Si Salvi…ni chi può dall’immigrazione irregolare: lo dice la Direzione Investigativa Antimafia

(di Avv. Marco Valerio Verni)
02/08/19

L’immigrazione irregolare è strettamente collegata alla presenza, sul nostro territorio, di organizzazioni criminali straniere, mafia nigeriana in primis.

Non è il Ministro dell’Interno, Matteo Salvini, a raccontarlo in uno dei suoi interventi politici, ma è la Direzione Investigativa Antimafia ad averlo scritto, in più passaggi, ed in maniera chiara, netta, ed inequivocabile, nel suo rapporto riguardante la propria attività svolta ed i risultati conseguiti nel secondo semestre del 20181.

Significativo, intanto, che, nel voluminoso rapporto (sviluppato in quasi seicento pagine: 567, per la precisione), una corposa parte (da pagina 506 a pagina 542), sia dedicata ad un focus proprio sulla criminalità organizzata nigeriana in Italia, a riprova della ormai conclamata presenza di quest’ultima nel nostro Paese e del suo elevatissimo tasso di ferocia e pericolosità.

Ebbene, in questa analisi, peraltro necessariamente sintetica, viene, innanzitutto, evidenziata una premessa sul metodo investigativo (che, mutuato dal contrasto alle mafie nostrane, forse è mancato in alcune realtà italiane per troppo tempo e, in alcune di esse, tuttora latita), che dovrebbe caratterizzare il modus operandi et cogendi degli inquirenti, importante per comprendere il ragionamento successivo:

in questo caso di grande rilievo è l’attenta precomprensione di una delittuosità, come quella nigeriana, che, se letta per casi singoli, è destinata ad incidere unicamente sulla percezione della sicurezza di una delimitata area territoriale. È necessario, invece, saper leggere il fenomeno nel suo insieme, conoscerlo dal suo interno - ed in questo un grande apporto è pervenuto, negli ultimi anni, da alcuni collaboratori di giustizia nigeriani, oltre che dalle attività tecniche - collegando talvolta gli eventi a realtà territoriali tra loro anche molto distanti. Saperlo comprendere, quindi, come un vero e proprio macrofenomeno, la cui analisi non può prescindere dalla conoscenza delle sue origini e delle sue proiezioni internazionali: esattamente nello stesso modo in cui abbiamo im-parato a comprendere e ad affrontare la ‘ndrangheta e le altre mafie storiche autoctone, forti di un know how investigativo consolidato nel tempo e particolarmente competitivo a livello internazionale (pag. 506).

Una visione globale, sistemica e sistematica che, come si diceva prima, non sempre sembra essere ancora presente in alcune procure e che, peraltro, fu quella che portò gli stessi Falcone, Borsellino, Chinnici e tutti i magistrati del famoso pool a poter istruire lo storico maxi-processo del 1986, a criticare aspramente i colleghi che li ebbero a precedere, perché non in grado di vedere gli episodi criminosi nel loro insieme - cosa che avrebbe permesso di accorgersi dell’organizzazione criminale che vi era dietro -, ma di averli considerati come a sé stanti, permettendo così alle mafie di crescere e ramificarsi in tutti i gangli della società.

Un errore che, forse, si è compiuto per qualche tempo anche con questo nuovo, terribile fenomeno, forse con la convivenza e la connivenza di certa parte politica. Chissà.

Comunque, senza lasciarsi andare a considerazioni di altra natura, e rimanendo ancorati ai dati tecnici del rapporto in questione, procedendo oltre, a pagina 511, si legge che:

In considerazione della spiccata vocazione transnazionale delle organizzazioni criminali nigeriane, l’Italia, anche per la posizione strategica che riveste nel bacino del Mediterraneo, è ovviamente interessata dalle attività illecite stanziali o di transito nei settori illeciti nei quali risulta coinvolta tale organizzazione criminale. Permeata da uno spiccato associazionismo, in cui interagiscono diversificati centri di interesse, la criminalità nigeriana si è sviluppata al di fuori della madrepatria, sfruttando i flussi migratori.

Successivamente, alla pagina seguente, si riporta che: Tra le organizzazioni criminali nigeriane operanti in Italia è emerso, negli anni, un violento contrasto tra gruppi più strutturati, operanti all’interno di sistemi impermeabili e autoreferenziali, rispetto ad altri improntati su modelli di tipo banditesco, rendendo talvolta di difficile interpretazione anche taluni episodi di violenza registrati nelle strade delle nostre città. Ovviamente esiste un legame tra il fenomeno migratorio irregolare, la tratta di persone e lo sfruttamento sessuale. In tale ambito l’organizzazione criminale controlla l’attività delittuosa in tutte le sue fasi, dal reclutamento fino all’invio delle donne nei Paesi al di fuori del territorio africano e alla messa su strada. Un processo criminale attuato attraverso modalità e fasi ben precise.

Continuando, si legge, ancora, che L’immigrazione irregolare si è rivelata, pertanto, un’occasione propizia per il compimento di gravissimi reati come la tratta di persone prevalentemente a scopo di sfruttamento sessuale, commessa nella maggior parte dei casi in danno di ragazze in giovanissima età.

Agli stessi estensori del rapporto in esame, non sfugge peraltro di ricordare che La tratta di esseri umani costituisce un crimine transnazionale, in tal senso definito dall’art. 3 del Protocollo addizionale della Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale per prevenire, reprimere e punire la tratta di persone, in particolare di donne e bambini. Facile, anche qui, cadere nella tentazione, politica, ma anche giuridica, di sottolineare la totale miopia, di fronte a ciò, dei nostri governi, precedenti a quello attuale, oltre che delle stesse istituzioni europee o delle stesse Nazioni Unite che, al di là di sporadiche dichiarazioni di facciata, e di qualche proposito inserito negli scopi di qualche missione internazionale, non sembrano mai aver potuto (o, forse, voluto) contrastare in maniera davvero efficace tali situazioni.

Continuando, a pagina 513, viene scritto che Stando a quanto emerso nel corso di recenti inchieste, coordinate da diverse Procure Distrettuali nazionali, il “trafficante” delle vittime di tratta è parte di una “rete” criminale transnazionale radicata nei Paesi di origine dei flussi migratori, ove realtà caratterizzate da estrema povertà o da contesti socio-politici instabili diventano fattori di attrazione per le organizzazioni criminali dedite a tali attività illecite. Si tratta di sodalizi strutturati in “cellule” operanti nei singoli Paesi interessati dalla “filiera” criminale, ognuna delle quali interviene all’occorrenza, occupandosi di una determinata “fase” che caratterizza la tratta. Un passaggio molto importante, che evidenzia la capillarità di queste organizzazioni che, come si ricorda subito dopo, uniscono al trafficking l’attività di spaccio di sostanze stupefacenti: Il settore del trafficking risulta strettamente connesso con quello degli stupefacenti: la criminalità nigeriana sembra utilizzare opportunisticamente gli stessi canali e le medesime strutture per i diversi “servizi” criminali, operando, ormai da tempo, come fornitrice, mediatrice ed organizzatrice dei traffici di droga anche in molti Paesi europei ed extraeuropei.

Si tralasciano qui, per motivi di spazio, altri spunti di analisi e di riflessione che, interessanti per comprendere il fenomeno delle organizzazioni criminali nigeriane, altro non farebbero che rafforzare quello che qui si è voluto mettere in evidenza: ossia, per tornare al punto di partenza, lo stretto legame tra immigrazione irregolare e presenza, sul nostro territorio, di organizzazioni criminali straniere e, in particolare, di quella nigeriana. Una tra le più violente e pericolose al mondo. Con buona pace di chi voglia affermare il contrario, di chi inciti all’accoglienza indiscriminata, di chi attribuisca ad una ideologia politica la denuncia della assurdità, per le conseguenze fin qui richiamate, di una immigrazione incontrollata ed “a prescindere”, senza accorgersi (per dolo, dettato dall’interesse economico, o per negligenza) che, invece, si tratti di dati oggettivi, la cui sottovalutazione porta a mietere vittime: straniere (nigeriane, innanzitutto, limitandosi al tema trattato: vedasi i numerosi articoli di cronaca) o italiane (Pamela Mastropietro, per citare l’esempio più eclatante ed atroce, le cui fotografie - raffiguranti un corpo disarticolato chirurgicamente, scarnificato, esanguato, asportato di tutti gli organi interni - ben dipingono la ferocia di cui sono capaci certe persone, entrate in Italia sui barconi).

Il problema dell’immigrazione - lo si è detto altre volte - si affronta a trecentosessanta gradi: senza ipocrisie e valutando i pro ed i contro. Magari, ad esempio, sviluppando i corridoi umanitari, valutamdo degli hotspot in Tunisia, che peraltro ha ricevuto ingenti finanziamenti, pure di recente, dall’Unione Europea per lo sviluppo del proprio sistema sociale ed economico (ben 305 milioni di euro2: ma come, non è un porto non sicuro?) e che permetterebbero, come già dimostrato da precedenti esperienze, di poter garantire il rifugio in Italia e poi, da lì, anche negli altri paesi del nostro continente, a chi veramente ne abbia bisogno, con una evidente sicurezza tanto di chi accoglie quanto di chi viene accolto.

Quale migliore occasione, per questo paese, di dimostrare la fiducia accordatagli, pena la revoca della cospicua somma di denaro elargita?

A proposito: qualcuno informi Saviano. I barconi, o alcune navi, nell’attuale sistema, spesso, sì…sono veri e propri taxi: della criminalità.