16/04/2015 - “Presto. Presto rimarrete sorpresi! Come un fulmine a ciel sereno vedrete le battaglie sorgere nelle vostre terre. Se non per annientarvi abbiamo estratto le spade. Affidiamo ai coltelli il compito di sventrare e sgozzare: che magnifico farlo attraverso un coltello assetato di vendetta. Attraverso gli spiriti della notte, gli uomini dell’orrore respingono con un’esplosione”.
Si chiama “Presto, presto” ed è la nuova canzone di propaganda dell’Isis, pubblicata dal “Centro AJNAD”, vera e propria casa discografica del Califfato fondata un anno fa.
Questa volta, però, i terroristi hanno fatto le cose in grande, traducendo in un italiano perfetto, l’intero testo.
“Mi hai dichiarato Guerra con l’alleanza della miscredenza: goditi dunque la tua punizione una volta accesa. Più a lungo persisterai a combattermi, più soffrirai. Come fai a sfidare gli uomini che pronunciano Allah Akhbar”.
Il testo è chiaramente quello tipico dei terroristi. “Noi siamo forti, noi siamo ovunque, noi vinceremo…bla bla bla…”.
Se strumenti del genere possano terrorizzare l’Occidente, questo è un discorso da appurare. Insomma, per far paura serve qualcosa di più di una canzone.
Ogni dittatura, solo per fare un esempio, ha scritto e pubblicato le proprie canzoni di propaganda interna. L’Isis, in questo caso, non fa eccezione.
Quello che, però, deve far riflettere, non è il contenuto, ma quella consecutio perfetta, quell’italiano sensato utilizzato. Non è più una banale ad approssimativa traduzione online, ma un vero e proprio testo, sicuramente scritto da un italiano, probabilmente di adozione. Certo, volutamente ignoriamo i 50 italiani che secondo il governo sarebbero passati all’Isis: quelli per noi non sono più nostri connazionali.
Tra cori e solisti, il brano prosegue. “I cavalli che giungono ed attaccano, come una palla di fuoco ardente appaiono. Quando i proiettili iniziano a fischiare e la rivincita è sul punto di arrivare, dove vorreste fuggire, oh gente del male?”.
A dirla tutta, la ricerca smodata della rima non denota proprio un alto livello di cultura. “Da te verremo con scempio e morte, con rabbia e silenzio taglieremo le corde. Hai chiaramente fallito, dunque assapora la sconfitta e torna a dileguarti nell’oscurità. Quando la miscredenza rimane sconvolta e si arrabbia, noi di sangue le ampie strade ricopriamo grazie ai coltelli affilati che attraversano le gole ai cani in raduno, quando si ammassano”.
Insomma, tra tasse, disoccupazione, tragedie familiari e malattie, l’italiano medio non saprà nemmeno l’esistenza di questa “opera”. Il messaggio, però, appare chiaro: alcuni italiani collaborano con lo Stato islamico. La minaccia, potrebbe essere tra di noi.
Termina la canzone: “Veniamo, veniamo. Con fiducia siamo arrivati, con serietà ambiamo alle vette più alte. Procediamo verso i luoghi della morte, organizziamo le fila, morendo in piedi come leoni da guerra”.
Dubitiamo fortemente che questa canzone possa innescare un procedimento mentale alla The Bourne Identity o che al suono delle arabiche note, qualche cellula dormiente possa agire.
La presa di coscienza, invece, è su coloro che hanno tradotto il testo: sono senza dubbio italiani. Di adozione magari o peggio connazionali. Forse, addirittura, l’insospettabile della porta accanto.
Franco Iacch