In merito all’attacco missilistico portato a termine dalle forze aereonavali di Stati Uniti, Francia e Regno Unito, la scorsa settimana, molti analisti si sono chiesti se l’apparato militare russo – schierato sul territorio siriano – avrebbe potuto contrastarlo efficacemente.
Dal 2013, anno di inizio delle operazioni russe in Siria, le unità della Marina militare hanno notevolmente incrementato la propria presenza nel Mediterraneo orientale. Nel marzo dello stesso anno viene formato il Gruppo Permanente per il Mediterraneo, come costola delle unità della Flotta del Mar Nero.
Nel 2014 Mosca annuncia l’intenzione di di rafforzare tale gruppo con un sommergibile classe VARSHAVYANKA e due corvette lanciamissili classe BUYAN-M; nel 2015 stipula un accordo con i governi cipriota, egiziano e quello di Tobruk per l’attraversamento delle loro acque territoriali e per l’utilizzo delle loro basi navali. È indubbio che, il conflitto siriano, ha permesso al Cremlino di gettare le basi per una presenza duratura nonché un accesso regolare e permanente alle proprie unità militari al Mediterraneo e al Vicino Oriente.
La Task Force mediterranea della Marina russa è composta da un numero abbastanza ridotto di battelli: tre navi presenti più o meno stabilmente nell’area, con l’aggiunta di altrettante unità rischierate periodicamente a rotazione. Tra le unità maggiormente impiegate, i due incrociatori lanciamissili classe SLAVA (il MOSKVA alla fine del 2015, poi il VARYAG all’inizio del 2016), equipaggiati con 8 lanciatori ottupli per missili S-300F (SA-N-6 GRUMBLE in codice NATO), versione imbarcata del sistema di difesa aerea S-300, e uno dei sei sommergibili Project 636.3 classe KILO, come il ROSTOV-ON-DON che nel dicembre 2015 ha effettuato il primo lancio di un missile da crociera SLCM 3M-14K KALIBR contro obiettivi situati sul territorio siriano.
Oltre all’apparato navale, il Cremlino ha schierato in Siria diversi sistemi di difesa aerea ground based che garantiscono la difesa della base aerea di Jableh e di quella navale di Tartus. Nella prima base, dal novembre 2015, è schierata una batteria di S-400 TRIUMF (foto apertura / video in fondo). Il sistema missilistico di difesa aerea stratificato è completato dalla presenza di un numero imprecisato di sistemi a medio raggio M1/M2 (SA-17) e da tre complessi misti a corto raggio PANTSIR-S1/S2 (foto). Per la protezione della base aerea di Tartus, dal settembre 2016, è presente una batteria di S-300V4 (SA-23 GIANT/GLADIATOR in codice NATO), giunti in Siria via mare dalla Crimea, dotata di veicoli da trasporto e lancio cingolati (TEL) 5P85, radar d’ingaggio/sistema di tiro in banda I/J 30N63 FLAP LID A e radar di sorveglianza 36D6 TIN SHIELD e 76N6 CLAM SHELL per le basse quote. Questi dispositivi missilistici consentono a Mosca di controllare la maggior parte dello spazio aereo del Mediterraneo orientale.
Grazie alla presenza di tali sistemi di difesa aerea integrata, la bolla antiaerea russa è in grado di coprire l’intero spazio aereo cipriota, 2/3 di quello israeliano, oltre la metà di quello giordano e gran parte di quello turco meridionale. Inoltre, la massiccia rete di sistemi di difesa aerea integrata e stratificata, è implementata da importanti assetti dedicati alla guerra elettronica, come il sistema 1LR257 KRASUKHA-4, presente nella base di Jableh, in grado di accecare i velivoli AWACS, i dispositivi di ricezione del segnale satellitare di UAV e missili cruise, entro un raggio di 300 km, nonché i satelliti in orbita a bassa quota.
Oltre ai sistemi antiaerei, sul territorio siriano è presente una batteria mobile di K-300P BASTION-P, utilizzata nel novembre 2016 per colpire bersagli terrestri nell’area di Homs ed Idib, dimostrando una capacità land attack che non era mai stata sperimentata riguardo ad un sistema concepito per la difesa costiera antinave. Inoltre, alcuni osservatori hanno testimoniato la presenza di una coppia di veicoli di trasporto e lancio MZK-79306 per sistemi balistici 9K720 ISKANDER-M (SS-26 STONE in codice NATO - foto) nella parte nordorientale della base di Jableh.
Tanto la base navale di Tartus, quanto quella aerea di Jableh sono state fondamentali nel permettere l’afflusso di rinforzi e materiali necessari ad implementare il dispositivo militare del Cremlino schierato nel teatro siriano. Tuttavia un punto interrogativo riguarda la effettiva capacità dei sistemi antiaerei dispiegati. L’attacco anglo-franco-statunitense potrebbe avere avuto lo scopo di testare l’effettiva capacità A2/AD (Anti-Access/Area-Denial) della bolla russa presente in Siria, nel caso specifico la copertura dei sistemi antiaerei integrati. Il conseguente atteggiamento passivo sembrerebbe derivare da una chiara scelta politica di Mosca, finalizzata a mascherare le reali capacità di impedire l’accesso – in una determinata regione - ad una forza ostile.
(immagini: MoD Fed. russa)