01/09/2014 - Le iniziative di contrasto alla crisi ucraina, poste in essere da Unione Europea e NATO, sono caratterizzate da una estrema prudenza, evidentemente tese a non innalzare il livello di scontro con la Russia. Ma la tattica attendista parrebbe palesare una disorganizzazione interna, unita a mancanze strutturali e politiche latenti, che si sono evidenziate in questa occasione.
Sul piano economico, gli alleati hanno raggiunto un comune accordo sulle sanzioni da applicare alle Federazione Russa, ma la mobilitazione militare stenta ad essere coordinata, e dimostra una mancanza di coesione comunitaria. È possibile che NATO ed UE, stiano tentando la mossa della deterrenza, ma intanto il contingente russo in terra ucraina ha raggiunto i 5.000 effettivi, come denunciato dalla Cnn su fonte del governo britannico. La forza di invasione, composta da 20.000 soldati, staziona nei pressi del confine ucraino, e come minaccia sembra più credibile di quella occidentale. Il Cremlino nega l’evidenza, come già fece in occasione dell’annessione della Crimea, ma la cattura di 10 paracadutisti, si contrappone nettamente alla posizione russa. Inoltre ci sarebbero anche le immagini satellitari, ma queste possono essere confutate in base alla posizione delle colonne militari ritratte nelle fotografie ad alta definizione, infatti pare che siano state colte ancora in territorio russo. Però, i successi dei separatisti, passati al contrattacco, sembrano avallare l’attendibilità degli scatti satellitari.
L’unione Europea è debilitata da più fronti di criticità: innanzi tutto la crisi economica che non consente una ulteriore spesa pubblica; Mare Nostrum passerà sotto il controllo di Frontex Plus; la fornitura di armi avallata dagli stati comunitari a favore dei peshmerga iracheni; il contrasto all’Isis ed altri focolai di minore entità. Gli Stati Uniti, sono assorbiti dall’amletica questione siriana, dove sembra essere di fondamentale importanza la contrapposizione al Califfato, una variabile è nel coinvolgimento di altri attori statuali per fermare una guerra etnica, ma rimane la difficile scelta di coadiuvare il nemico Assad.
La lentezza dei decision maker occidentali, ha come prima evidenza la scelta della Svezia di porre autonomamente in stato di allarme le proprie difese, ma gli action maker sono riusciti solo a rischierare due velivoli da combattimento “Gripen” sull’isola di Gotland nel Mar Baltico, e varare una esercitazione congiunta con il confinate finlandese.
La NATO, ha proposto la composizione di un comando interforze multinazionale, una sorta di forza di reazione rapida forte di 10.000 effettivi, provenienti da: Danimarca, Lettonia, Lituania, Estonia, Norvegia ed Olanda, alle quali forse potrebbe unirsi il Canada. La strategia per la sicurezza e la difesa concordata nella governance europea, è nella capacità della proiezione di forza per contrastare le crisi internazionali. Questa è l’evidenza di una presa d’atto degli attori principali nella governance dell’UE, della progressiva sovrapposizione tra la componente difesa e quella, più in generale, dedicata alla sicurezza. Pertanto si è evidenziata la necessità di prevenire i conflitti e gestire le crisi con l’implementazione delle forze armate e nelle capacità di intelligence.
I modelli di difesa per l’intervento in aree di crisi sono strutturati in tre settori: la forza di reazione, creata per contrastare un avversario con una componente militare rilevante, pertanto è abilitata ad operare in scenari di combattimento ad alta intensità; la forza di stabilizzazione, è incaricata per operazioni di bassa o media conflittualità e per la stabilizzazione dell’area di crisi nel lungo periodo; la forza di supporto che ha compiti di sostenere, assistere e coadiuvare le attività di comando e controllo delle due precedenti. Nonostante tutto, la NATO vuole creare risorse indipendenti dall’UE, che nel quadro della politica di Difesa, aveva formalmente autorizzato la costituzione dei Battle Groups, ma non sono mai stati utilizzati, e ciò limita la rapidità di intervento dell’UE in teatri dove l’interesse europeo è primario. Definibili come unità in stand by, i Battle Groups si avvicendano su base semestrale e sono dei reggimenti formati da 1.500 a 2.500 effettivi. Una struttura flessibile in grado di controllare e prevenire un aumento delle conflittualità regionali ed anche di assolvere a missioni di soccorso, umanitarie e mantenimento della pace.
Nonostante le elevate capacità operative, questi reparti non hanno ben definite le condizioni di teatro dove potrebbero essere dispiegati, perché la flessibilità, che ne rappresenta il maggior punto di forza, pare abbia ingenerato una formazione dalle connotazioni talmente ampie da non renderla identificabile ed adattabile a nessuna missione.
Un risultato poco incoraggiante, che si contrappone ad una attività più aggressiva della Russia, la quale, forse, vuole approfittare della momentanea mancanza di organizzazione occidentale, per ottenere una trattativa diplomatica che le consenta di esercitare l’influenza sull’Ucraina.
Giovanni Caprara
(foto: Cremlino, Swedish Air Force, Nato)