18/05/2015 - Palmira è salva. Dopo essere stati con il fiato sospeso per giorni possiamo rilassarci e tornare a parlare a tempo pieno di altro. La notizia dell'arretramento delle truppe dello Stato Islamico dalle rovine della città romana sulla via della seta (patrimonio dell'umanità!) non è solo una buona notizia per il mondo buono, lo è sopratutto per noi italiani.

Si parla spesso di timori per l'arrivo dell'ISIS anche in Italia, con i suoi barbari tagliagola. Dopo Palmira è ora sicuro che il nostro Paese sarà una superpotenza imbattibile.

Per l'indomito spirito guerresco degli italiani?

Per l'indiscutibile preparazione delle nostre forze armate?

Per il “raggio della morte”?

Niente di tutto questo. E' perché siamo la nazione con più monumenti nel caricatore.

Della guerra in Siria si è parlato con disinteresse per anni. In fondo un quarto di milione di morti è poco rispetto all'immane flagello di reperti archeologici devastati.

Il giorno che arriveranno da noi quindi l'attenzione del mondo "civile" non sarà catalizzata dal brutale massacro quotidiano di nostri parenti od amici, lo sarà dalle minacce portate ai nostri beni culturali. E nessun Paese al mondo ne ha più di noi!

Certo, il sentimento che proveremo nel sentire che una coalizione internazionale è intervenuta per salvare il Colosseo o vendicare un pilota svizzero catturato non ci conforterà per la perdita di tante persone care. L'importante sarà sopravvivere e ringraziare – chissà con quali pagine di Storia - per l'illuminato intervento.

Al di là del sarcasmo, vorrei che ci soffermassimo per qualche minuto a riflettere sul sacrificio dei 123 soldati siriani che hanno dato la vita per fermare i terroristi dell'ISIS nell'area di Palmira.

Perché non lo hanno fatto per delle rovine, hanno dato tutto quello che avevano per la loro patria.

Ma almeno loro - a differenza degli avversari - sapevano veramente per cosa stavano combattendo...

Andrea Cucco