Nonostante siano stati gli inglesi ad introdurre, nella Prima Guerra Mondiale, il carro armato sul campo di battaglia, i francesi, poco dopo, svilupparono interessanti carri d’assalto.
Un esempio furono i carri SCHNEIDER, con un peso di 12.500 kg, e il SAINT CHAMOND che raggiungeva il peso di 23.500 kg, con una velocità su strada di 12 km/h.
Tuttavia il primo carro di successo fu il Renault FT-17, con due membri d’equipaggio, entrato in linea per la prima volta nel 1917. Dopo la guerra venne largamente esportato e rimase in servizio nell’Esercito francese fino al 1940, tanto che i tedeschi ne catturarono alcuni esemplari.
Il problema è che la dottrina francese non aveva recepito le grandi possibilità d’impiego dei carri sui moderni campi di battaglia, vedendoli più come mezzi difensivi (la versione mobile della Linea Maginot) piuttosto che come un veicolo per rapide azioni. Quindi, proseguendo un programma partito durante la Prima Guerra Mondiale, nella metà degli anni ’30 i francesi producono il CHAR B1 dal peso di 35.000 kg, il più grande carro al mondo allora, armato con un obice da 75 mm nella parte anteriore dello scafo e un pezzo da 47 mm in torretta. La protezione variava dai 14 ai 50 mm e la velocità su strada raggiungeva i 25 km/h. Alla vigilia dell’attacco tedesco, maggio 1940, ce ne erano in linea circa 400 ma, causa l’eccessiva lentezza e i problemi meccanici, non riuscirono a frenare l’avanzata delle divisioni di Hitler.
Oltre ai carri pesanti, l’industria francese produsse anche veicoli leggeri come il Renault R-35 e l’Hotchkiss H-35, ma il carro migliore che poterono schierare fu senz’altro il Somua S-35 da 19.500 kg (nella foto esemplari catturati). Armato con un pezzo da 47 mm e in grado di raggiungere i 40 km/h era perfettamente in grado di affrontare i Panzer III tedeschi che allora costituivano l’ossatura delle divisioni panzer.
Alla fine della guerra, dopo aver impiegato i Panther tedeschi di preda bellica, l’Esercito francese nel 1952 cominciò a schierare, insieme ai carri forniti dagli americani, gli AMX-13 di produzione nazionale. Un carro leggero, concepito per la ricognizione, con una massa di 15.000 kg, motore anteriore e tre uomini d’equipaggio, grazie all’utilizzo di un sistema di caricamento automatico per il pezzo da 75 mm di concezione tedesca. Ebbe una grande successo di vendite, infatti venne ordinato anche da Israele che lo impiegò nel Sinai nel 1956 e nella Guerra dei Sei Giorni nel 1967.
Con gli anni ’60 la Francia si senti pronta per produrre un nuovo MBT, ovvero l’AMX-30, un carro di seconda generazione caratterizzato da una mobilità elevata, nonostante un peso di 36.000 kg, e armato con un cannone ad anima liscia da 105 mm che però non poteva utilizzare il munizionamento standard della NATO.
Entrato in produzione nel 1966 venne adottato anche da Libia, Arabia Saudita, Iraq, Cile, Venezuela oltre che ovviamente dall’Esercito francese.
Con l’entrata in servizio, negli anni ’80, dell’M-1 ABRAMS americano, del CHALLENGER inglese e del LEOPARD 2 tedesco, Parigi si rese conto di aver bisogno di un carro di 3° generazione, per poter essere competitiva con gli Alleati occidentali.
Il programma di realizzare un nuovo carro venne affidato alla GIAT (ora NEXTER), che aveva maturato una certa esperienza con in suoi AMX-32 e AMX-40 (comunque mai entrati in produzione).
Per il nuovo carro, i progettisti scelsero un approccio non convenzionale, incrementando la protezione passiva, realizzata con materiali compositi di tipo avanzato, formata da piastre ceramiche per impastare i penetratori cinetici. Si scelse di adottare un sistema di caricamento automatico in modo tale da ridurre l’equipaggio a tre membri, così da avere meno superficie da proteggere.
Il LECLERC ha una configurazione tradizionale (con una massa di 56.500 kg), con volumi tipici degli MBT dotati di corazzatura composita.
La torretta è larga come lo scafo ed è dotata di vari iposcopi, con il cupolino del sistema principale di sorveglianza e condotta del tiro caratterizzato dalla presenza di una camera termica. Il pilota si trova nella parte anteriore dello scafo, mentre gli altri due membri dell’equipaggio, che occupano la torretta, si trovano in due locali, separati dal cannone e dal sistema di caricamento automatico.
La versione per l’Esercito francese (entrata in servizio nel 1992) è propulsa da un diesel sovralimentato SACM V8X che sviluppa 1.500 Hp di potenza, in grado di spingere il carro, su strada, fino a una velocità massima di 72 km/h.
La protezione si avvale di corazze modulari composite, in modo da sostituirle facilmente in caso di danneggiamento. Sebbene i francesi abbiamo puntato alle eccellenti doti di accelerazione, come forma di protezione attiva, l’ultima versione del LECLERC, denominata AZUL, è sicuramente in grado di resistere, su tutta la superficie, alle armi della categoria dei lanciarazzi RPG-7.
L’armamento principale è costituito da un cannone ad anima semi-liscia F1 da 120/52 mm, capace di impiegare tutta la gamma del munizionamento NATO. Questo pezzo può sparare quattro tipi di proiettili - che il sistema di caricamento automatico (22 colpi caricati) riconosce grazie ai codici a barre impressi sui bossoli - come il colpo APFSDS-T OFL 120 F1, anche con penetratore all’uranio impoverito; HEAT-MP-T OECC 120, con carica cava e EO 120 F1, con carica HE ad alto esplosivo.
Particolarmente sofisticato il sistema di scoperta e puntamento dei bersagli, infatti il carro francese si avvale del sistema FINDERS (Fast Information Navigation Decision and Reporting System), per la gestione del campo di battaglia, nel quadro di operazioni networkcentriche, consentendo all’equipaggio di ricevere informazioni in flusso continuo.
Il primo impiego operativo del LECLERC è in Kosovo (foto), nel 1999, con l’avanzata delle forze NATO dalla Macedonia. Il successivo schieramento avviene in Libano, nel 2006, nell’ambito della missione UNIFIL.
Attualmente la NEXTER è impegnata, insieme alla tedesca KRAUSS-MAFFEI WEGMANN, nella progettazione del nuovo carro europeo (si tratta di una famiglia completa di veicoli corazzati). Progetto del quale, al momento, l’Italia si è autoesclusa per incomprensibili scelte politiche.
Foto: U.S. Army / Bundesarchiv / Ministère des Armées / web