Polonia, Romani e Turchia – ha aggiunto Lukyanov – hanno deciso di far parte dello “Scudo”, ospitando alcune delle componenti del sistema di difesa, ma è importante che questi paesi sappiano che così facendo diverranno ostaggi della politica irresponsabile americana.
Oltre alla crisi in Crimea che di fatto ha interrotto ogni rapporto tra USA e Russia, l’attrito tra i due paesi per la realizzazione di un sistema di difesa missilistica in Europa non è mai diminuito.
Gli Stati Uniti, attualmente, hanno due sistemi di difesa missilistica strategica sul proprio territorio: in Alaska e in California. O meglio, questi sono quelli che conosciamo ufficialmente. La Russia ha un solo sistema dello stesso tipo attivo nella zona di Mosca. Lo “Scudo” dovrebbe ampliarsi comprendendo un terzo sito di difesa missilistica in Europa.
Mosca pretende garanzie legalmente vincolanti, mentre la NATO assicura garanzie sulla parola. Il timore è che gli elementi di difesa missilistica che a poco a poco giungeranno in Europa possano violare l'equilibrio strategico e minare la stabilità internazionale.
Lo Scudo russo
Un attacco missilistico ad alta precisione contro la Russia sarebbe efficace soltanto se portato da lanciatori schierati nella regione artica. I missili lanciati da altre regioni sarebbero in grado di distruggere obiettivi marginali, a causa della loro limitata autonomia di volo.
Allo stato attuale, la forza della flotta da guerra del nord non è sufficiente per garantire la sicurezza nazionale. Sarebbe necessario schierare in zona anche un forte contingente di aerei da combattimento, per intercettare e distruggere i missili in arrivo durante il loro avvicinamento al confine con la Russia.
Il ministero della difesa ha annunciato l'intenzione di riaprire almeno sette aeroporti sulla parte continentale del circolo polare artico, messi fuori servizio nel 1993.
Il territorio artico si ritiene ricco di riserve di petrolio e gas non ancora sfruttate. Da sempre la regione è al centro delle controversie tra Stati Uniti, Russia, Canada, Norvegia e Danimarca.
Franco Iacch