I mezzi in uso alle Forze Armate, oltre a quelli assegnati ad enti del soccorso, Regioni, comuni e pubblica amministrazione, rappresentano un importante investimento della collettività per il funzionamento del paese. Si tratta di un bacino importante di oltre 30.000 unità (censimento funzione pubblica 2017-2018) a cui si aggiunge il parco veicolare militare che in genere riceve molte più attenzioni rispetto ai settori sopra ricordati. Questo forse per merito della vecchia scuola ereditata da qualche maresciallo a capo di sezioni automezzi.
Tuttavia tra le reali necessità d’impiego in ambito pubblico e quanto invece viene burocraticamente deliberato per l'acquisto, c’è un imbarazzante divario. Difficilmente un veicolo assegnato alla pubblica amministrazione segue un chilometraggio anagrafico legato alla sua immatricolazione, ma dispiace constatare che non sono rari i casi di veicoli inutilizzati.
Farà bene questa inattività?
Oltre agli acquisti, ci sono realtà che a vario titolo ricevono in donazione automezzi, ad esempio i Comuni oppure la Croce Rossa Italiana, ma quando si tratta di mezzi pesanti il controllo della situazione spesso scappa di mano a chi (non per sua colpa) non è uno specialista del settore. Non è difficile infatti, osservare piazzali assolati dove i veicoli stazionano per mesi o addirittura anni.
L’inattività dei mezzi pesanti
Se escludiamo i fermi veicolari per interessi di alienazione, esistono amministrazioni che preferiscono fermare illimitatamente un veicolo piuttosto che trovargli un ruolo, magari anche redditizio. Sicuramente uno dei motivi risiede nei costi di movimentazione e nella reale necessità di possedere certe tipologie di veicoli (allora perché sono stati comprati?), ma anche dai meccanismi della burocrazia (qualche esempio arriva dalla Protezione civile).
In altri casi i veicoli rimangono fermi in attesa di essere smistati negli enti, ma le “lunghe attese” non fanno certo bene.
Ragnatele tra parafango e pneumatici rinsecchiti, oppure dischi dei freni arrugginiti sono ciò che balza all’occhio quando ci si trova su un piazzale adibito a parcheggio.
Una realtà che fa ritenere molto improbabile un’eventuale rimessa in servizio.
Tempo addietro avevo domandato ad un ente privato se potevo movimentare per una decina di chilometri alcuni autotreni fermi da tempo, ma la risposta sfuggente dell’interlocutore non sembrava dimostrare interesse per la mia disponibilità, forse anche per i costi di carburante. Fatto sta che le rotture improvvise non mancarono proprio nel bel mezzo di un incrocio.
Funziona bene per la P.A. il concetto di full leasing per il contenimento dei costi, ma ritengo sia anche un ripiego successivo alla cancellazione degli autoparchi associati alle officine dei ministeri.
Le alternative per una ottimizzazione funzionale, sono anche l’affidamento ad aziende esterne o, come avviene da anni nella Bundeswehr, il noleggio all’occorrenza di mezzi e personale preparato.
Quando i mezzi pesanti sono abbandonati per lungo tempo non accusano sintomi molto diversi dalle autovetture e quindi, dovrebbero ricevere una piccola movimentazione di qualche chilometro almeno due tre volte al mese, ma non sempre questo avviene.
Sostanzialmente i mezzi pesanti funzionano per pressioni idrauliche e pneumatiche, un aspetto che lascia intendere l’elevato numero di guarnizioni presenti già su un semplice autocarro.
L’inutilizzo e il calore del sole sono tra gli elementi che provocano il deterioramento delle guarnizioni di tenuta che perdono le loro qualità e diventano molto più soggette alle perdite. Una perdita d’aria su un mezzo pesante ha, tanto per farsi un’idea, la conseguenza di bloccare il mezzo improvvisamente, magari in un incrocio.
C’è poi l’aspetto elettrico, come le batterie che perdono carica e capacità di conservarla, e i cavi e cablaggi che diventano più soggetti alla dispersione.
A livello di alimentazione e meccanico, sono gli iniettori a incrostarsi e, nel caso dei moderni sistemi a controllo Common Rail, lascio a voi immaginare le conseguenze…
Idroguida, cilindretti dei freni e cinghie dei servizi sono altri elementi sensibili al fermo del mezzo. Poi ci sono i pneumatici che si seccano e si induriscono risultando già dopo un anno di inattività delle vere e proprie slick (ovalizzate) sul bagnato, oltreché perdere la tassellatura strada facendo.
Quello che invece si mantiene integro è il basamento, cilindri e pistoni, come dimostrano le folcloristiche testimonianze video dei meccanici che, a distanza di cinquant’anni, hanno fatto nuovamente ruggire motori Fiat 642N. Fondamentale è cambiare immediatamente l’olio (decantato nella coppa) del motore, cambio e differenziale. Le riparazioni per il riassetto dopo una lunga inattività e per superare la revisione sono molto costose e spesso, con i budget attuali, è più conveniente la rottamazione del povero, dimenticato veicolo.
L’ACM80/90 militare di Iveco rappresenta, per la sua semplicità uno dei gioielli indiscussi di longevità strutturale e di componentistica che ancora oggi dà filo da torcere a veicoli molto più sofisticati della sua categoria.
Ancora una volta i militari fanno scuola
Mi è capitato spesso di girare in diverse caserme dell’esercito e il mio sguardo, sottraendosi al contesto formale, è scappato proprio lì, sull’auto drappello. Gli ACM80 (ricordo un reggimento alla NRDC-ITA) erano ordinatamente parcheggiati e coperti, probabilmente predisposti per la cessata attività, ma ancora perfettamente funzionanti. I più recenti erano invece mantenuti con cure quasi maniacali.
Un sergente maggiore capo QS mi ha spiegato che questo è in realtà lo standard dell’esercito seppur con qualche differenza da una caserma all’altra. Mi ha anche riferito che viene ancora utilizzato il potenziamento chilometrico: in questo caso non per formare il conduttore, ma per la conservazione del mezzo se non utilizzato.
Non ha voluto entrare nel contesto polemico di qualche veicolo o materiale ma credo che un riferimento all’AR90, la più utilizzata, fosse percepibile. Tuttavia qualche ACM90 fa ancora sentire il suo rombo in caserma come mezzo usato per scuola guida e non solo.
In virtù di questo, partecipare a bandi per l’acquisto di un veicolo ex militare con pochi chilometri rappresenta quasi sempre una buona idea.
Insomma, non stupiamoci, ma rallegriamoci quando la politica si ricorda che il comparto militare è sinonimo d’efficienza e capacità, qualità che dovrebbero essere emulate anche in tante stanze della pubblica amministrazione.
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