31/03/2015 - Fra 12 giorni Massimiliano Latorre dovrebbe rientrare in India mentre Salvatore Girone continua la sua lunga solitudine preparandosi a trascorrere anche la Pasqua a Delhi.

Fino ad oggi solo silenzio assordante, iniziato dopo le ultime parole del Premier Renzi che invitava a non parlare, seguite da quelle del Ministro Gentiloni che informava che si stava discutendo con l’India una proposta italiana, impegnando anche i nostri Servizi di Intelligence, nemmeno si stessero barattando ostaggi rapiti da terroristi.

Parole quelle del Ministro degli Esteri confermate improvvisamente dal suo equivalente indiano e che ricordavano un’ipotesi vergognosa per la visibilità internazionale dell’Italia: quella di accettare che l’India “punisse” i due Fucilieri di Marina con una modesta condanna, rimandandoli poi in Italia in base all’accordo bilaterale sullo scambio di prigionieri dell’11 agosto 2012.

Ieri, improvvisamente, un’ANSA rompe il tacere istituzionale ed informa che una delegazione della commissione Difesa della Camera dei Deputati si era recata a Taranto in visita al convalescente Latorre, proponendoci dichiarazioni del Presidente della Commissione Difesa della Camera dei Deputati che inducono, almeno in chi scrive, un dubbio. Forse da Delhi stanno arrivando notizie non rassicuranti per la soluzione della vicenda ed avvicinandosi la scadenza del 12 aprile dopo tanto silenzio era opportuno un segnale “politico”.

Scarne parole di circostanza quelle dell’Onorevole  Elio Vito "Massimiliano è un uomo forte, ma allo stesso tempo è provato e segnato da questa esperienza''. Un umano segnale di vicinanza alla persona sofferente, ma che non ci dicono nulla su quello che lo Stato sta facendo per risolvere il problema.

Il dubbio aumenta continuando a leggere la dichiarazione del Presidente. ''Siamo venuti qui per esprimere alla vigilia della scadenza del rientro in India una diversa consapevolezza... Noi pensiamo che non dobbiamo discutere in questi giorni se Massimiliano Latorre deve o meno tornare in India, ma dobbiamo discutere di come Salvatore Girone deve tornare in Italia''.

Affermazioni che inducono un unico pensiero: il tempo del confronto dovrebbe essere finito ed invece si continua a brancolare nel buio. Siamo ancora lontanissimi da una soluzione della vicenda che non sia fondata su compromessi, anche se l’Onorevole Vito conclude riaffermando “la necessità di ricorrere alle autorità internazionali per la risoluzione del caso'' e sollecita che le Istituzioni ringrazino i nostri militari impegnati in operazioni rischiose, delicate, nell'interesse del  Paese.

Parole che abbiamo già sentito varie volte in questi tre anni, ripetute in ogni circostanza ufficiale ed anche “ritagli” di discorsi ufficiali ai massimi livelli Istituzionali. Sempre eguali nei contenuti e nella terminologia, riproposte senza nemmeno tentare di rinnovarne la forma ricorrendo alle diverse opzioni lessicali che la lingua italiana mette a disposizione.

Anche questa volta viene rispettata una tradizione tutta italiana mai mutata nel tempo. Parole molte, fatti pochi. Espressioni di intenti istituzionali che mi tornano alla mente a distanza di qualche decennio.

Parole che in un certo senso offendono l'intelligenza e l'etica dei militari che operano nel mondo per garantire sicurezza, in particolare per coloro (morti, feriti ed invalidi) che hanno donato la loro vita allo Stato per affermare i valori dell’Onore e della lealtà.

Testimonio, per averlo vissuto in prima persona molti anni or sono, che le abitudini non sono mutuate nel tempo, le parole di oggi sono pressoché analoghe a quelle che udivo ogni volta che partivo o rientravo da una missione all'estero a partire dagli anni ’80.

Fernando Termentini