La retorica ha sempre avuto un ruolo determinante nella politica, perenne sfumatura grigia nel quadro della storia, anche e soprattutto adesso che dall’est arrivano i clangori di guerre che si muovono sulle ali di parole e discorsi infiammati.
Il logos rimane il principio alla base di qualsiasi relazione. La parola è ispiratrice, è il convincimento argomentato della giustizia, è il demone che, come 3000 anni fa, spinge gli uomini ad uccidersi su un campo di battaglia.
La retorica ha padri nobili; a partire dall’antichità classica non c’è stato momento in cui non siano comparsi oratori capaci di persuadere della giusta motivazione delle proprie idee. Fichte scrive i suoi Discorsi alla nazione tedesca tra il 1807 ed il 1808; è pura letteratura politica che sostenendo il nazionalismo tedesco contro l’occupazione napoleonica, punta a risvegliare il sentimento nazionale proponendo la creazione di uno stato-nazione sorto dalle glorie del Sacro Romano Impero. Urbano II spinge alle Crociate nel nome di un Dio impalpabile; William Wallace alla ribellione contro l’occupante in nome di una libertà inafferrabile.
Tolkien, sopravvissuto agli orrori vissuti nelle trincee del fronte occidentale, dà voce al coraggio e alla speranza di personaggi di un’umanità così piena da meritare la chance di vivere in una Terra di Mezzo popolata di ideali così alti da essere irraggiungibili.
Il Marco Antonio di Shakespeare, davanti ai romani, governa e lancia le fiamme di un’orazione che avrebbe dovuto essere solo funebre, ma che anticipa la guerra. Il valore del suo discorso si misura in relazione a ciò viene fatto cogliere tra le righe, che diventa oggetto di desiderio e bisogno di sapere. Nel parlare dimostra di aver perso qualcosa di prezioso che lo avvicina all’uditorio, permettendogli di aggirarlo rimanendo tra il piano di una complessa comunicazione e l’arte della persuasione. Marco Antonio dosa i termini; parla agli amici, poi ai romani, infine ai concittadini. Nessuno è impaurito, tutti avvertono la condivisione: li ha in pugno.
Non ci sono comandi, ma preghiere, consigli suggeriti con un ritmo che aumenta gradualmente l’intensità emotiva, suggerimenti che lasciano solo un’apparente libertà di decisione, secondo una strategia che priva di qualsiasi possibilità di reazione tanto è rapida; lascia intendere, non pronuncia in chiaro: gli attacchi, per un oratore di classe, sono indiretti ma non per questo meno letali.
L’oratore declama perché in tasca ha la garanzia di chi gli ha lasciato un proscenio da dove pone domande suggerendo nel contempo le risposte. L’oratore crede e, soprattutto, ha visto, dunque è degno di fede.
Se si è amici, romani (magari russi) ed anche concittadini, beh allora non si può che amare e seguire colui che ha aperto gli occhi. Forse. Del resto l’ars oratoria consiste nel saper dire tutto ed il suo contrario senza contraddirsi; vuol dire saper persuadere, saper utilizzare gli schemi della retorica per accompagnare gli ascoltatori a comprendere un concetto, a rafforzare un’idea.
Alan Moore lo fa dire al suo V: mentre il manganello può sostituire il dialogo, le parole non perderanno mai il loro potere; perché esse sono il mezzo per giungere al significato, e per coloro che vorranno ascoltare, all'affermazione della verità.
Ora l’oratoria si rifà alla massa, non punta alla bravura del singolo, si basa sulla quantità: chi ne dice meglio e di più vince. La contraddittorietà non è un problema per il politico showman; quel che è importante è saper parlare, magari del nulla, ma bene. Immagini, comunicazioni verbali e non, sono oggetto di studio preventivo, tutto il contrario di quello che diceva Guareschi, quando asseriva a proposito del latino, che è una lingua precisa, essenziale... Quando inizia l'era dei demagoghi, dei ciarlatani, una lingua come quella latina non potrà più servire e qualsiasi cafone potrà impunemente tenere un discorso e parlare in modo tale da non essere cacciato a calci giù dalla tribuna. Altri tempi, altri oratori.
Secondo Bismark non si mente mai tanto come prima delle elezioni, durante una guerra e dopo la caccia. Verissimo. Non a caso in Russia opera il Roskomnazor1, organo che controlla le comunicazioni ed il loro oscuramento, attività aumentata dall’inizio del conflitto ucraino, con l’imposizione della narrativa da adottare, censurando attentamente i termini invasione e guerra.
La propaganda colpisce la politica nazista ucraina, ispirata dal riferimento storico al controverso personaggio di Stepan Bandera, e si indirizza verso più generalisti drogati, qualifica che rientrando nella categoria della qualunque sembra attribuita perché unica sovvenuta in quel momento.
Fino a poche settimane fa l’uditorio russo, malgrado sia difficile disporre di cifre effettive, confermava la convinzione circa la bontà dell’intervento militare, alimentando la visione negativa dell’Ucraina e del suo governo. Con la chiusura di diverse testate, si è cristallizzata l’opinione pubblica che, favorevole al regime, non può che condannare le sanzioni comminate. È anche vero che se i puri e duri affermano che mai tornerebbero ad acquistare i prodotti delle imprese che hanno abbandonato la Russia, sui social ci si fa più che altro il problema di dove trovare il denaro necessario.
Alla luce della censura imposta, torna alla mente la citazione di Napoleone III che diceva di non leggere mai i giornali perché tanto stampavano solo quel che lui desiderava.
Quando Xi Jinping, uno che ama popolare i suoi discorsi di metafore di origine maoista, ha incontrato Putin a Pechino, si è compiaciuto di annunciare l’arrivo di un’era caratterizzata da un nuovo ordine internazionale la cui strategia si poggia, non a caso, sull’informazione.
Al momento dell’invasione, pur evitando di fornire sostegni evidenti, Pechino ha amplificato la propaganda russa secondo uno stile narrativo indirizzato a contenere le cospirazioni, come quelle terribili e menzognere nate circa l’origine del Covid.
Cinesi e russi sono molto affini in quanto a strategie sulla governance dell’informazione basata su una rete controllata dallo Stato, dotato come in Russia di leggi internet sovrane.
Negli ultimi anni dalla Cina è stata condotta una guerra senza fumo2 che con la sua disinformazione è andata a colpire tutti i mali occidentali veri o presunti.
Il problema (forse) si porrà quando e se la Cina deciderà di appoggiare iniziative di pace che non possono non tenere conto di un’informazione necessariamente meno nebulosa. In questo senso ha suscitato effetto, da parte della russa RIA Novosti, la pubblicazione online di un articolo, rimosso, in cui compiacendosi del superamento della questione ucraina si salutava la nascita di un nuovo mondo e di un nuovo assetto geopolitico libero dalla dominazione occidentale globale, con il ritorno della Russia al posto storico di competenza.
In fondo nulla di nuovo, visto che gran parte del contenuto era già stato espresso da Putin nel suo articolo Sull’unità storica di russi e ucraini del luglio 2021. Secondo l’autore il saggio, ideologico e selettivo, avrebbe dovuto dimostrare le affinità russo ucraine; qualcosa del tipo una faccia una razza che conosciamo bene, per cui russi, bielorussi e ucraini formerebbero un’unica nazione, con confini addirittura antecedenti a quelli dell’URSS. Insomma, non si salva nemmeno Lenin. La visione geopolitica che ne scaturisce è destrutturata, e si rifà ad una madrepatria imperiale che compendia popoli e territori diversi.
La propaganda non si è fermata, e per la sua riuscita si sono sfruttati sia volti generati con l’AI sia false identità di soggetti ostili alle autorità ucraine. È il caso di Vladimir Bondarenko e Irina Kerimova, falsi titolari di profili inesistenti e rientranti in specifiche operazioni di disinformazione che forniscono anche le narrazioni da proporre nelle scuole.
Il problema della propaganda sta nel dopo, nel ritorno dei soldati a casa, di qualunque forma di rientro si tratti, se in un sacco di plastica o se con qualche menomazione permanente.
Il presidente russo parla ai suoi compatrioti, vestendo a seconda dei casi abbigliamenti attagliati a circostanze e possibilità economiche: solo il parka da migliaia di euro dovrebbe far inorridire l’ideologo Dugin, per cui la Russia deve divenire punto di riferimento per tutti coloro che non si riconoscono nelle degenerazioni globaliste di un occidente malato, stigmatizzato anche dal Patriarca Kirill, portavoce autonominato di una cultura secolare che si percepisce moralmente superiore rispetto a quella dell'Occidente degradato, intermediario tra la realtà e un dio che non riesce però a trovare sulla carta l’Ucraina.
Nulla di stupefacente quindi nel rinvenire la parafrasi del Vangelo di Giovanni da parte di un presidente messianico che ai russi riserva la certezza che non c'è valore più grande che dare la propria anima per l'amore degli amici, lasciando agli ucraini l’Apocalisse dello stesso Evangelista, evidentemente fuori narrazione in quei versetti. È la cristianità russo/ortodossa da porgere sulla punta delle baionette, che non concede il miracolo di una trasmissione televisiva scevra da difetti; o forse si, magari interrompendosi proprio nel momento del dissenso, chissà. Nel racconto fatti effettivi e distorsioni storiche si susseguono, accompagnati dalla fraintesa concezione di civile convivenza tra popoli. Si ripete dunque il rito del bagno di folla, dell’adunata oceanica di masse festanti che si appropriano della simbologia creata, a cominciare dalla lettera Z, inesistente in cirillico, adornata con il nastro rosso e arancione dell’ordine zarista di San Giorgio, masse che cantano ed osannano un nuovo Marco Aurelio in dolcevita che si concede al suo popolo.
Le parole non ingannano, si tratta di principi che riportano ad una precisa volontà di potenza assente in occidente dal tempo del Gott mit uns, da quando Leni Riefenstahl nel 1936 con il suo Olympia riprende tutti i temi più tipici dell’estetica nazista. Come ora con Crimea e Donbass, anche nel ‘38 si espresse il desiderio di riunire i Sudeti alla Patria storica.
Ma chi c’è dall’altra parte di un Oceano che la tecnologia ha ristretto? Un presidente che non si sa quanto versato nella condotta bellica, con un entourage non all’altezza di Edwin Stanton3, Edward House4, Harry Hopkins, George Marshall, William Lehay5, erede e continuatore di svariati errori politici.
Sicuramente a Kiev la guerra cognitiva e mediatica la combattono, anche se con alterne fortune, basandosi sulle esperienze maturate nei quasi 20 anni di Kvarta195 lo studio di produzione fondato da Zelensky. Yuriy Kostyuk, una volta sceneggiatore, oggi ghost writer con lo stesso Zelensky e Andriy Yermak, trasforma il presidente della serie Il servitore del popolo, in un capo di stato drammaticamente vero.
Anche per Zelensky nulla è lasciato al caso, e nei collegamenti con i vari parlamenti nazionali cita empaticamente storia e fatti, non indossando costoso made in Italy ma vestiario militare. Tanto è normalmente asettico e solo l’algido Putin, quanto è coinvolgente l’evocativo ed accompagnato Zelensky che riesce a suscitare l’applauso bipartisan di Senato e Congresso americani. Se è vero che esistono comunque e sempre margini di critica, come accaduto per l’improvvido accostamento alla Shoa6, è pur vero che sono stati gli ucraini a trovarsi in strada un esercito invasore. In ogni caso, l’investimento mediatico del presidente ucraino sembra avere funzionato: secondo il Washington Post la sua comunicazione ha di fatto influito sulle modalità di reazione occidentali, inducendo all’inasprimento delle sanzioni ed all’invio di una quantità significativa di equipaggiamenti evoluti capaci di segnare la differenza.
Il V di Moore, scusandosi per l’interruzione, avrebbe ricoperto la sua muta perfidia con antiche espressioni a lui estranee rubate ai sacri testi sembrando un santo quando fa la parte del diavolo! Più semplicemente, in un momento di conflitto cognitivo acceso e devastante, rimanendo nel mondo distopico di V, si avverte la necessità di difendere l’integrità di ciascuno fino all’ultimo centimetro, per quanto piccolo e fragile, perché è l'unica cosa al mondo che valga la pena di avere. Non dobbiamo perderlo o svenderlo, non dobbiamo permettere che ce lo rubino. Dovremmo ricordarlo ogni volta che ci si appresti all’ascolto di chiunque.
1 Servizio federale per la supervisione nella sfera della connessione e comunicazione di massa
2 Il 22 febbraio, all’entrata delle truppe russe a Donetsk e Luhansk, una direttiva cinese ha ordinato di non riportare informazioni sfavorevoli per la Russia o favorevoli all'Occidente.
3 Segretario alla guerra di A. Lincoln
4 Rappresentante diplomatico di W. Wilson
5 Collaboratori di FDR
6 Nella Knesset un unico gruppo ha inteso boicottare il discorso di Zelensky, la "Lista Araba Unita", unione di diversi partiti arabi all'opposizione, caratterizzato da posizioni comuniste e filo-russe, al contrario del partito islamista Ra'am di Mansour Abbas, parte del governo di coalizione
Foto: MoD Fed. Russa / Twitter / web / Xinhua