14/04/2015 - Questo, in lingua curda, vuol dire “Peshmerga” ed i combattenti che continuano con forza a respingere gli attacchi dell’Isis che preme sul fronte del Kurdistan iracheno meritano pienamente di portare tale nome.

Grazie ai loro sforzi, i fondamentalisti dalle bandiere nere incominciano a perdere terreno, ma la pericolosa minaccia si fa sentire attraverso attacchi suicidi e disseminazione di ordigni esplosivi improvvisati, il cui acronimo, IED, è diventato tristemente famoso come strumento privilegiato dai talebani nella guerra in Afghanistan.

Per affrontare la battaglia contro la morte, il coraggio e la determinazione dei curdi nel difendere la loro terra sono sicuramente armi vincenti, anche perché si tratta di combattenti veterani, ma da sole non bastano. E’ per questo che ad Erbil, capitale della Regione Autonoma del Kurdistan, la coalizione internazionale sta addestrando centinaia di uomini per consentire loro di rispondere in maniera sempre più efficace alla minaccia.

La missione, alla quale l’Italia partecipa con un centinaio di istruttori inseriti nell’ambito di un centro di addestramento multinazionale (Center Terrorism Service) tutti appartenenti all’Esercito Italiano, ha come scopo quello di risolvere le criticità, individuate soprattutto nell’inadeguatezza dell’equipaggiamento e dei mezzi di protezione dei curdi per migliorare la loro capacità di respingere i continui attacchi. In particolare, gli attentati suicidi tramite autobomba, una tecnica tipica utilizzata contro le posizioni tenute dai Peshmerga.

Da questo punto di vista, decisive si sono rivelate le armi controcarro “Folgore” donate dall’Italia, capaci di neutralizzare l’autobomba prima che arrivi sulle linee difensive, ed indispensabile si è dimostrato l’addestramento al loro impiego che giornalmente gli istruttori italiani impartiscono. Come si diceva, gli istruttori italiani sono un centinaio e lo stesso numero è quello dei curdi già addestrati dal nostro Paese.

A frequentare i corsi tenuti dall’esercito italiano ci sono poi, attualmente, duecento combattenti già giunti a un buon punto nella preparazione. Tutte le tipologie di corsi in svolgimento seguono richieste specifiche da parte del Ministry of Peshmerga, l’organo di comando curdo dei Peshmerga.

Particolarmente forte è la richiesta di corsi per l’impiego delle armi controcarro proprio perché, come si diceva, molto efficaci sulla linea del fronte.

L’addestramento, nel suo complesso, copre diversi settori. I corsi “di base” riguardano tecniche di fanteria che migliorano le capacità sul tiro con le armi in dotazione, sul combattimento nei centri abitati, sulle operazioni difensive, sul primo soccorso e sulle operazioni in ambienti ad alto rischio di trappole esplosive. Sono attivi, poi, corsi specifici di comando e controllo per gli ufficiali comandanti, corsi sull’impiego di armi pesanti, sul tiro di precisione e sulla bonifica degli ordigni esplosivi regolamentari e improvvisati.

“Combattiamo per difendere le nostre famiglie, la nostra terra, sarebbe bello un giorno vedere il nostro popolo finalmente libero e in pace”, così un combattente Peshmerga spiega la determinazione delle forze in campo per respingere l’Isis.

La preoccupazione dei curdi riguarda non solo le persone, ma anche i beni culturali che i fondamentalisti stanno devastando in tutto l’Iraq. Il Kurdistan, infatti, è una terra con una storia plurimillenaria. La “Cittadella” al centro di Erbil, ad esempio, risulta essere la più antica città della storia.

“Siamo molto attenti al rispetto dei beni storico-culturali, condanniamo con forza le distruzioni compiute dai fondamentalisti e cercheremo di fermare anche quelle”, è uno degli altri obiettivi prefissati. Speranze per il futuro sono percepibili dalle parole del comandante italiano della missione ad Erbil, che conosce bene il territorio per aver partecipato, nel 1991, alla missione Provide Comfort.

Durante la Guerra del Golfo, questa ebbe lo scopo di difendere e portare aiuti umanitari ai curdi in fuga verso il nord dell’Iraq.

“Dopo 24 anni dalla mia prima missione in questa regione, anche se la situazione appare tuttora difficile, posso confermare che le condizioni di vita e benessere del popolo curdo sono notevolmente migliorate”. E la speranza di tutti è che possano migliorare ancora, insieme a quelle di tutti i popoli attualmente sottoposti alla minaccia fondamentalista.

Daniela Lombardi

(foto: Boris Niehaus / Esercito Italiano)