10/02/2014 - Come avevamo previsto, la Suprema Corte indiana ha rinviato la sua decisione al 18 febbraio. Un’altra settimana di valutazioni per stabilire se applicare la Sua act nei confronti di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone derubricando il reato da omicidio ad atto di violenza in mare.

Lo ha confermato il procuratore generale E.G. Vahanvati specificando che nelle intenzioni del governo il Sua act dovrebbe essere applicato senza una specifica richiesta di pena di morte, che, però,  di fatto non viene esclusa.

Attraverso le Agenzie di stampa veniamo informati che l’avvocato della difesa Mukul Roahtgi ha respinto con decisione la posizione del PM e che il giudice Chauhun ha detto: “capisco che di fronte a questa situazione sono io che devo decidere”, lasciando intendere che Delhi ha scaricato sul tribunale ogni responsabilità oggettiva, mentre per il tramite della Procura Generale continua ad accusare di terrorismo due militari italiani, pur dimostrando generosità  avendo mitigato la natura della possibile pena. Non demorde però nel continuare a proporre al mondo le Forze Armate italiane come una fucina di possibili terroristi pronti a colpire.

E’ palese che gli indiani siano incapaci di produrre prove valide e che la Suprema Corte, la procura generale ed il Governo stiano tentando di giustificare in qualche modo il ritardo di 24 mesi nelle indagini. Un fatto inaccettabile per un ordinamento giudiziario improntato al modello anglosassone e che li rende ridicoli agli occhi del mondo.

Una situazione abnorme che oggi ha avuto il suo 26° epilogo e che da un paio di settimane spinge personalità politiche ed istituzionali italiane prima silenti ad imboccare la strada dei proclami, quasi volessero intimorire l’India che, invece, prosegue per la sua strada senza tentennamenti.

Il Ministro degli Esteri urla il suo sdegno ma rimane alla Farnesina preferendo delegare il Commissario di Governo a rappresentare l’Italia in un momento così difficile. Nello stesso tempo accetta che l’Italia sia additata come un Paese di terroristi nel momento che due suoi  militari sono giudicati da uno Stato terzo applicando una legge antiterrorismo.

In questi ultimi giorni, la Rappresentante della Farnesina, ci ha assordato con proclami altisonanti del tipo: "Talune anticipazioni che provengono oggi da New Delhi sull'iter giudiziario del caso dei nostri fucilieri di Marina mi lasciano interdetta e indignata", "sconcertante e inammissibile riferimento a legge antipirateria", "il governo ritiene sconcertante il riferimento (alla legge antipirateria indiana, ndr) e farà valere con forza e determinazione in tutte le sedi possibili l'assoluta e inammissibile incongruenza di tale impostazione, anche rispetto alle indicazioni a suo tempo fornite dalla stessa Corte Suprema indiana".

Una Bonino indignata che grida “no” alla legge sul terrorismo anche senza pena morte (ANSA 8 feb). "L'eventuale richiesta di applicazione della SUA (Act, la legge antiterrorismo indiana, anche nella parte che non obbliga a chiedere la condanna a morte, ndr) quale base di imputazione per i due maro', laddove dovesse essere confermata" - prosegue il capo della Diplomazia italiana - "sarà contestata in aula dalla difesa italiana nella maniera più ferma".  "Il Governo ritiene sconcertante tale riferimento e farà valere con forza e determinazione in tutte le sedi possibili l'assoluta e inammissibile incongruenza di tale impostazione anche rispetto alle indicazioni a suo tempo fornite dalla stessa Corte Suprema indiana".

Forse con cotanta determinazione esplicitata poche ore prima della decisione di oggi della Corte Suprema indiana intendeva mandare un messaggio preciso al tribunale indiano ma non ha avuto successo. La pubblica accusa ha confermato il suo proposito ed il Ministro Bonino, almeno per ora, è ritornata nel silenzio perché probabilmente impegnata a tessere un’altra azione di “Secret Diplomacy”.

Anche Staffan de Mistura prima delle decisioni di oggi ha ripetutamente  dichiarato "Il Sua Act è per noi una linea rossa e lo respingiamo", ma all’odierna  richiesta ormai formalizzata dal PM indiano non sembra reagire.

L'India da oggi ha indicato l’Italia, paese membro dell’Unione Europea, come uno stato terrorista e Barroso, Van Rompuy e Lady Ashton, non dicono nulla. Un silenzio grave perché come ci ricorda Gianni Pittella, vice presidente vicario del Parlamento europeo ed esponente Pd riferendosi alla prossima presidenza italiana della UE ha sottolineato "Questo vuol anche dire che a breve la presidenza  dell'Unione Europea sarà nelle mani di uno Stato terrorista”.

Da Delhi arriva il rinvio. Il Presidente Letta da Roma torna a ripetere “reagiremo” ma dimentica di dirci come. Il Premier ha anche commentato su twitter "L'imputazione proposta dalle autorità  indiane a carico di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone è inaccettabile". Ma non cambia nulla rispetto al passato: continua ad affidarsi a de Mistura che si limita a ricordarci "Abbiamo riproposto con forza la richiesta che i marò tornino in Italia",  in attesa di una soluzione sul processo.

Una voce solitaria ma concreta, quella dell’onorevole Cirielli che con la sua consueta  incisiva determinazione ha affermato  perentoriamente che l’India è fuori dalla  legalità internazionale e ne è una dimostrazione anche "Il blocco da parte del Consolato indiano del visto all'eurodeputato di Fratelli d'Italia, Carlo Fidanza, che intendeva recarsi a New Delhi per incontrare i nostri due maro', Massimiliano Latorre e Salvatore Girone”. Aggiunge l'Italia ha fatto una figuraccia mondiale, ma l'India con il suo comportamento prepotente ce la sta mettendo tutta per fare peggio. Attendiamo ora i conseguenti passi diplomatici da parte del Governo.

Proclami in tempo reale o datati di qualche giorno ma sempre solo parole che rispecchiano l’affanno di un Esecutivo e di un Parlamento fino ad ora disattento alla vicenda e che ora, invece è obbligato ad appropriarsene anche se non sono cooperanti rapite dal “vile nemico” o giornalisti andati allo sbaraglio a caccia di scoop.

Sono solo due cittadini italiani militari di professione che l’India ha bollato come terroristi,  colpevoli, invece, di essere  solo custodi di tradizioni democratiche e di un’etica militare sconosciuta al Paese dei Maharaja, come dimostrano i tanti e ripetuti  episodi  non dignitosi in cui sono coinvolti militari indiani in giro per il mondo.

Parole ripetitive che non dicono nulla di nuovo come quanto dichiarato dal Ministro degli Esteri Bonino ai microfoni della RAI , “tutte le opzioni so­no sul tavolo”, l’Italia ha “parecchi assi nel­la manica”. Quali siano non è detto saperlo. 

Un altro proclama lanciato nel nulla, mentre il Ministro della Difesa Mauro appena arrivato in India sta rientrando precipitosamente in Italia forse perché interessato ad un imminente rimpasto di Governo ed  il machiavellico de Mistura rimane in India, non si comprende a che fare visto che finora l’unico successo ottenuto sono 26 rinvii.

L’India sta dimostrando di saper giocare sapientemente le carte e l’Italia continua a subirne le conseguenze dopo che il  22 marzo  2013  ha riconsegnato all’indebito giudizio di Delhi due militari italiani e che di lì a qualche mese fonti istituzionali italiane hanno parlato di una soluzione prossima regolata da “regole di ingaggio condivise con l’India”.

Probabilmente uno degli assi della Bonino è proprio la condivisione di una condanna che escluda la pena di morte e consenta ai due Fucilieri di Marina di rientrare in Italia nel quadro dell’accordo bilaterale dell’agosto 2012 sulla gestione dei condannati dei rispettivi paesi.

Patti assurdi o addirittura scellerati  se venissero confermati. Se rientrare con onore come anche affermato recentemente dal Presidente della Repubblica, significa accettare la colpevolezza pur mettere la parola fine alla vicenda connotata da particolari che se approfonditi potrebbero dare fastidio a qualcuno, la parola “onore” non ci appartiene.

A Massimiliano e Salvatore deve essere concesso l’onore che loro compete come militari , un patrimonio personale che pochi hanno e di cui i due Fucilieri di Marina devono andare fieri. Non possono essere scambiati alla stessa stregua di quanto avviene per delinquenti comuni e di questo lo Stato deve farsene carico. Non è accettabile invece che la loro onorabilità sia più o meno sancita dall’India che in 24 mesi ha sapientemente gestito un perverso gioco dell’oca cambiando le regole in corso d’opera, per arrivare a definire i nostri militari terroristi.

Non è possibile accettare ulteriori offese, chi ha gestito finora la vicenda sta dimostrando che l’aver rinunciato all’arbitrato Internazionale è stato un gravissimo errore sul piano temporale e su quello oggettivo e pur di non ammettere lo sbaglio continua a percorre una strada pericolosa e poco dignitosa per il nostro Paese!

Nessuno ha ascoltato la voce dell’Ambasciatore Giulio Terzi, primo  tra tutti a richiedere ininterrottamente da almeno 1 anno l'attivazione di un arbitrato internazionale in sede ONU. Colui che da Ministro degli Esteri dell'allora Governo Monti si dimise dal prestigioso incarico dopo essersi rifiutato di apporre la sua firma sull'ordine di rientro in India dei due marò, precisando che "vi sono valori che non sono negoziabili", lo stesso Terzi che a più riprese ha successivamente denunciato le motivazioni "mercantili" e commerciali alla base della decisione illegittima e scellerata di rimandare i marò in India senza aprire un contenzioso formale con New Delhi.

Credo, anzi auspico che sia giunta l’ora che il Premier Letta non si limiti anche lui solo ad “inorridire” ma compia gli atti che gli competono sostituendo chi dal marzo 2013 ha continuato ad illudere gli italiani, le famiglie dei militari in missione all’estero ed i congiunti di Massimiliano e Salvatore, di chi a livello istituzionale ha ignorato la sorte dei due militari forse perché allergico all’odore ed alla foggia delle uniformi militari.

A tale riguardo Le ricordo Onorevole Letta che il suo Ministro degli Esteri non ha fatto nemmeno una visita lampo ai nostri due ragazzi, se non altro per rendersi conto di persona di cosa stesse realmente accadendo, perché impegnata a rincorrere (unica in Europa) il neo eletto ministro Iraniano, ad occuparsi forse anche in maniera azzardata delle armi chimiche di Assad od, ancora , a studiare per poi apprezzarlo il provvedimento del parlamento di Montevideo, che conferisce allo Stato la possibilità di produrre e vendere cannabis.

Presidente Letta, forse è ora di rimodulare il tutto, magari anche disattendendo possibili suggerimenti del suo predecessore.

Fernando Termentini