L’inchino

(di Paolo Palumbo)
11/02/19

Sul web e sui social forum impazza la foto del generale Graziano messo a 90° di fronte al presidente dell’Unione Europea Junker. Un’immagine che ha fatto rabbrividire quanti si illudono di vedere presto una nuova Italia forte, più virile, che non scende a compromessi. Un’Italia che vuole rinnovarsi, decisa a dire no su tutti i fronti, che affronta battaglie diplomatiche contro “i francesi che si incazzano”, come ricordava una celebre canzone di Paolo Conte, e che elegge Lino Banfi (noto estimatore di Edwige Fenech) ad un seggio dell’UNESCO. In barba al decisionismo salviniano e al gigionismo Penta Stellato, sembra che il governo del cambiamento non riesca a disfarsi di un vestito poco elegante, cucito di fretta e con filo poco resistente.

Lo Stato Maggiore della Difesa persevera nella sua triste immagine di divano impolverato, collocato nel salone di una casa abbandonata. La postura di Graziano, infatti, sintetizza in modo coerente gli alti gradi della gerarchia militare italiana, distanti anni luce dalla realtà di reparti operativi che ogni giorno provano a fare il loro dovere combattendo sia sul fronte interno, sia all’estero. È dunque necessario ribadire che l’esercito italiano, storicamente condannato allo stereotipo di “italiani brava gente”, si discosti dall’incontrollata bramosia di prostrarsi di uno dei suoi funzionari (perché quello è) più in vista. Purtroppo lo fa in modo silenzioso, poiché ad un militare (in questo triste paese) sembra non sia dato far sentire la propria voce anche quando viene messa in pericolo la sua stessa dignità. Certo, la riverenza di Graziano potrebbe essere anche involontaria, tuttavia sembra che le vertebre del generale italiano siano abituate ad una postura ahimè sempre più comune ai vertici con le stellette.

La storia nazionale annovera tra i suoi comandanti militari figure di spicco che hanno saputo dare onore e dignità ai fanti italici, anche nei momenti più oscuri. Dai tempi dell’esercito del Regno italico di Napoleone, fino all’ultima guerra, la capacità molti ufficiali italiani ha riscontrato il plauso di alleati e avversari, a dispetto di un alto comando non sempre efficiente, per non dire in perenne stato confusionale. Proprio l’epoca napoleonica ha insegnato quale sia il valore di un generale che, alla testa dei suoi uomini, non rifuggiva dall’essere un bersaglio per il nemico, marciando con arroganza, coraggio e sfrontatezza verso l’obiettivo. Ora, l’immagine romantica di ufficiali impiumati, con divise dorate, non ci appartiene più, ciò nondimeno continuano ad esistere due categorie di comandanti: quelli da salotto e gli altri che preferiscono la polvere dei teatri operativi. Giocoforza i due caratteri si contaminano, dacché siamo consapevoli che nella carriera di un generale esistano diversi momenti in cui egli debba respirare l’olezzo del fronte e successivamente i profumi dei lauti rinfreschi dello Stato Maggiore romano.

Per uscire con garbo da questo sdoppiamento sarebbe salutare mantenere una certa coerenza con il proprio carattere, ma soprattutto conservare salda la memoria di quella che era la vita al reparto, tra i propri uomini. Da quanto abbiamo assistito in questi ultimi anni, la pletora di greche con le stellette che gironzola nei corridoi del ministero ha perso molto dei tratti militareschi con i quali si sono formati; la politica – come le sirene per Ulisse – continua ad esercitare un fascino irresistibile che assicura oro, potere e paillette a quanti si prodigano a riempire di “sissignore” la loro vita.

Il povero generale Graziano è solo la punta di un vertice che conta anche personaggi molto più subdoli i quali, malgrado indossino un’uniforme, di militare hanno ben poco. Una sfilata di politici in divisa che sa governare il vento meglio del già citato Ulisse, indirizzando la propria carriera dove Eolo spira più forte, garantendosi posti di prestigio e tanti bottoni da premere. Questi signori non sono il nostro esercito, parimenti quell’inchino non può e non deve offendere chi – sempre meno – continua ad indossare con onore l’elmo di Marte.