13/07/2015 - L'ANSA ci riferisce da Delhi che fonti istituzionali indiane hanno dichiarato all'Hindustan Times che l'India non può sottrarsi alla richiesta italiana di arbitrato internazionale previsto dalla Convenzione del Mare (UNCLOS) ratificata anche da Delhi. A breve i ministri degli Interni, della Giustizia e degli Esteri indiani si riuniranno per individuare la posizione che sarà sottoposta alla decisione della Corte Suprema indiana.
Sicuramente un passo in avanti dopo tanto silenzio e che dimostra come si siano perduti inutilmente oltre due anni dopo aver interrotto l’iter dell’arbitrato avviato il 18 marzo 2013 come informava un comunicato del Governo reso noto dalla Farnesina (leggi).
Una posizione politico / diplomatica che - come risulta - fu ufficializzata anche alle Ambasciate italiane nel mondo con un documento diretto agli Ambasciatori perché potesse “...essere utilizzato dalle SS.LL. negli ulteriori contatti che avranno con le rispettive Autorità di accreditamento…”.
Provvedimento coordinato anche con l’allora ministro della Difesa Di Paola che “...concordava sul fatto di tornare alla carica con i legali indiani perché presentassero una petition per ritardare il rientro dei marò in India e formalizzare una nota per una consultazione con ex art. 100 di UNCLOS come indicato dalla stessa Corte Suprema…”.
Improvvisamente tutto, però, fu ribaltato dall’improvvisa e per taluni aspetti imprevista decisione del premier senatore Monti che il 22 marzo 2013 decise di rimandare in India i due Fucilieri di Marina. I due militari furono rispediti a Delhi come un vero e proprio "pacco postale". Più precisamente, con un accompagnamento coatto dell'allora vice ministro degli Esteri Staffan De Mistura utilizzando un volo di Stato. L’Ambasciatore Terzi, assolutamente contrario a quanto avvenuto, si dimise da ministro degli Esteri.
Dimissioni che, come si ricorderà, suscitarono polemiche non ancora sopite, basate anche su dichiarazioni che ancora oggi lasciano molto perplessi. Una fra tutte quella del senatore Monti “Sono rimasto stupefatto per ciò che il ministro Terzi ha fatto e per ciò che non ha fatto”. Perché l’ex ministro, spiega Monti, “poteva opporsi e non si è opposto” (Blitzquotidiano 10 luglio 2015).
Affermazioni che, forse per dimenticanza, non tengono conto di quanto riportato in documenti ufficiali come una lettera del 21 marzo 2013 (il giorno prima del rientro dei Marò in India, ndr), indirizzata al presidente del Consiglio a firma dell’allora ministro Terzi. Un documento nel quale è possibile leggere tra l’altro “…delle preoccupazioni e delle riserve che ho ritenuto per parte mia, di rappresentare al riguardo e continuo ad avere..., Le sottopongo un progetto di nota verbale. Essa contiene le condizioni veramente minime, in un quadro peraltro problematico e di evidente ambiguità, che questa Amministrazione ritiene debbano essere accettate da parte indiana al fine di: salvaguardare anche di fronte ai nostri principali partners internazionali la credibilità della linea del Governo maturata nei giorni scorsi...”.
Il parere del ministro Terzi non fu ascoltato come non si tenne conto del parere giuridico del ministro della Giustizia Severino. Si preferì, invece, prediligere gli interessi economici di lobby ancora peraltro non chiariti nonostante che nel tempo si sia tentato in più riprese di coinvolgere anche l’Autorità Giudiziaria ("LiberoReporter", 11 luglio 2015).
Di fronte a scenari del genere diventa sempre più urgente affidare ad una commissione di inchiesta parlamentare il compito di accertare le responsabilità politiche e giuridiche di chi ha deciso di sacrificare due cittadini italiani pur di non compromettere altri interessi, peraltro sicuramente ininfluenti di fronte al rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo.
Avverrà mai?
Fernando Termentini