Non si sono ancora spente le polemiche su quanto accaduto a Roma dopo la partita della Lazio, che il ministro dell’interno Salvini, il social ministro, ha fatto una comparsata – a dire il vero molto affettuosa – dagli amici ultrà del Milan abbracciando fieramente il loro leader, un pregiudicato per reati connessi al traffico di droga. Sembrava di assistere a quei film dove il presidente di qualche repubblica orientale immaginaria stringe rapporti con la malavita locale poiché, non si sa mai, potrebbe averne bisogno per coprire i suoi affari. Ma non basta. Il ministro dovrebbe rendersi conto che le sue azioni non sono più quelle di un militante della Lega che, capello con i corni e birra in mano, va a Pontida per festeggiare la nascita di un fantomatico regno della di Terra di Mezzo. Ora la carica istituzionale che ricopre porta con se delle responsabilità ben precise: una presa di coscienza su ciò che è legale e ciò che non lo è. Lo slogan “indagato tra gli indagati”, proclamato con fierezza dal capo del Viminale, è di una gravità assoluta soprattutto perché avvalora un concetto di illegalità che qui in Italia sta oramai surclassando quello di giustizia.
Salvini è un leader acclamato dalla gente anche perché ha imparato a rispondere quello che la gente vuol sentire, sventolando i suoi mantra: lotta all’immigrazione e gli italiani per primi. Promesse che mantiene in modo alquanto grottesco, adottando provvedimenti che non risolvono alcun problema, ma che soddisfano il bisogno popolare di “vendetta sociale” nei confronti di anni di inettitudine della sinistra. E qui, come per incanto, si palesano i veri responsabili della fenomenologia Salviniana, gli artistopopolari dell’opposizione che con motti diametralmente opposti a quelli del capo leghista, hanno gettato discredito sull’essere italiani. Il maldestro Salvini trae linfa vitale da tutti quegli anni in cui la signora Boldrini e soci, hanno punito ingiustamente il significato di patria assimilandolo in modo erroneo a quello di nazionalismo. Tanto oramai la lotta per un parlamento istruito, oltreché pulito, è disgraziatamente perduta.
Queste considerazioni, ovviamente giudicabili a prima vista “di parte”, nascono come risposta a quanto è accaduto a Roma e non per una partigianeria politica. Difesa Online si occupa di affari militari, tuttavia prendendosi la briga di lanciare sondaggi popolari sia sul ministro Trenta, sia su Salvini, cerca di entrare in merito su questioni di sua competenza come difesa, esercito, polizia e ordine pubblico. Il fatto che un carabiniere abbia rischiato di essere massacrato da un gruppo di tifosi cozza terribilmente con l’immagine del ministro dell’interno che acclama una curva ultrà con tanto di stretta di mano al loro capo pregiudicato; qui non si tratta di Lega, PD o Movimento 5 Stelle, è solo una questione di educazione e di minimo savoir-faire politico. Forse Salvini pensava che essendo gli aggressori del carabiniere della Lazio non erano come quelli del Milan, tuttavia nei fatti purtroppo la valutazione è drammaticamente sbagliata. Superficialità, questo è il vero problema. Lo stesso che ha suggerito al buon vice presidente del consiglio di definire Hezbollah terroristi, solo per strizzare l’occhio ad Israele. Dichiararsi contro questi atteggiamenti verrà sicuramente preso come una provocazione, una fatto che darà da mangiare agli haters che infestano le pagine di Facebook. È Natale e quindi un regalo andava fatto.
In questo caso essere odiati è un rischio che dobbiamo correre poiché stare in silenzio di fronte a tali accadimenti risulterebbe indecente, ma soprattutto incoerente con quanto dichiarato a proposito di tifoserie organizzate, criminalità e società calcistiche. In mezzo a tutto questo ci sono ragazzi che portano una divisa e che ogni domenica si recano allo stadio chiusi dentro a delle camionette per tutelare l’ordine pubblico. Fraternizzare con un pregiudicato della curva e sostenere, con vanto, la tesi dell’indagato tra gli indagati ha lo stesso valore delegittimante del ministero della difesa quando nega il valore dei suoi soldati e delle loro missioni. Un ministro non può, non deve fare questo. Aspettiamo con pazienza, la prossima domenica a San Siro, lo striscione “Salvini uno di noi” e poi la frittata è fatta.
(foto: Twitter)