio 2023 i Russi potrebbero esaurire l’intera fornitura di 1.750 droni che Mosca starebbe gradualmente ricevendo dall’Iran.
Già, l’Iran. Non si può non considerare il legame tra Mosca e Teheran una delle coalizioni più deteriori che la storia ricordi. Anche se non ha fomentato (e speriamo che non accada) una guerra mondiale, non è meno ignobile dell’alleanza tra Hitler e Mussolini del 1939. Presto o tardi tutti i regimi dittatoriali debbono ineluttabilmente fomentare una guerra per giustificare la loro stessa ragion d’essere e sembra proprio un’ineluttabile esigenza della storia che tali regimi debbano siglare tra loro dei patti,10 per garantire la loro stessa sopravvivenza.
Accanto all’ayatollah Ali Khamenei, fin dall’inizio dell’invasione abbiamo visto schierato il presidente bielorusso Aljaksandr Lukašėnka, recatosi il 6 gennaio 2023 presso il campo di addestramento di Obuz-Lesnovsky (regione di Brest), vicino sia al confine con la Polonia, sia a quello con l'Ucraina. In tale circostanza ha ricevuto un rapporto sul completamento del coordinamento delle unità e delle formazioni facenti parte del gruppo congiunto creato con le forze russe dislocate nell’area: Un portavoce delle forze armate russe ha riferito al capo dello Stato bielorusso che ci sono state "esercitazioni militari ed esercitazioni del personale dei comandi presso i poligoni di addestramento delle forze alleate". In particolare, secondo quanto da lui riferito, le unità fucilieri motorizzati, le unità corazzate e le forze speciali, comprese le unità di difesa aerea, hanno effettuato esercitazioni congiunte. Il funzionario russo ha ringraziato il presidente per la sua assistenza nel dispiegamento del gruppo. "Stiamo facendo una causa comune", ha risposto Lukašėnka.11
Pavel Latushko, uno dei leader dell'opposizione bielorussa, ha osservato che il numero del personale e delle attrezzature militari russe è in aumento nel paese ed ha espresso la preoccupazione che le autorità bielorusse potrebbero presto iniziare la mobilitazione per fornire assistenza militare alla Russia nella guerra contro l'Ucraina.12 Intanto, il 16 gennaio hanno avuti luogo esercitazioni congiunte tra unità dell’aeronautica bielorussa e delle Forze Aerospaziali russe. In tal modo, giustificando l’attività come “esercitazione combinata”, Mosca ha rinforzato la propria capacità di condurre attacchi aerei dalla Bielorussia.
In relazione alla costituzione del gruppo congiunto russo-bielorusso, gli esperti militari non escludono che Mosca possa preparare una nuova fase dell'invasione, questa volta con la partecipazione diretta delle formazioni bielorusse.
Al di là della retorica nucleare, del ricatto della "bomba sporca" e del terrore tra la popolazione civile, il Cremlino sembra essere a corto di idee. I suoi comandanti militari hanno provato la "guerra lampo" e l'approccio "a fette di salame", cioè quella tattica che prevede la progressiva occupazione di un territorio, dando l’impressione di volersi fermare, senza procedere al “taglio di un’ulteriore fetta di salame”, cioè all’invasione di un successivo territorio. Ma il salame è buono e il rischio è che “una fetta tiri l’altra”. Queste tattiche, inoltre, non hanno avuto successo. Ora, il regime russo sta cercando di plasmare un esercito costituito da centinaia di migliaia di coscritti civili poco addestrati. È troppo presto per etichettare questo tentativo come un "fallimento", ma le aspettative sembrano a dir poco ambiziose. E allora ecco entrare in gioco l’ipotesi del coinvolgimento delle forze bielorusse.
La Russia ha concesso alla Bielorussia una sospensione dei rimborsi sui prestiti per un importo di 1 miliardo di dollari e ha emesso un nuovo prestito per altri 1,5 miliardi di dollari. Inoltre, a causa delle sanzioni occidentali sulle merci bielorusse, il 60% delle esportazioni del paese ora finisce sul mercato russo. E la Bielorussia riceve il gas russo al prezzo stracciato di soli 128,5 dollari per mille metri cubi (rispetto al prezzo record di mercato di 2.800 dollari di questa estate). In effetti, Mosca ha accolto tutte le richieste di Minsk, anche in merito a una disputa in corso sulle forniture di petrolio, che è stata un ostacolo tra le parti negli ultimi cinque anni. Ma l'esercito bielorusso non ha la capacità di ribaltare le sorti della guerra a favore Russia. In primo luogo, è troppo piccolo, con il segmento più pronto per il combattimento che non supera i 15.000 soldati. Il resto è efficiente quanto il gruppo disordinato dei neo-mobilitati russi. Inoltre, le forze armate ucraine sono ora molto meglio preparate per un attacco da nord: hanno minato le strade e i campi al confine con la Bielorussia, distrutto i relativi ponti e le moderne armi occidentali come i missili anticarro Himars potrebbero impedire alle truppe anche attraversando il confine.
In secondo luogo, la società bielorussa è in modo schiacciante contraria alla partecipazione del paese alla guerra: oltre il 90% rifiuta l'idea di unirsi alla Russia. L'invio di Bielorussi in guerra potrebbe quindi provocare una grave ondata di malcontento all'interno del Paese, ancor più di quanto non abbia fatto la mobilitazione di Putin in Russia. Le forze democratiche bielorusse in esilio probabilmente lo userebbero per rovesciare il regime di Lukašėnka. Un’altra leader dell'opposizione, Sviatlana Tsikhanouskaya, ha esortato le truppe bielorusse a rispondere agli ordini di attaccare l'Ucraina deponendo le armi e unendosi alle forze ucraine.
Questa linea d'azione sarebbe quindi estremamente rischiosa, soprattutto per Lukašėnka, ma anche per Putin, che potrebbe perdere il suo unico alleato europeo. Per ora, una base affidabile e sicura per l'esercito russo in Bielorussia potrebbe essere più preziosa di un imprevedibile secondo fronte in Ucraina. Tuttavia, con il progredire e l'evolversi della guerra, anche le valutazioni della situazione da parte dei decisori bielorussi e russi potrebbero cambiare, razionalmente o meno. E potrebbero decidere che i costi del mancato invio di truppe bielorusse in Ucraina superano quelli del loro invio. Quindi, per evitare ulteriori psicoanalisi da poltrona, sarà necessario monitorare da vicino i cambiamenti tangibili nell'attività militare in Bielorussia.
Fanno impressione le file dei cadaveri dei soldati ucraini mostrate in televisione e fanno impressione anche quelle dei soldati russi che si trovano qua e là su internet. Ma fa ancora più impressione pensare che tra i Russi, precisamente tra gli oligarchi russi, ci siano individui la cui insensibilità e volgarità travalicano ogni umana giustificazione: “Nel marzo di quest'anno, proprio nel momento in cui si stavano verificando i crimini più terribili e inimmaginabili sotto la guida di suo marito - Mariupol, Bucha, bombardamenti di città pacifiche, Svetlana (Ivanov, n.d.a.) ha trascorso del tempo facendo shopping e rilassandosi - in tutta comodità e sicurezza. Lontano da Putin e dal suo mondo russo.”13 Queste poche righe non rendono l’idea di cosa sia la vita che conducono oligarchi e siloviki (e i loro famigliari) in una realtà totalmente avulsa da quanto i loro “miserabili concittadini” - nell’accezione di Victor Hugo - vivono tra gli orrori del fronte e l’angoscia di chi è rimasto a casa ad aspettarli.
La sofferenza di chi attende il ritorno di un proprio caro in guerra non ha insegne né divise. Testimonianze dirette mi consentono di dire che questa realtà parallela non è né propaganda, né esagerazione. Bastava essere presenti in uno dei resort delle isole artificiali di Dubai la notte di capodanno. Premesso che questi resort sono gli unici luoghi in cui si può consumare alcol negli Emirati Arabi, è banale che vi potessero trovare rifugio ricchi russi in vena di festeggiamenti. Però fa effetto vedere decine di questi crapuloni in uno stato etilico da non riuscire a reggersi in piedi, sperperare denaro tra “donnine” e, naturalmente, altro alcol. Il punto non è che fossero ricchi e scialacquoni. Il punto è che fossero Russi. In questo momento storico.
Sul fronte opposto non mancano i motivi di altrettanto sdegno. È notizia di fine gennaio che Zelensky abbia dovuto adottare una paradossale “purga staliniana” nei confronti dei numerosi rappresentanti del suo governo, per diverse forme di corruzione e speculazione (vere o presunte) mirate a trare profitti dalla guerra in corso. Voglio riportare un corsivo di gusto squisitamente politico, riferito alla dichiarazione di un portavoce dell’Unione Europea in relazione a questo episodio:
“Abbiamo notato le dimissioni in corso tra le file del governo ucraino, non commentiamo le indagini in corso ma possiamo dire che siamo soddisfatti che le autorità ucraine prendano sul serio questa situazione… L'Ucraina deve rafforzare la lotta alla corruzione, specie ad alti livelli, e questo fa parte del processo di adesione: l'Ue con i suoi partner ha sostenuto l'Ucraina a rafforzare lo stato di diritto per anni. L'Ue ha diversi livelli di controllo per essere sicura che i suoi fondi vadano dove devono andare”.14
Di fronte a questo scempio, il mio pensiero va ai militari ucraini che combattono e si sacrificano per la propria patria.
Parliamo adesso della “mobilitazione parziale” e del reintegro delle perdite sul fronte russo. È interessante osservare come proceda la “campagna acquisti” imbastita dal Cremlino per rimpolpare le proprie file di combattenti. Dopo l’ingaggio forzato dei carcerati, lo svuotamento delle accademie militari e la “mobilitazione parziale” dei cittadini con pregresse esperienze militari, dalla seconda metà di gennaio Mosca invita all’arruolamento volontario tutti gli stranieri presenti sul proprio territorio idonei al combattimento e in attesa di vedersi riconosciuta la cittadinanza della Federazione Russa. Coloro che accettano, la ottengono automaticamente.
Un’altra iniziativa, questa legata all’“economia di guerra”, vede le imprese commerciali di Mosca poste sotto pressione affinché sostengano finanziariamente le forze armate russe contribuendo ognuna con 10 milioni di rubli. Inoltre, la difficoltà di reperire personale in grado di svolgere mansioni gestionali-amministrative nei territori occupati, a causa della scarsa collaborazione da parte della manodopera locale, ha indotto Mosca ad inviare personale russo o proveniente dalla Crimea nelle zone dei combattimenti.
Sul piano prettamente militare va rilevato l’afflusso dei riservisti presso l’area addestrativa di Kadamovskiy, nella regione di Rostov-sul-Don, per un periodo di preparazione in attesa di essere inviati al fronte. Questi riservisti sarebbero prevalentemente destinati a ripianare le perdite tra i ranghi delle unità della “Riserva Nazionale delle Forze da Combattimento” (BARS) – la cosiddetta “riserva attiva” –15 e del Gruppo “Wagner”. Riguardo a quest’ultimo e alle forti perdite subite, è emblematico l’episodio della diserzione di Andrei Medvedev, ex-comandante di un’unità della “Wagner”: “Presentata la richiesta di asilo, Medvedev è stato condotto ad Oslo, dove è stato interrogato. Nella circostanza, l'ex comandante ha rivelato una serie di nuovi dettagli sul battaglione di cui ha fatto parte fino a dicembre. Oltre a tutti i crimini condotti contro gli ucraini, infatti, Medvedev ha dichiarato di aver assistito anche a molte esecuzioni nei confronti degli stessi mercenari russi che, rifiutandosi di combattere, sono stati giudicati colpevoli di tradimento o diserzione. Il russo, di origine norvegese, ha anche affermato di essere in possesso di un documento video che immortalerebbe l'uccisione di due mercenari russi ad Alchevsk, in Lugansk, per mano di un reparto speciale della Wagner di nome MED. Andrey racconta inoltre di essere a conoscenza di un plotone nel quale sono sopravvissuti solo tre mercenari su trenta.”16
Le parole del mercenario fuggito in Norvegia rimandano con immediatezza al gesto del generale Lapin che punta la pistola contro i soldati colpevoli di “codardia” a Svatovo, ma non solo. Evocano anche le immagini del film “Il nemico alle porte”, quando i soldati russi ripiegano verso le proprie posizioni per evitare di essere annientati dal fuoco tedesco e lì, li attendono i loro commilitoni incaricati di abbatterli con le mitragliatrici perché a giudizio dei “commissari politici” una ritirata era considerata una fuga.
Se non c’è niente di nuovo sul fronte Occidentale, sembra proprio che anche su quello Orientale tutto sia immutato. La caccia ai disertori si è intensificata nell’ultima decade di gennaio, a ulteriore conferma della disaffezione che serpeggia tra i militari russi per la causa dell’“operazione speciale”. E con la scusa della ricerca di militari che hanno abbandonato le proprie unità di appartenenza, il 17 gennaio i Russi hanno condotto diversi rastrellamenti nell’oblast’ di Kherson. Sempre a Kherson, nello stesso periodo i Russi hanno cercato di ridurre il più possibile le possibilità alla popolazione civile di accedere alle fonti di informazione alternative a quelle imposte da loro, oscurando tutti i canali televisivi ucraini.
Dalla caccia ai disertori a quella ai renitenti alla mobilitazione il passo è breve. In Russia sono state promulgate leggi che stabiliscono che per avere un lavoro o ottenere un mutuo per l’acquisto di una casa si deve essere in possesso del proprio libretto militare, in cui sono indicate le categorie e le tempistiche per i richiami. I controlli sono sempre più capillari e, con l’ausilio della tecnologia, decisamente “orwelliani”. Nelle grandi città si ricorre ai software di riconoscimento facciale per identificare i fuggitivi e i database della polizia sono raccolte tutte le targhe dei veicoli del personale richiamato, in modo da poterne controllare gli spostamenti. Per quanto il ministro della Difesa Šojgu abbia dichiarato che la “mobilitazione parziale” è terminata, nessun documento in tal senso è stato firmato da Putin e, nei fatti, anche la realtà lo smentisce. Ancora una volta, è bene dirlo, la motivazione dei combattenti Russi è scarsa, mentre ora gli Ucraini combattono anche per rabbia. La rabbia di vedere le proprie città distrutte e i propri amici e parenti uccisi, senza un motivo, da un anno a questa parte.
Qualche altra riflessione sulla natura della guerra in corso. La diatriba sulla fornitura dei carri armati Leopard 2 da parte della Germania, della Polonia o di chiunque abbia voglia di contribuire alla causa dell’Ucraina non ha mancato di alimentare la propaganda russa in merito all’escalation inevitabile con l’invio di questi ed altri armamenti alle forze di Kiev.
Il ministro degli Esteri Sergej Lavrov ha sottolineato che la guerra tra la Russia e l'Occidente ormai “non è più ibrida”, ma “quasi reale” e l’ex-presidente Medvedev (nulla a che fare con il disertore della “Wagner”) con lo stile apocalittico che lo caratterizza, ha dichiarato: “Il mondo si avvicina al rischio della Terza Guerra Mondiale di fronte ai preparativi di aggressione contro la Russia”.
Non mi soffermo sul rischio della Terza Guerra Mondiale, che comunque deve fare i conti con la disponibilità della Cina a permettere una tale eventualità. Ci rimetterebbe troppo dal punto di vista degli scambi internazionali. Pechino ha bisogno di un mondo stabile per i suoi traffici commerciali. Mi interessa di più evidenziare che il concetto di “guerra ibrida” non è chiaro a Lavrov. La guerra non è “ibrida” perché combattuta su scala locale o planetaria. È “ibrida” per le modalità di impiego di forze regolari, irregolari e battaglie multidimensionali combattute in tutti i domini: fisico, cognitivo, cibernetico, spaziale. Quindi siamo già in una guerra mondiale conclamata, anche se non sul piano fisico per tutti (per fortuna) e sarà comunque “ibrida”, anche se combattuta a livello intergalattico.
Detto ciò, torniamo con i piedi per terra: Fornire sistemi d’armamento sofisticati e all’avanguardia ad altri paesi, deve indurre a fare delle considerazioni in ragione della propria sicurezza nazionale. Non solo: presa la decisione, un impegno in tal senso deve anche prevedere la predisposizione di una linea di sostegno logistico adeguata per non vanificare lo sforzo sostenuto alle prime difficoltà connesse a manutenzioni, ricambistica, interventi tecnici. Tutto ciò costa. Molto.
Riflettendo sull’invio dei carri armati e di altro armamento all’Ucraina, va detto che, al di là delle cautele dettate dalla politica, che comunque detta le regole, da un punto di vista militare non si può aspettare troppo, perché in guerra il “tempo operativo” è fondamentale. Gli Ucraini, finchè hanno potuto, hanno sfruttato gli esiti della controffensiva di settembre, ma ora la spinta si è esaurita e i Russi possono approfittarne proprio in prossimità della fatidica data-simbolo del 24 febbraio, ormai prossima. Ecco perché bisogna affrettare la fornitura delle armi se si vuole che il fronte ucraino provi tenere e, magari di nuovo reagire.
Da rilevare anche che, ad oggi, per mantenere il conflitto entro limiti “accettabili”, l’Occidente non ha fornito armamenti che consentissero agli Ucraini di battere sistematicamente obiettivi in territorio russo e, finora, le forze di Kiev si sono solo timidamente affacciate oltre il confine.17 Tuttavia, l’attacco portato con i droni alla base aerea Engel’s (oblast’ di Saratov), a quasi 500 km dal confine tra Russia e Ucraina, ha avuto delle conseguenze di rilievo. La distanza coperta dai droni è ragguardevole; ecco allora che il 21 gennaio il ministero della Difesa russo ha riferito di aver condotto esercitazioni di difesa aerea nella regione di Mosca a tutela e protezione della città da parte di eventuali incursioni ucraine. C’è da domandarsi se si tratti di reale paura del nemico o se, ancora una volta, non si tratti piuttosto di indurre la popolazione della capitale a percepire la minaccia come incombente e giustificare la necessità di una guerra che non sembra proprio volgere al termine. Almeno a breve.
1 P. Kanaev, Генерал Лапин возглавил главный штаб Сухопутных войск (Il generale Lapin nominato capo di stato maggiore delle forze di terra), RBC, 10/01/2023. https://www.rbc.ru/politics/10/01/2023/63bd09389a794708391c3120.
2Александр Лапин — российский генерал, которого Рамзан Кадыров обвиняет в отступлении в Украине и называет "бездарем" Что о нем известно? И как действовали его войска? (Alexander Lapin è un generale russo che Ramzan Kadyrov accusa di essersi ritirato in Ucraina e definisce "una mediocrità" Cosa si sa di lui? E come hanno agito le sue truppe?), Meduza, 28/10/2022. https://meduza.io/feature/2022/10/28/aleksandr-lapin-rossiyskiy-general-....
3"Сота": командующий группировкой "Центр" Александр Лапин угрожал пистолетом командиру мобилизованных, отступивших в Луганской области ("Sota": il comandante del gruppo "Centro" Alexander Lapin ha minacciato con una pistola il comandante dei coscritti in ritirata nella regione di Luhansk), Meduza, 26/10/2022. https://meduza.io/news/2022/10/26/sota-komanduyuschiy-gruppirovkoy-tsent....
4 N. Cristadoro, Putin mobilita un popolo in smobilitazione, Limes “L’Ombra della Bomba”, n. 9/22.
5“You *sshole, we have nothing to fight with”: Wagner PMC mercenaries appeal to head of Russia’s General Staff, Prigozhin pays them a visit, The Insider, 27/12/2022. https://theins2.press/en/news/258202.
6 N. Cristadoro, Il codice etico nelle Forze Armate russe nella guerra moderna e contemporanea, Nuova Antologia Militare n. 3, 2022.
7 N. Cristadoro, Valery Vasilyevich Gerasimov. Il militare e il teoreta, Difesa Online, 11/03/2022. https://www.difesaonline.it/evidenza/approfondimenti/valery-vasilyevich-....
8Ucraina, Russia: “Zelensky figlio di put.... dell'Occidente” – Video, Adn-Kronos, 22/12/2022. https://www.adnkronos.com/ucraina-russia-zelensky-figlio-di-put-dellocci....
9Война и Пир. Гламурная жизнь заместителя министра обороны Тимура Иванова (Guerra e Festa. L'affascinante vita del vice ministro della Difesa Timur Ivanov), 20/12/2022. https://navalny.com/p/6631/.
10 N. Cristadoro, I patti siglati “col sangue” tra Mosca e gli alleati, Limes “L’intelligenza non è artificiale”, n. 12/22.
11 Lukashenko visits training ground where Russian units of joint troops group are deployed, Tass, 06/01/2023. https://tass.com/world/1559251.
12 13/01/2023. https://twitter.com/pavellatushka.
13Война и Пир. Гламурная жизнь заместителя министра обороны Тимура Иванова (Guerra e Festa. L'affascinante vita del vice ministro della Difesa Timur Ivanov), 20/12/2022. https://navalny.com/p/6631/.
14Ucraina, la scure di Zelensky sul governo, raffica di dimissioni, lasciano in 10, Ansa, 24/01/2023.
15 N. Cristadoro, Putin mobilita un popolo in smobilitazione, Limes “L’Ombra della Bomba”, n. 9/22.
16Ucraina, ex comandante del gruppo Wagner ha chiesto asilo in Norvegia, Sky tg 24, 18/01/2023. https://tg24.sky.it/mondo/2023/01/18/ucraina-ex-comandante-gruppo-wagner...
17 M. Ilyushina, J. Stein, D.L. Stern, Ukrainian Drones Hit 2 Bases Deep in Russia brazen attack, The Washington Post. 05/12/2022. https://www.washingtonpost.com/world/2022/12/05/explosions-hit-two-bases....
S. Korshak, Ukrainian Commandoes Raid Airfield Deep Inside Russia, Destroy Frontline Helicopters, Kyiv Post, 01/11/2022. https://www.kyivpost.com/russias-war/ukrainian-commandoes-raid-airfield-....
Foto: MoD Federazione Russa