Si moltiplicano gli appelli del riconosciuto (ma poco sovrano) governo di unità nazionale di al-Sarraj nei confronti di Ankara.
La nuova offensiva, lanciata dal generale Haftar con l’appoggio di circa 200 contractors russi, non ha ancora conquistato Tripoli, ma ormai sembra solo questione di tempo.
Erdogan dovrà decidere, nei prossimi giorni, se continuare la sua politica volta ad imporre la Turchia come Potenza regionale nonché attore principale nel bacino del Mediterraneo (escludendo gli USA ovviamente).
A sentire le dichiarazioni, alla televisione turca, del Sultano di Ankara ci sarebbero pochi dubbi circa le sue intenzioni: Noi proteggeremo i diritti della Libia e della Turchia nel Mediterraneo orientale.
Anzi, secondo fonti bene informate, le forze speciali turche starebbero già operando a Tripoli, in appoggio alle milizie di Misurata (di etnia turca) che, se dovesse vincere Haftar, vedrebbero distrutte le proprie velleità autonomiste.
Eventualmente, non ci sarebbe uno scontro scontro con i russi, in quanto Ankara ha ottimi rapporti con il Cremlino, come evidenziato dal ritiro dal programma americano F-35 e acquisizione dei sistemi superficie-aria russi S-400.
Il problema si verrebbe a creare con l’Egitto, alleato di Haftar e fortemente interessato a contrastare le mire economiche di Erdogan. Perché il punto è proprio questo: installare una base navale turca in Tripolitania per poter meglio controllare la ZEE (Zona Economica Esclusiva), recentemente stabilita tra la Libia e la Turchia (che de facto ignora le acque territoriali della Grecia).
In tutto questo che ruolo sta assumendo l’Italia?
Martedì scorso il nostro ministro degli esteri ha incontrato al-Sarraj a Tripoli e successivamente ha avuto colloqui anche con il generale Haftar. Tuttavia la nostra linea rimane sempre la stessa: soluzione diplomatica tra le parti in contrasto e piena fiducia negli organismi internazionali. Inoltre il ministro ha annunciato l’istituzione di un inviato speciale per la Libia che risponderà direttamente alla Farnesina, in modo di poter avere un rapporto di alto livello politico continuo, intenso, con tutte le parti libiche.
Quindi, il premier riconosciuto dagli organismi internazionali al-Sarraj chiede truppe e mezzi (che la Turchia è disposta a fornire), e noi gli mandiamo un mediatore.
I politici italiani (di qualunque schieramento) sono troppo occupati a guardare i sondaggi delle prossime elezioni regionali – ovviamente non potremmo certo pretendere che il movimento delle sardine si pronunci in merito a temi di politica estera, anche se fondamentali per il Paese – per occuparsi di geopolitica (sempre che sappiano cosa significhi questo termine).
Se i soldati turchi interverranno in Libia noi italiani potremmo sperare solo in un aiuto egiziano, al fine di preservare i nostri interessi energetici.
Infatti, se i turchi si insedieranno stabilmente in Tripolitania, controlleranno le risorse energetiche della Libia estromettendo qualunque altro attore, pubblico o privato che sia.
Foto: Türk Silahlı Kuvvetleri / web