01/12/2014 - E’ allarme, negli Stati Uniti, per la nuova minaccia interna portata dai simpatizzanti dell’ISIS. L’FBI e la Homeland Security hanno emanato un bollettino congiunto rivolto ai militari ed ai parenti di questi ultimi sul rischio connesso alle informazioni accessibili dai social network. Qualsiasi account è ritenuto a rischio.
L’Isis – secondo quanto affermano dall’FBI – sarebbe alla ricerca di personale in grado di estrapolare informazioni sensibili dai social network e poter condurre attentati verso i militari americani o i loro parenti.
Il pericolo è reale. Due militari canadesi, rispettivamente il 20 ed il 22 ottobre scorso in Quebec ed Ontario, sono stati uccisi in due attentati da presunti seguaci dello Stato Islamico. Proprio in Canada i presunti affiliati dell’ISIS sarebbero novanta.
Gli attacchi sembrano essere stati pianificati on line senza alcun tipo di contatto con i leader dell’ISIS che hanno già sollecitato i musulmani negli Stati Uniti ed in Europa ad attaccare i militari.
Il 25enne Martin Couture-Rouleau, autore dell’omicidio del 20 ottobre scorso, poco prima di mettere in pratica l’attentato scrisse sulla propria bacheca Facebook di volere andare in Siria attraverso la Turchia per combattere la jihad. Morire in Siria - scrisse Couture-Rouleau – significherebbe andare in paradiso. Ucciderà il militare Patrice Vincent speronandolo con l’auto prima di essere ucciso dalla polizia dopo un inseguimento.
Due giorni dopo, il 32enne Michael Zehaf-Bibeau (foto a dx) ha aperto il fuoco contro i soldati di guardia alla tomba del Milite Ignoto ad Ottawa, uccidendo il soldato Nathan Cirillo prima di essere colpito a morte mentre stava tentando di entrare al Parlamento.
In un discorso audio pubblicato lo scorso mese di settembre, il portavoce dell’ISIS Abu Mohammad Al-Adnani (foto di apertura) ha incitato i sostenitori dell’organizzazione ad uccidere canadesi, americani, australiani e gli altri membri dell'alleanza.
Il Pentagono ha messo in guardia tutte le forze armate. Dai social devono essere cancellati gli indirizzi e tutti i dati che possono identificare l’esatta ubicazione o residenza del proprietario del profilo facebook. Il Dipartimento della Difesa si è spinto oltre, stilando un vero e proprio vademecum per arginare il rischio di essere identificati. Anche il semplice ritorno a casa dei militari in missione, cosi pubblicizzato in modo innocuo sui social, è diventato adesso un serio rischio per la loro incolumità. Sarebbe opportuno evitare – aggiungono dalla Difesa USA – anche di scrivere il proprio lavoro o qualsiasi foto o logo che potrebbe sospettare un collegamento con i militari.
Questi attacchi – concludono dall’FBI – potrebbero verificarsi senza alcun tipo di preavviso. La CIA, intanto, è passata al contrattacco iniziando a setacciare le pagine Facebook dei presunti affiliati delle organizzazioni terroristiche.
L’esempio israeliano
Il profilo Facebook di un terrorista ha rivelato la vera natura dell'attacco contro i soldati israeliani, avvenuto il 7 novembre del 2013. I suoi messaggi che inneggiavano al martirio pubblicati su Facebook, hanno dimostrato lo stesso atteggiamento avuto in precedenza da altri terroristi che hanno tentato di porre fine alla loro vita compiendo nel frattempo più omicidi possibili. Anas Alatrash, un terrorista palestinese, il 7 novembre dello scorso anno ha tentato di accoltellare alcuni soldati dell'IDF di servizio in un posto di blocco nei pressi di Betlemme. Alatrash, armato di coltello, si diresse a piedi verso i soldati. Questi ultimi gli intimarono di gettare l’arma, ma tutti gli avvertimenti furono vani. I soldati israeliani non poterono far altro che neutralizzare la minaccia, aprendo il fuoco. Alatrash è morto poco dopo per le ferite riportate.
I militari israeliani hanno aperto per il fuoco temendo che Alatrash indossasse una cintura esplosiva, una tecnica molto comune nel panorama degli attacchi suicidi (storicamente noti, realisticamente efficaci). La prassi è sempre la stessa. Quando non alla guida di mezzi-bomba, i ‘martiri’ sono imbottiti di esplosivo, con detonatore a volte azionato a distanza per evitare ultimi ripensamenti, e si dirigono a piedi verso il target. Per raggiungere lo scopo, i terroristi usano ragazzi, donne e bambini, facendo leva sulla sensibilità dei soldati. Una volta entrati "in contatto", i terroristi si lasciano esplodere. A volte, oltre all’esplosivo, i terroristi portano sotto gli indumenti delle sacche piene di chiodi o pezzi di metallo: in questo modo, diventano la bomba a frammentazione perfetta. Le schegge di metallo, sparse in un raggio di 360 gradi ad altissima velocità, diventano letali alle brevi distanze.
Poco dopo l’attacco, i servizi segreti israeliani hanno effettuato alcune ricerche. Le vere intenzioni del giovane sono state rivelate grazie alla sua bacheca Facebook, dove il terrorista ha postato messaggi che parlavano di un "ritorno" a Dio. Le sue azioni sono le stesse di centinaia di estremisti che hanno perso la propria vita nel tentativo di spezzarne altre e così ottenere “la ricompensa nell'aldilà”.
Due giorni prima dell'attacco, Alatrash ha aggiornato la sua copertina Facebook con un noto passo del Corano che significa letteralmente: "Noi apparteniamo a Dio ed a lui torneremo”. Questo tipo di messaggio è tradizionalmente pubblicato dopo la morte dei terroristi. Il fatto che Alatrash lo abbia postato due giorni prima di morire, lascia intuire la sua ferma intenzione di togliersi la vita.
Poche ore prima dell'attacco, Alatrash scrisse sempre su Facebook: "Dio, portami con te”.
Poche ore dopo l’attacco infine, sul profilo facebook di Alatrash sono stati pubblicati decine di messaggi di solidarietà per il suo “gesto eroico”.
Franco Iacch