Perché Mosca non vuole assolutamente che Kiev riceva carri armati, aerei e sistemi antimissile? Cerchiamo di capire la ragione di un’opposizione che non è solo politica e non mira solo a “vincere più facile”.
Le truppe impegnate nella guerra di aggressione all’Ucraina, che ormai solo la Russia e i suoi “clienti” più stretti chiamano “operazione militare speciale”, combattono su un fronte di 2.500 chilometri:
► Dalla foce del Ben meridionale a quella del Don, avendo come hub di partenza la Crimea, Donetsk e Rostov sul Don e puntando sulla parte sud-orientale dell’Ucraina
► Da Luhans’k fino all’oblast di Sumy, avendo alle spalle i distretti militari centro-meridionali della Federazione russa e puntando principalmente sugli Oblast di Kharkiv e Sumy
► Da Katerynivka fino al confine bielorusso e poi fino al parco “radio-ecologico” - cioè contaminato - di Palieski - all’interno del territorio della Bielorussia - avendo alle spalle la stessa Bielorussia e i distretti militari russi centro-settentrionali e puntando su Chernihiv e Kiev.
Per capirsi, l’unico paragone per un fronte così esteso è quello fra la Germania e l’Unione sovietica del 1941 e il 1945. Su quel fronte tuttavia, Hitler e Stalin schierarono (annualmente) dagli oltre 6 milioni di uomini in divisa del primo anno agli oltre 11 milioni del penultimo.
Ciò detto e prima di procedere, la prima di una serie di domande si impone:
Ma a qualche “analista” della guerra russo-ucraina è mai venuto in mente di misurare il fronte su cui Putin ha mosso - compresi i combattenti del Donbass, Wagner e “volontari” da Medio Oriente e Caucaso - all’incirca 250.000 uomini dal 24 febbraio?
Parliamo di cento uomini per ogni chilometro di fronte. Una miseria. Se anche la Federazione russa decidesse di mobilitare le sue intere riserve, queste sarebbero in numero uguali a quelle che l’Ucraina potrebbe ancora più facilmente mettere in campo.
Non è vero però che la Russia occupa già un quinto dell’Ucraina?
A ben guardare la mappa, l’Ucraina ha fatto un balzo indietro, dal punto di vista del controllo del territorio, proprio dove le linee dei Russi si sarebbero potute allungare in modo folle: la distanza fra le basi con i rifornimenti - e gli ospedali militari - e il fronte dell’avanzata russa in certi punti supera i 200 chilometri. Considerando la cronica “bulimia” di carburante, di pezzi di ricambio e di cibo delle forze russe e la capacità degli Ucraini di colpirli dal cielo - e non solo - ogni chilometro di avanzata costa una fortuna in termini di veicoli rimasti a secco, soldati che patiscono il freddo e la fame e, non ultimo, morale dei combattenti russi. Non è un caso che i generali di Mosca debbano esporsi ai tiri degli Ucraini per tenere a bada e guidare le truppe in prima linea.
Che dire poi della distanza fra i luoghi di combattimento e l’assistenza medica russa? Se impieghi più di un’ora a trasportare un ferito dal terreno al tavolo operatorio, lo dovrai consegnare all’obitorio all’arrivo. In definitiva, i Russi colpiscono spesso ospedali per cercare di togliere al “nemico” l’eccezionale vantaggio di combattere con medici e infermieri pronti alle spalle?
Che dire poi del Donbass? Nessuno ne parla più.
Eppure, lì dove in teoria i Russi hanno almeno 50.000 uomini ben temprati da otto anni di guerra, non hanno fatto un passo in avanti. Dal 24 febbraio sono inchiodati sulle loro posizioni per un motivo semplice: hanno davanti una forza pari a un quarto o forse un terzo delle truppe ucraine che li può ricacciare indietro - o peggio - se solo mettono il naso fuori. Ma non vengono attaccati proprio perché l’equilibrio, fino a oggi, è convenuto a entrambi.
Alla vigilia della guerra i giornali parlavano del pericolo di un “accerchiamento” e del conseguente “insaccamento” di questo “martello ucraino” davanti al Donbass. Perché non è accaduto niente di tutto questo?
A parte il fatto che Mosca ha disperso le sue forze su un fronte amplissimo, anche uno che non ha mai frequentato la scuola di guerra capisce che per circondarli devi avere mezzi affidabili, agili e veloci da spostare rapidamente in più direttrici per stringere gli Ucraini nella morsa. I Russi non hanno niente di tutto questo: persino i loro carri più moderni sembrano fragili, bolsi e divoratori di carburante, inadatti a manovre veloci in assenza di una rete ferroviaria. L’aver smantellato rotaie e binari si è dimostrato uno dei passi più importanti degli Ucraini: averglielo permesso, uno degli errori più determinanti per i Russi.
Mosca non dispone dei migliori carri e della migliore artiglieria del mondo?
Ma gli Ucraini conoscono il loro territorio (e sanno muoversi), hanno ricevuto eccellenti armi anticarro e hanno il vantaggio di avere la popolazione civile schierata compatta a fianco dei resistenti. I Russi non hanno raccolto che odio, opposizione e rancore: le intercettazioni delle comunicazioni fra i comandi e i fra le truppe di Mosca, tutte in analogico e scoperte, non fanno che dipingere un quadro di delusione per l’accoglienza da nemici invece che come liberatori. Il fatto che la propaganda ucraina calchi su questo è un’aggravante, non una scusante. Infine, i Russi spesso hanno mezzi molto ben progettati, ma prodotti in modo approssimativo e con materiali scadenti.
Sì, ma Mariupol sta per cadere. O no?
Forse sì, forse no. Non pare che ci siano più di 20.000 truppe russe - oltre a qualche “volontario” - schierate alla periferia, in alcuni quartieri meno difendibili e attorno alla città. Ma con circa 5mila difensori - di cui 3mila del famigerato battaglione Azov, che possono solo combattere e non hanno speranza di salvezza - oltre a 160.000 abitanti ancora presenti, in maggioranza uomini adulti, lo scenario non è da caduta imminente, anche se tutto può succedere. Come dicevo in un articolo precedente, fra le macerie ci si difende meglio e i tank non avanzano facilmente.
Detto così, non pare lo scenario perfetto perché i Russi facciano una sciocchezza, come usare le armi chimiche o nucleari?
Credete davvero che i vertici militari e politici della Federazione russa vogliano far scoppiare una guerra nucleare per… il Donbass? Anche loro non cessano di dire di essere pronti a farne uso solo per la sopravvivenza della Federazione russa.
La minaccia nucleare lanciata al mondo il 27 febbraio non rappresenta il primo passo verso un’escalation, ma l’ultimo: a questo punto o il signore del Cremlino è disposto a distruggere il mondo o ha giocato le sue ultime carte buone troppo presto. In caso di attacco nucleare avrebbe il First Strike, come opportunità, ma difficilmente il secondo. E l’ipotesi che voglia giocarsi il First Strike, che dai tempi dei sovietici Mosca si è sempre tenuta come scelta, nei termini di un attacco geograficamente limitato è quasi certa e che voglia colpire tutto il Mondo libero per primo è una sciocchezza, anche perché lui sarebbe la prima vittima dell’immediato contrattacco. Non dimentichiamo, infatti, che in uno scenario del genere la Russia dovrebbe colpire Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Italia, Germania e Turchia, mentre Washington e i suoi alleati…solo la Russia.
Quindi, perché i Russi hanno l’orticaria all’idea che gli Ucraini siano riforniti di aerei, sistemi antimissile e altre amenità?
Ma è consequenziale a quanto detto finora: i Russi possono sperare di logorare l’Ucraina in una guerra lunga alle condizioni attuali, ma se Kiev riceverà gli strumenti per abbattere più missili e per colpire anche dal cielo in modo più efficace e profondo, per Mosca sarà game over. E se anche lanciassero i Bielorussi, tutti i miliziani ceceni, i 16mila “volontari” siriani e tutte le loro riserve migliori sull’Ucraina, in presenza di questi strumenti otterrebbero lo stesso effetto della guerra russo-giapponese: la distruzione di due forze invece che di una soltanto.
In definitiva, per lo scrivente Putin ha già perso. Prima o poi, dovrà negoziare con i suoi stessi collaboratori le condizioni per il suo ritiro dalla scena.
Foto: MoD Ukraine