L'Islam radicale ci ha insegnato che ogni azione militare viene pianificate e condotta per raggiungere obiettivi sia di natura tattica che strategica, in particolare quest'ultimo venerdì di sangue ha ampiamente confermato questo schema, per cui tatticamente le azioni vengono condotte da nuclei privi di qualsiasi comunanza, i combattenti agiscono giocando sul fattore sorpresa volto ad incrementano il clima di incertezza e instabilità ed inoltre i nuclei terroristici sono composti da individui difficilmente identificabili o controllabili a priori.
Per le ragioni sopra esposte vi è stata la sostanziale resa, seppure a denti stretti, del governo francese che ormai non nasconde la difficoltà, se non l'impossibilità di circoscrivere il fenomeno terroristico di matrice islamica al territorio metropolitano.
Il sedicente stato islamico, entità che ha rivendicato gli attentati, attraverso queste azioni persegue poi una linea operativa che ha come fine strategico quello di controllare la comunicazione e quindi la percezione della realtà da parte dell'opinione pubblica, tutto ciò è possibile utilizzando la cassa di risonanza del circo mediatico che, come ampiamente dimostrato nelle scorse ore, può mettere in allarme tre continenti attraverso l'azione di sole dieci persone.
Sembra che il califfo, o più probabilmente gli attori occulti che operano alle spalle di Daesh, abbiano compreso quella che è la vulnerabilità critica dell'intero sistema occidentale, cioè il controllo dell'opinione di massa, per cui nella stagione delle vacanze, ma anche del Ramadan, colpire un resort, una fabbrica, una moschea ed una caserma vuol dire far saltare gli schemi di pacifica e civile convivenza instillando una fastidiosa sensazione di accerchiamento.
Dopo l'ennesima azione di ISIS resta ancora più complicato capire il nostro mondo e soprattutto le nostre strategie, con particolare riguardo alla politica estera dell'amministrazione Obama, alla irresolutezza dell'UE, ed alcieco sostegno turco alle forze dell'IS in funzione anti curda, bisognerebbe ricordare a chi decide che "i capponi di Renzo non fecero una bella fine".
Andrea Pastore