L’esperienza di una guerra tocca un Paese in tutte le sue componenti: le Forze armate e la riserva, la logistica e i servizi assistenziali per i belligeranti, i familiari dei belligeranti e di quanti prestano loro servizio e, in fine, il fronte interno nella sua parte non direttamente coinvolta nelle operazioni: studenti e pensionati e operai, agricoltori e impiegati di ambo i sessi, tutti coloro che sono esonerati dal combattere e che non hanno esperienza della guerra guerreggiata nemmeno attraverso i parenti più stretti.
Una parte importante dello sforzo bellico ricade anche su di loro, ma forse costoro non sono davvero toccati dalla vera esperienza della guerra, salvo il caso di città bombardate o assediate. Mi si passi il termine, costoro sono o sono stati abbastanza fortunati da non vedere mai le trincee, le prime linee e gli ospedali da campo. Per loro, la guerra è quella brutta cosa descritta dai mass media, probabilmente sotto dettatura delle autorità, oppure raccontata da chi ci è passato, ma che si sa esagera sempre per sembrare una vittima o un eroe. Ché poi la guerra ha costretto questo così detto fronte interno a fare sacrifici giustificati solo dall’emergenza del conflitto e in evidente violazione delle leggi e del diritto: ore di coprifuoco, limitazioni alla libertà di movimenti e di riunione, spesso e volentieri anche il bavaglio messo alle voci nettamente contrarie ai combattenti.
Poi, di che guerra si tratta? Non ne hanno spiegato bene nemmeno le motivazioni e non hanno chiamato i cittadini a esprimersi: hanno solo imposto mobilitazioni e limitazioni, ponendo come giustificazione il supremo dovere di servire la Patria e, in definitiva, la salvezza della Nazione. Parole altisonanti, ma saranno sincere? Ci sono quelli che, in questo frangente, si sono impoveriti: e ne senti tanti, che non hanno né figli che partono per il fronte né riservisti in casa, dire che a loro è toccato il peggio, che hanno perso tutto. Poi, si sa che ci sono quelli che si sono arricchiti: probabilmente, sono gli stessi che hanno messo in giro tutte queste voci allarmanti e hanno applaudito a tante limitazioni. Così, ti ritrovi attaccato al tornio o piegato sui campi, a produrre per i soliti pochi eletti, grassi e soddisfatti, che dicono di combattere la guerra, ma poi sono gli stessi a cui non manca mai niente.
Diciamolo: non si era mai vista una guerra senza i morti che tornano a casa e ricevono un funerale. Ma sarà vero che i soldati vanno a morire lungo la frontiera? Che muoiono a migliaia ogni settimana? I corpi non te li fanno vedere, questo è un fatto. Dicono che se continua così dovranno reclutare pure gli operai e le donne: ma scherziamo? L’opinione degli strateghi non ha basi scientifiche, non è stata approvata dal popolo.
Ci sono articoli di provenienza straniera che lo dicono chiaramente: c’è un complotto dei generali, ci sono gli interessi dei capitalisti… È il momento di ribellarsi, di mettere in crisi questa così detta macchina della guerra, che serve solo a ingrassare chi comanda. Ecco, scendiamo in piazza a migliaia e chiediamo la libertà di non combattere, anzi che si smetta proprio di combattere e senza condizioni, perché i soliti articoli tradotti dalle lingue straniere dicono che andrà tutto bene se cesseremo di fare la guerra. E chi ci crede che il nemico ci sia davvero? Non è mica arrivato qui a farsi vedere…
Bene, togliete in tutto questo testo la parola guerra e sostituitela con "pandemia", mettete "vaccinazioni" e "assistenza sanitaria" al posto dei combattimenti e capirete come i No Vax altro non sono che quello che tutti gli uomini e le donne della Difesa da secoli odiano: dei disfattisti, spesso ispirati o eterodiretti più o meno scientemente da potenze straniere, che cercano di far precipitare il Paese nel caos mentre tu combatti per difenderlo e che alla fine godranno dei benefici della vittoria, per cui hanno sempre remato contro.
“Al campo della truppa, i nostri soldati vengono lasciati morire di fame come per una distruzione sistematica: nessun aiuto giunge dalla patria che sembra aver rinnegato questi combattenti sfortunati, caduti in prigionia durante le prime eroiche offensive del Carso per quella fatalità che solo chi non ha vissuto la realtà della guerra può rifiutarsi di comprendere” (Carlo Salsa)
Foto: web