19/01/2014 - La presenza islamica in Europa in epoca contemporanea è caratterizzata da tre grandi ondate: la prima avvenuta dopo la seconda guerra mondiale quando in molti ripararono in Europa per sfuggire alle difficoltà in cui gravavano alcuni Paesi spesso contraddistinti da regimi nazionalistici; la seconda strettamente legata all’offerta di lavoro che contraddistinse l’Italia e l’Europa a partire dalla seconda metà degli anni 70; e l’ultima avvenuta negli anni 90 legata al ricongiungimento.
Proprio negli anni 90 durante la guerra di Bosnia (1992-1995) diversi bosniaci valicarono i confini italiani.
Tra di loro si celarono molti “falsi bosniaci”, la maggior parte dei quali proveniente dal Medio-Oriente.
In un primo periodo la predicazione e la preghiera islamica in Italia era rappresentata da piccoli spazi spesso garages o seminterrati. L’esigenza di disporre di spazi ove esercitare il culto in modo appropriato si è accentuata nella seconda metà degli anni 60, quando il Re Feysal dell’Arabia Saudita in visita in Italia, espresse alle autorità la necessità della creazione di un luogo di culto islamico a Roma che consentisse la regolare partecipazione alla preghiera del venerdì ai diplomatici e funzionari delle Ambasciate dei paesi islamici. Così dai luoghi di preghiera si passò alla costruzione di vere e proprie moschee.
La prima moschea italiana, quella di Roma, fa capo al Centro Islamico culturale d’Italia (CICI), istituzione ufficiale nata nel 1969, nel cui consiglio siedono le rappresentanze diplomatiche dei paesi islamici. Nel CICI ha un ruolo preminente la linea adottata dall’Arabia Saudita, da cui, peraltro, giunge la maggior parte dei finanziamenti, attraverso la “Lega musulmana mondiale”, organizzazione non governativa, con sede alla Mecca. Il progetto di costruire una moschea nella capitale prese corpo con la messa a disposizione, negli anni settanta, da parte del Comune di Roma, di un’area di circa 30.000 mq non lontana dal quartiere Parioli, a seguito, come visto in precedenza, di pressioni sul Governo da parte della dinastia saudita (che si assunse anche il principale onere finanziario) nonché della maggioranza dei Paesi islamici. Per la nascita del progetto fu interpellata anche la Santa Sede, che accolse l’iniziativa non senza divergenze di opinioni interne, che scaturirono principalmente dalla mancata richiesta di reciprocità, da esercitare, ad esempio, nella stessa Arabia Saudita. I lavori procedettero a rilento fino a quando venne ufficialmente inaugurata nel 1995.
Altre forme di associazionismo di matrice islamica hanno preso corpo a partire dal massiccio movimento migratorio verso l’Italia. Le principali forme di aggregazione sono i Centri islamici (come il già citato CICI) e le associazioni di rappresentanza.
I Centri islamici sono strutture associative rivolte alla base dei fedeli; le più importanti nel panorama italiano sono il suddetto CICI di Roma ed il Centro Islamico di Milano e Lombardia (CIML). Quest’ultimo assume posizioni più militanti, con l’aspirazione di essere un punto di riferimento, a livello nazionale, per tutta la comunità islamica.
Le associazioni di rappresentanza, invece, hanno essenzialmente lo scopo di raggruppare i vari Centri sparsi sul territorio e di porsi come riferimento di interlocutori esterni alla comunità musulmana, come lo Stato Italiano.
Una delle associazioni è l’Unione delle Comunità e delle Organizzazioni Islamiche in Italia (UCOII), legate principalmente al CIML di Milano. La costituzione dell’UCOII risale al gennaio 1990 ed è stata promossa da alcune istituzioni islamiche tra le quali l’USMI (Unione degli Studenti Musulmani in Italia), il predetto Centro islamico di Milano, nonché varie personalità a titolo individuale. I progetti organizzativi dell’UCOII si concretizzano nella fornitura di servizi culturali e formativi, assistenza sociale e di una propria agenzia di stampa diretta all’esterno della comunità islamica. L’orientamento dell’associazione è quello del ritorno alla purezza dell’islam, “corrotto” dalle negative influenze occidentali. Ma la più grande di tutte è sicuramente la Comunità Religiosa Islamica (CO.RE.IS), una organizzazione che riunisce il maggior numero di cittadini italiani musulmani. Ha la sua sede nazionale a Milano e 10 sedi periferiche in sette differenti regioni italiane.La sua azione si è concentrata particolarmente in tre ambiti distinti e complementari. In primo luogo, seguendo la vocazione ecumenica che ha caratterizzato la CO.RE.IS. sin dalla sua fondazione, si è dato inizio a un’intensa attività di dialogo interreligioso, in particolare con la Comunità Ebraica e la Chiesa Cattolica. In secondo luogo, si è voluto far fronte alle necessità degli insegnanti delle scuole pubbliche e private, posti di fronte a una realtà studentesca in rapido cambiamento, organizzando corsi di formazione sull’educazione interculturale. Infine, molte iniziative pubbliche sono state dirette a sensibilizzare l’opinione pubblica sulla possibilità di una piena e armoniosa compatibilità tra fede islamica e identità italiana, mentre sono stati avviati rapporti di cooperazione in ambito internazionale con la World Islamic League e la World Islamic Call Society.
Il punto principale è che lo Stato italiano non istituzionalizzando l'islam ha favorito il progredire dei centri e delle associazioni islamiche in tutta la penisola. Così in poco tempo sono sorti diversi centri islamici. C’è da dire però che c'è una grande attenzione nel distinguere tra l'islam, i musulmani d'Italia e le frange estremistiche che doverosamente lo Stato monitora e controlla. In Italia, come in tutti i Paesi europei, vi è una stragrande maggioranza di musulmani che di fatto hanno isolato tutte le tendenze estremistiche e fondamentalistiche e tra gli stessi musulmani d'Italia ci sono state voci che hanno pubblicamente denunciato eventuali strumentalizzazioni della religione islamiche o delle moschee da parte di taluni presunti imam o comunque figure che avevano interessi politici in chiave anti-occidentale e filo terroristica.
In merito al sistema economico che li sorregge, il flusso finanziario, di diversa provenienza e diretto verso le associazioni islamiche attive anche in Italia, si è incrementato durante gli anni novanta. A causa dell’assenza di un clero ufficiale nella religione islamica, a volte gli imam diventano espressione, dal punto di vista del finanziamento e dell’addestramento, di poteri esterni (allocati in Stati del Nord-Africa. Medio Oriente, Asia) alle medesime comunità stanziate in Europa. La mancanza di specifiche leggi consente a qualsiasi persona di proclamarsi imam o di appropriarsi del diritto di gestire, ad esempio, le macellerie islamiche generando sempre più disordine e caos nella gestione dei luoghi di preghiera e non solo.
Discorso a sé merita la regione Campania dove è molto diffusa la presenza di algerini legati al Gruppo Salafita per la Predicazione ed il Combattimento, nato da una scissione all’interno del G.I.A. (Gruppo Islamico Armato). Un’organizzazione legata al terrorismo con diramazioni in tutta Europa, dedita principalmente al traffico internazionale di documenti falsi, con collegamenti con le aree di Vicenza, Milano e soprattutto Santa Maria Capua Vetere. Sono inoltre presenti nella nostra penisola, sezioni e articolazioni italiane di movimenti islamisti dei rispettivi paesi di origine (da Hamas, alla Gama at al–islami, al Milli Gorus turco e a Hezbollah).
Roberto Colella
Dottore in Scienze Politiche, Master in Geopolitica e Master in Criminologia ed Intelligence nel contrasto al Terrorismo. Cultore in Storia Contemporanea presso l’Università degli studi del Molise, giornalista collabora con Informazioni della Difesa, Rivista Militare, Limes, Lettera 43, QN e con l’Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliari. Dirige il CrimIntel LAB tenendo seminari alle forze di polizia.