La nuova guerra fredda nell’Artico

(di Tiziano Ciocchetti)
14/01/21

Negli ultimi anni il Cremlino sta lanciando iniziative volte ad instaurare una forte presenza militare nell’estremo nord del territorio russo. La militarizzazione dell’Artico ha subito una accelerazione nel 2015, in seguito al peggioramento dei rapporti con la NATO per gli interventi nel Donbass e in Siria. Mosca ha predisposto la creazione di nuove unità aeree e di reparti missilistici (inseriti nel 45° reggimento congiunto delle Forze Aeree e di Difesa Aerea), inoltre ha provveduto ad installare un esteso sistema di sorveglianza dello spazio aeronavale della regione.

Punto nodale dell’implemento della capacità A2/AD russa nell’Artico è il rafforzamento capacitivo della Flotta del Nord (dal punto di vista numerico costituisce i 2/3 dell’intera Marina Russa). Rafforzamento ritenuto dai vertici militari necessario per il mantenimento di una presenza navale permanente a protezione della Northen Sea Route (una rotta di navigazione lungo la costa artica del Mar di Kara) e degli enormi giacimenti di gas naturale presenti nella regione che, l’innalzamento delle temperature, stanno rendendo sempre più accessibili.

In tal senso vanno segnalati l’acquisizione, da parte della Marina russa, di nuove navi rompighiaccio a propulsione diesel/elettrica e nucleare. Nel 2016 è stato consegnato lo Ilya Muromets (foto apertura), con un dislocamento di 6.000 tonnellate e un’autonomia di 3.000 miglia, è in grado di attraversare ghiacciai dello spessore di un metro.

Nell’ottobre del 2020 è entrata in servizio la nave rompighiaccio a propulsione nucleare Arktika (foto), con un dislocamento di 33.500 tonnellate, è la prima di cinque unità.

Ma le unità più interessanti sono i due nuovi OPV (Offshore Patrol Vessel) artici (Project 23550), che entreranno in servizio quest’anno. Con un dislocamento di 8.500 tonnellate, la loro missione principale consiste nella protezione delle acque territoriali artiche. Le nuove unità saranno equipaggiate con i missili superficie-superficie Kalibr-NK.

Per quanto concerne la Flotta del Nord essa può contare 38 unità di superficie e da 41 sommergibili. La componente strategica è basata su 8 SSBN, tra cui il Dolgorukiy, classe Borey, che è armato con 16 SLBM R-30 Bulava e 6 battelli Delta IV, ognuno armato con 16 SLBM R-29RMU2 Sineva.

A questo dispositivo vanno aggiunti i tre battelli classe Oscar II, di cui l’Orel è equipaggiato con i missili antinave P-800 Oniks, nonché il sommergibile multiruolo a propulsione nucleare Severodvinsk della classe Yasen, armato con i missili superficie-superficie Kalibr-PL.

La restante flotta subacquea si compone dei sei sommergibili a propulsione nucleare classe Akula I/II, 4 classe Sierra I/II (tutti armati con i Kalibr-PL), 3 classe Victor III e 5 Kilo (Project 877) diesel/elettrici.

La flotta di superficie, invece, ha nell’incrociatore lanciamissili Kuznetsov la sua nave ammiraglia. Appena uscito da un vasto programma di ammodernamento, il Kuznetsov è stato equipaggiato con complessi di lancio (celle verticali 3S14) per missili Kalibr, nella variante antinave e land-attack, e sembrerebbe anche con il nuovo missile ipersonico antinave Zircon.

L’altra principale unità della flotta del Nord è l’incrociatore lanciamissili a propulsione nucleare Pyotr Velikiy, della classe Kirov, è armato con missili superficie-aria a lungo raggio S-300FM (48 ordigni installati in 6 lanciatori ottupli a tamburo) e missili antinave cruise P-800 e Kalibr.

La componente terrestre è assicurata da due brigate artiche permanenti, specializzate nella condotta di operazioni in condizioni atmosferiche estreme, come quelle presenti nel Circolo Polare Artico: l’80ᵃ brigata motorizzata stanziata sulla penisola di Kola, vicino al confine finlandese e la 200ᵃ brigata motorizzata stanziata vicino a Murmansk, a soli 11 km dal confine norvegese.

La prima brigata inquadra un battaglione carri con 30 T-72B3, un battaglione artiglieria semoventi 2S1 e 2S3, un antiaereo con Pantsir-S1.

La seconda brigata ha il medesimo equipaggiamento ma con numeri maggiori: il battaglione corazzato ha 41 carri T-72B3 e T-80; due battaglioni artiglieria semoventi, ognuno con 36 semoventi 2S19; un battaglione lanciarazzi BM-21 Grad; due battaglioni antiaerei con sistemi superficie-aria Strela-10 e Tunguska.

A queste due unità va aggiunta la 61ᵃ brigata di Fanteria di Marina, equipaggiata con un battaglione carri, su T-80, due battaglioni da ricognizione, un battaglione di artiglieria semoventi 2S1, 2S9 e Tunguska.

Presente anche un battaglione aviotrasportato che, tra le cui file, comprende anche alcuni distaccamenti di forze speciali.

Nell’ottobre del 2019, alcune testate norvegesi (citando anche fonti dell’intelligence della NATO) hanno una serie di inchieste sull’attività delle forze speciali russe in territorio norvegese. In particolare si tratterebbe di piccole unità avvistate sia sull’Arcipelago di Svalbard, sia sulla terraferma norvegese. Ma sono stati segnalati anche incursori navali che avrebbero effettuato ricognizioni a largo delle coste norvegesi allo scopo di pianificare azioni di sabotaggio contro i gasdotti norvegesi.

La risposta della NATO all’attivismo russo nell’Artico non si è fatta attendere. Nel 2017 l’USAF ha cominciato a schierare, al confine con l’enclave di Kaliningrad, alcuni stormi equipaggiati con i caccia F-22 Raptor, inoltre, già dall’anno scorso, sono cominciate le missioni di pattugliamento dei cieli baltici (Baltic Air Policing) con gli F-35A, a cui partecipa anche l’Aeronautica Militare con i propri velivoli.

Tuttavia, allo stato attuale, la NATO non ha i numeri (soprattutto per quanto riguarda i mezzi corazzati e meccanizzati) per affrontare la Russia nel Baltico.

Nel caso di una crisi nella regione, una adeguata risposta dell’Alleanza potrebbe avvenire solo dopo l’arrivo di ingenti rinforzi dagli altri paesi membri. Fino a quanto questo non si verifica i russi possono mantenere la superiorità sul campo di battaglia, sia dal punto di vista numerico che di capacità dei sistemi d’arma. Quindi i paesi facenti parte della NATO dovrebbero aumentare in modo significativo la presenza di unità navali nell’area (assai ridotta dalla fine della Guerra Fredda).

La Norvegia ad esempio, ovvero la nazione della NATO più direttamente interessata - insieme agli Stati Baltici - dall’accresciuta presenza russa nell’Artico, può contare su 6 sommergibili classe Ula, 5 fregate classe Nansen e 6 corvette classe Skjold, tali unità costituiscono la flotta principale della Royal Norwegian Navy, la maggior parte delle quali operano nella regione artica.

È altresì vero che, in base all’accrescimento delle bolle russe A2/AD, la NATO si trovi a dover elaborare nuove dottrine che fungano da effetto deterrente e che garantiscano l’accessibilità delle rotte marittime e aeree nella regione.

Questo implica che i membri dell’Alleanza presenti nel Baltico saranno costretti nel prossimo futuro a sviluppare ulteriormente le proprie capacità navali e aeree, in special modo negli ambiti ASW, ASuW e ISR. Più in generale l’intera Alleanza dovrebbe tornare ad investire di più nelle capacità ASW dei propri stati membri, visti gli stanziamenti erogati da Mosca per implementare ulteriormente la propria flotta subacquea.

Foto: MoD Federazione Russa / RIA Novosti / U.S. Air Force