09/01/2015 - Troppo precipitosamente qualcuno disse con la morte di Bin Laden che il fenomeno terroristico era destinato ad esaurirsi in breve tempo. A distanza di qualche mese, infatti, la situazione smentiva le ottimistiche previsioni e si cominciò a parlare di ISIS come la Al Qaeda madre del terrorismo del terzo millennio.
Lo Stato Islamico, nel frattempo, consolida le proprie posizioni in Libia, Marocco, Tunisia e Algeria. in Libia. In particolare, sembra avere il controllo di aree sempre più vaste. Roma è stata da subito indicata come simbolo del cristianesimo, Capitale di una nazione nemica e non soltanto perché sede del Vaticano.
Una struttura organizzativa quella dell’ISIS che immediatamente ha dimostrato di essere gestita da terroristi della terza generazione, gente colta ed esperta nell’uso delle moderne tecnologie e dei moderni social, come Facebook e Twitter, attraverso i quali da subito hanno iniziato a coordinarsi in tempo reale.
Le moderne piattaforme informatiche, infatti, costituiscono per i nuovi terroristi il mezzo attraverso cui concertare azioni e fungono la cassa di risonanza per acquisire consensi e collegare tra loro le migliaia di cittadini occidentali di religione islamica che nel tempo si arruolano nelle truppe del Califfato, per poi rientrare dopo periodi più meno lunghi nelle Nazioni di residenza, preparati e pronti ad entrare in azione all’occorrenza.
Non lupi solitari o schegge impazzite come troppe volte sono stati definiti con analisi semplicistiche, ma rappresentanti di una nuova leadership strutturata, preparata militarmente ed in grado di gestire in maniera coordinata azioni eversive articolate in particolare con lo scopo di impegnare più fronti e contemporaneamente le forze di sicurezza degli Stati.
Gente che fino a poco prima della fine dello scorso anno, è stata in collegamento attraverso un network strutturato ed articolato. Messaggi su Twitter, messaggi in codice scambiati su FB ed ospitati anche su piattaforme occidentali come il sito italianohttp://justpaste.it/,dove per decine di giorni sono stati riportati proclami, filmati ed anche tecniche per la costruzione di IED.
Un proliferare di messaggi che improvvisamente si è attenuato quasi annullandosi. Una quiete preoccupante che forse presagiva l’approssimarsi di una tempesta, che i fatti di Parigi rendono quanto mai reale e che con ogni probabilità sarà destinata ad allargarsi, superando i confini francesi.
I fratelli Kouachi che hanno attuato il massacro nella redazione parigina della rivista satirica Charlie Hebdo ed Amedy C. che ha ucciso poco dopo a Montrouge la poliziotta parigina, hanno combattuto in Siria e fanno parte della stessa cellula jihadista, la Buttes-Chaumont che prende il nome di un parco parigino dove si radunavano gli jihadisti pronti a partire per la guerra in Iraq.
I fratelli sono, al momento in cui si scrive, asserragliati in una piccola fabbrica francese e contemporaneamente Amedy ha preso ostaggi ebrei a sud di Parigi. Stanno trattando impegnando contemporaneamente le forze di sicurezza e l’intelligence francese, sicuramente non con un’azione improvvisata, piuttosto pianificata e forse anche coordinata da qualcuno che non partecipa all’azione sul campo.
Continuare ad ignorare segnali del genere apparentemente casuali, potrebbe costare molto in termini di vite umane. I fatti di Parigi dimostrano che la struttura terroristica si sta ricostituendo e come era prevedibile non è più affidata alla gestione di estremisti islamici “importati”, ma a cittadini europei che hanno sposato la jihad e che potrebbero rappresentare i punti di riferimento per la manovalanza che sicuramente affluisce attraverso i flussi migratori incontrollati.
Ormai l’analisi settoriale non può più garantire una difesa alla minaccia terroristica che è globale, piuttosto si deve procedere cercando di collegare fra loro anche eventi lontani che possano accadere in contemporanea.
A Parigi si sparava in città mentre a Sana esplodeva un’auto bomba ed i Boko Haram distruggevano 19 villaggi i Nigeria con più di 2000 morti.
Fernando Termentini