Con l’attacco terroristico dell’11 settembre 2001 alle Torre Gemelle, venne lanciata l’operazione Enduring Freedom (7 ottobre 2001) contro le milizie talebane in Afghanistan.
L’Italia inviò un gruppo navale nell’Oceano Indiano, guidato dalla portaerei GARIBALDI che aveva a bordo anche elementi del GOI della Marina Militare.
Gli americani avevano attrezzato la portaerei KITTY HAWK (privandola dei caccia) come piattaforma per il lancio di operazioni speciali - attraverso l’inserimento di incursori per mezzo di elicotteri - in territorio afghano. Dopo il ritiro delle unità italiane, gli incursori del GOI continuarono ad operare a bordo della KITTY HAWK insieme ai Seal.
Nel dicembre del 2001 arrivò a Kabul un distaccamento del 9° Rgt COL MOSCHIN, nel quadro della missione ISAF, con un ruolo confinato all’area della capitale afghana.
Nel 2003 il governo Berlusconi prese la decisione di inviare un contingente, nell’ambito di Enduring Freedom (Nibbio 1 e Nibbio 2), di circa 1000 uomini a Khost, vicino al confine pakistano.
Distaccamenti del GOI e del Nono operarono congiuntamente (nel 2004 venne creato in ambito nazionale il COFS), secondo una procedura destinata a divenire ricorrente. Vennero pianificate ed eseguite le prime missioni in territorio ostile, mettendo a punto le tattiche più efficaci per questo particolare contesto.
La componente delle forze speciali di Nibbio, sistemate all’interno della base Salerno, operò in un contesto assai difficile, con una viabilità del territorio estremamente complicata e un nemico che conosceva il territorio e poteva contare su basi sicure.
Per la prima volta le nostre forze speciali si trovarono ad operare in un teatro impegnativo come quello afghano, dove in estate si registrano temperature molto alte che, insieme alle quote elevate, misero a dura prova la resistenza fisica dei nostri soldati.
Tuttavia, entrambe le operazioni ebbero successo, senza che si dovettero lamentare perdite (un certo nervosismo si venne a creare quando un distaccamento di acquisitori si trovò ad operare a 2 km dal confine Pakistano). Terminati i due turni operativi i reparti italiani si riposizionarono nuovamente a Kabul, dove la situazione era notevolmente più tranquilla.
Ma a Khost, invece, la situazione precipitò, con numerosi attacchi da parte delle milizie talebane, nonostante i massicci interventi del contingente statunitense. A testimonianza che, forse, l’approccio italiano, caratterizzato da un minore uso della forza e un maggiore uso della diplomazia, era quello più vantaggioso.
Come detto la missione ISAF si concentrava esclusivamente sull’area di Kabul, mentre nel resto del paese agiva Enduring Freedom. Si trattava quindi di una strategia fallimentare, in quanto, in un paese così grande, sarebbe stato più opportuno unificare le missioni, con un comando congiunto.
Si decise che l’ISAF operasse in tutto l’Afghanistan, diviso in Regional Command.
All’Italia venne assegnato il comando del Regional Command West (RCW) con sede nella città di Herat.
Proprio in questo periodo si dovette registrare il primo caduto delle forze speciali. Il comandante Vianini del GOI, morto in seguito ad un incidente aereo vicino a Kabul il 3 febbraio 2005 (foto).
Ben pochi sono a conoscenza del fatto che italiani e britannici decisero di creare un comando delle forze speciali di ISAF, il JSFC (con comando affidato a un britannico visto i rapporti privilegiati con le forze speciali statunitensi) che poteva avvalersi della Task Force 42 (britannica) e la Task Force 45 (italiana). La creazione di un comando unificato rappresentò una ulteriore prova della stima di Londra nei confronti delle nostre forze speciali.
La missione delle forze speciali italiane venne denominata Operazione Sarissa.
Iniziò il lavoro per allestire una Task Force di forze speciali italiane in grado di compiere un ampio spettro di missioni contro le milizie talebane.
L’impiego della TF-45 era stato deciso dal governo Berlusconi tuttavia, quando nel 2006 salì al potere il centro-sinistra, l’organizzazione dell’unità e il suo schieramento subirono un rallentamento. I politici di quell’area avevano un certo imbarazzo a presentare questo tipo di operazioni, decisero quindi di non rendere pubblica l’unità, negandone l’esistenza.
Ciò creò un forte malumore tra gli operatori delle forze speciali italiane, poco inclini ad essere inoperosi mentre gli altri contingenti erano impegnati in duri combattimenti.
La situazione cambiò nel 2008, con il ritorno al governo della compagine di centro-destra. Da quel momento le forze speciali poterono operare in modo più dinamico, incrementando le attività e l’area effettivamente controllata, spingendosi fino alla remota Bala Murghab, all’estremità settentrionale di Farah.
L’organizzazione e la composizione della TF-45 risponde alla disponibilità dei reparti che la compongono (nel 2011 il COFS ha dovuto spostare reparti per le operazioni in Libia).
La TF-45 è suddivisa in tre componenti:
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Comando di Herat, dove si trova anche la componete per il supporto logistico.
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Task Group ALPHA, composta interamente da operatori del 9° Rgt d’Assalto COL MOSCHIN
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Task Group BRAVO, composto per metà da operatori del Nono, mentre l’altra metà da operatori del GOI, del 17° Stormo Incursori dell’Aeronautica Militare e dai GIS dei Carabinieri.
Il comando è affidato a un ufficiale del COL MOSCHIN, probabilmente un maggiore. Gli operatori, dato l’attività molto intensa, hanno una turnazione in teatro di 4 mesi.
Inoltre la TF-45 poteva avvalersi della collaborazione del 4° Rgt Ranger MONTE CERVINO, inserito nel bacino delle forze speciali, insieme al 185° RRAO (TIER-1) dal 2017.
In Afghanistan gli incursori avevano il compito di individuare e neutralizzare gruppi di miliziani ostili, che spesso si nascondevano tra la popolazione civile, per questo era necessario condurre operazioni di sorpresa.
Subito dopo l’eliminazione degli ostili si rendeva necessario l’intervento di forze più consistenti per cinturare l’obiettivo, assicurandone la sicurezza con un numero più consistente di uomini. Anche in questo caso servono spiccate capacità d’intervento rapido e notevole potenza di fuoco, magari in zone molto remote e di difficile accesso. Per questo i ranger del MONTE CERVINO rappresentano una risorsa importante per la completa riuscita delle operazioni speciali.
Le nostre forze speciali hanno battuto in lungo e in largo il territorio afghano, prendendo diversi contatti con le varie milizie. Ovviamente una attività del genere comporta non pochi rischi. Inizialmente gli operatori della TF-45 si muovevano su Land Rover VAV 4x4 e VM-90, successivamente arrivarono i ben più protetti LMV LINCE 4x4, che offriva una maggiore sicurezza soprattutto nei confronti di IED.
Oltre ad operazioni con veicoli, gli incursori della TF-45 compiono azioni elitrasportate, utilizzando i vettori in dotazione alle Forze Armate, come gli HH-101, HH-90 e CH-47.
Molte volte i distaccamenti della TF-45 hanno condotto imboscate contro gruppi di miliziani in aree che questi ritenevano sicure.
Nel luglio del 2010 arrivò al comando di Herat una segnalazione circa un forte assembramento di ostili in un villaggio nell’area di Baqua. Si decise di allestire un’operazione elitrasportata, con distaccamenti formati da personale del Nono, del GOI e dei GIS.
Gli incursori furono inseriti all’alba nella zona di operazione, con il supporto di due elicotteri d’attacco MANGUSTA).
Nel villaggio si trovavano circa 300 miliziani che cominciarono ad aprire il fuoco per difendere i loro capi (ma anche i depositi di armi).
Intervennero i MANGUSTA, soprattutto con i cannoni da 20 mm, mentre i cecchini della TF-45 cominciavano ad eliminare i comandanti e i miliziani armati di lanciarazzi e mitragliatrici.
Alla fine, sul terreno, rimasero 75 nemici, mentre 12 vennero catturati. Gli incursori dovettero registrare tre feriti, subito evacuati da elicotteri MEDEVAC.
I feriti italiani sono gli unici menzionati nel comunicato ufficiale, quasi ci si vergognasse di aver eliminato dei pericolosi terroristi.
Lo stesso anno si deve registrare la morte del tenente del Nono Alessandro Romani, primo caduto in combattimento del reparto dal 1993.
Il 3 novembre 2011 un commando di 5 talebani prese in ostaggio 18 civili in un compound della Esko International, situato a breve distanza dall’aeroporto di Herat. Scattò immediatamente il blitz di un distaccamento della TF-45, formato da operatori del GOI e del GIS. Con un’operazione da manuale vennero liberati tutti gli ostaggi, mentre i sequestratori vennero tutti uccisi.
È certo che la TF-45 ha condotto, nel corso della sua attività, un numero enorme di missioni in Afghanistan. Raccogliendo più stima e considerazione dagli Alleati che dai politici nostrani.
Forse sarebbero sufficienti le parole del generale americano McCrystal, già comandante delle forze alleate in Afghanistan, per riconoscere lo straordinario impegno di questi uomini: ho osservato il lavoro e la professionalità della Task Force 45 e credo che gli italiani dovrebbero essere orgogliosi dei loro soldati.
Foto: U.S. Army / ministero della Difesa / MoD UK