La guerra fredda non è mai finita

04/07/14

Qualsiasi segreto militare, può essere svelato laddove si sia in grado di leggere i dettagli: esiste una unità dell’aeronautica statunitense denominata: 704° Squadrone Munitions Support, Munns, ed composto da circa 134 militari con il compito di proteggere e mantenere operative le bombe a testata nucleare.

L’USAF è dotata di alcuni speciali veicoli denominati “Weapons Maintenance Trucks”, questi sono grandi camion equipaggiati con complesse tecnologie.

12 di questi mezzi sono assegnati alla Nato, e la loro peculiarità è quella della specifica progettazione per consentire ai tecnici di fare la manutenzione delle bombe nucleari nelle basi dove sono dislocate.

L'esperto americano di armamenti Hans Kristensen, direttore del “Nuclear Information Project” dell'organizzazione “Federation of American Scientists” con sede a Washington DC, studiando una foto scaricata da Google map, ha notato la presenza dei mezzi e dei militari del 704° in una base aerea, da questo ha dedotto che necessariamente in qualche shelter dell’aeroporto militare dovevano esserci per forza stoccate delle bombe nucleari. Inoltre, Kristensen è a conoscenza che esistono solo quattro unità Munss nell'aviazione militare statunitense, e sono dislocate nelle quattro basi in Europa dove le armi nucleari sono conservate per essere lanciate da aerei della nazione ospitante.

La fotografia satellitare era della base dell’aeronautica militare italiana di Ghedi.

Ulteriori indagini hanno permesso ad Hans Kristensen di stabilire che sono 20 gli ordigni in dotazione alla base e sono di due tipi: i B61-4 con potenze da 0.3 a 50 kiloton e i B61-3 con potenze da 0.3 a 170 kiloton.

L’aspetto più inquietante di questa vicenda, è che in caso di necessità queste armi verrebbero sganciate dai cacciabombardieri Tornado italiani, in quanto nell’aeroporto lombardo non ci sono velivoli statunitensi, al contrario di Aviano. A Ghedi, è inquadrato il sesto stormo caccia, i cui piloti vengono soprannominati “I diavoli rossi” e sono stati impiegati delle campagne aeree in Iraq nel 1991, in Bosnia nel 1996, in Kosovo nel 1999 e più recentemente in Libia.

I piloti italiani, congiuntamente alle missioni di bombardamento convenzionale, sono addestrati anche per un eventuale “strike nucleare”.

Ufficialmente, questo arsenale in Italia non esiste: né il governo di Washington né quello di Roma hanno mai ammesso la loro presenza, ma la pubblicazione dello studio di Kristensen ne ha svelato l’esistenza.

Giovanni Caprara

Fonte: Federation of American Scientists