La situazione delle forze armate italiane: l’artiglieria trainata

(di Tiziano Ciocchetti)
25/06/19

Attualmente schierato dai tre reggimenti di artiglieria terrestre (il 185° rgt art. paracadutisti della brigata Folgore impiega i mortai rigati MO-120 RT da 120 mm) dell’Esercito, l’obice da campagna FH-70 da 155/39 mm è il prodotto di una collaborazione internazionale.

Nel 1968 viene firmato dal Regno Unito e dalla Germania Federale un memorandum d’intesa per lo sviluppo congiunto di un obice da 155 mm destinato a sostituire il cannone da 140 mm britannico e l’obice M-114 da 155 mm in dotazione all’esercito tedesco-occidentale.

Le specifiche principali per il pezzo erano: alta celerità di tiro con capacità di tiro celere; gittata ed effetti letali accresciuti per mezzo dell’impiego di una nuova serie di munizioni; mobilità elevata e agevole messa in batteria.

Vengono costruiti 19 prototipi (nel frattempo l’obice viene denominato FH-70) e, nel 1970, l’Italia si associa a pieno titolo al progetto.

Il nuovo obice viene costruito in tre linee di produzione: una nel Regno Unito (Vickers Shipbuilding an Engineering Ltd), una nella Germania Federale (Rheinmetall), una in Italia (OtoMelara).

Il Regno Unito ordinò 71 pezzi, la Germania 216 e l’Italia 164.

L’affusto è a code divaricabili e nella sua parte anteriore è installato un motore ausiliario (APU). Ciò consente all’obice di muovere autonomamente su strada ed in terreno vario alla velocità massima di 16 km/h. Il peso in assetto di marcia e di combattimento è pari a 9.300 kg.

Per soddisfare l’esigenza del tiro celere è installato un sistema di caricamento semiautomatico che funziona con qualsiasi angolo di elevazione. Si può raggiungere una celerità di tiro massima di tre colpi in 13 secondi, mentre la celerità normale è di sei colpi al minuto.

L’obice FH-70 impiega quattro tipi principali di proietti: HE del peso di 43,5 kg; il nebbiogeno (espulsione dal fondello); l’illuminante (eroga un milione di candele per la durata di un minuto); il proietto semiautopropulso M-549A1 americano, che ha una gittata di 30.000 metri.

Recentemente il 3° reggimento artiglieria da Montagna della brigata Julia sta sperimentando il rientro in servizio degli obici da Oto 56 da 105/14 mm, ritirati da servizio da diversi anni.

Progettato per le esigenze operative delle brigate alpine (facilità di trasporto su terreno montagnoso) e della brigata paracadutisti (possibilità di aviolancio), l’obice someggiabile Oto Melara 56 da 105 mm è entrato in produzione nel 1957 e venne adottato da molti altri paesi. Nel 1984 ne erano stati prodotti 2.400 esemplari, impiegati in operazioni belliche in molti teatri.

Gli inglesi lo hanno utilizzato nello Yemen del Sud e durante il conflitto nel Borneo; gli argentini nella campagna della Falkland.

L’obice ha una bocca di fuoco molto corta con freno di bocca a molti deflettori, freno idropneumatico e mollone elicoidale di recupero, otturatore a cuneo a scorrimento verticale. L’affusto è del tipo a code divaricabili e le ruote sono provviste di pneumatici per il traino ad alta velocità.

Il Modello 56 può essere scomposto in 11 carichi per il trasporto a mezzo someggio in terreno vario, e nelle esercitazioni lo scudo viene rimosso per ridurre il peso. L’obice può essere trainato da un Lince oppure può essere trasportato sospeso da un elicottero AB-205.

Il munizionamento comprende un proietto HE del peso di 21 Kg che la velocità iniziale massima di 472 m/sec., ma può impiegare anche proietti HEAT che pesano 16,7 Kg e possono perforare 102 mm di acciaio.

Nell’Esercito italiano era stato sostituito dai mortai pesanti francesi da 120 mm, tuttavia anni di missioni all’estero hanno dimostrato l’utilità di poter disporre di un pezzo d’artiglieria con caratteristiche balistiche e di trasporto differenti, come quelle possedute dall’Oto 56 da 105/14 mm.

Foto: Esercito Italiano