19/03/2014 - L'11 marzo 2013 l'allora ministro degli esteri, l'ambasciatore Giulio Terzi, avvertì le sedi diplomatiche italiane dislocate nel mondo che l'Italia aveva deciso di avviare un arbitrato internazionale.
L'India da più di un anno continuava ad ignorare ogni regola di diritto internazionale con la pretesa di esercitare un'arbitraria azione giudiziaria nei confronti di due militari italiani, per fatti che la stessa Suprema Corte indiana aveva ammesso essere avvenuti in territorio italiano, cioè a bordo di una nave a 20,5 miglia dalla costa indiana.
Una decisione formalizzata all’India dopo che inutilmente l’Italia aveva inutilmente cercato di aprire un tavolo bilaterale di trattative con il governo indiano, per la ricerca di una soluzione diplomatica del caso, come suggerito dalla stessa Corte.
Alla luce, quindi, delle mancate risposte indiane il governo italiano, infatti, ritenendo che ormai sussisteva con l’India una controversia sulla applicazione della Convenzione UNCLOS (Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, ndr) e del diritto Internazionale, l’11 marzo formalizzava a Delhi una nota verbale per il tramite dell’ambasciatore Mancini, con la quale si ribadiva la disponibilità italiana ad arrivare ad una soluzione amichevole della controversia anche attraverso un arbitrato internazionale od una soluzione giudiziaria e si chiedeva all’India di attivare le consultazioni previste dall'anzidetta Convenzione.
Con l’occasione veniva informato il governo indiano che avendo l’Italia instaurato una formale controversia internazionale fra i due Stati i “Fucilieri di Marina Massimiliano Latorre e Salvatore Girone non faranno rientro in India alla scadenza del permesso loro concesso”.
Un atto formale rilevante, ufficializzato ad altro Stato che non poteva rappresentare una decisione autonoma del ministro degli affari esteri ma che necessariamente doveva essere stato approvato e condiviso dal presidente del consiglio Mario Monti. Decisione, peraltro, che risulta essere stata condivisa ed approvata al momento anche dai dicasteri della Giustizia e della Difesa.
Inoltre, il non far rientrare i due Marò in India avrebbe rappresentato una garanzia dei loro diritti in tema di estradizione assicurati dalla Costituzione italiana, già una volta disattesi alla scadenza della licenza natalizia del 2012.
Per quanto attiene alla sorte dei due militari come a tutti noto la vicenda ebbe uno sviluppo diverso ed il premier Monti decise di riconsegnarli a Delhi. Il nuovo governo presieduto dall'onorevole Enrico Letta non parlò più di arbitrato, azione giudiziaria palesemente non condivisa dal dott. de Mistura nel frattempo nominato nel frattempo commissario di governo per la vicenda dei due marò, come da lui stesso più volte ammesso in varie occasioni.
Altrettanto svaniva nel tempo la determinazione che invece era emersa con le decisioni prese dal governo italiano in quei giorni di marzo e veniva sostituita da modeste frasi ricorrenti "condividiamo regole di ingaggio con l'India" come ci raccontava a maggio il vice ministro agli Esteri Pistilli o, "l'innocenza dei due marò non era stata provata", come si affannava a dire il ministro degli Esteri Bonino, addolcendo la negazione dello stato di diritto con la speranzosa frase "a breve processo rapido ed equo".
Nessuno parlava più di arbitrato. Solo l’ambasciatore Terzi, supportato dalle sue competenze giuridiche internazionali e da propria consolidata esperienza diplomatica, in ogni occasione rispolverava il problema dell’arbitrato richiamando l’attenzione delle autorità e dei media.
Un determinazione supportata anche dalla condivisione di accademici esperti di diritto Internazionale ed associata a quella di comuni cittadini impegnati a tenere alta l’attenzione sulla sorte di Massimiliano e Salvatore.
Un’azione che ancora continua per l’alto senso dello Stato dell’ambasciatore Terzi e di tutti gli italiani che insieme a lui hanno fin dal primo momento anteposto a qualsiasi tornaconto personale o di lobby, gli interessi nazionali, la tutela di due militari italiani di due cittadini italiani e dell’immagine dell’Italia.
Solo il dott. de Mistura, unica voce nel silenzio dell’esecutivo Letta, ha sempre difeso con convinzione la scelta di non ricorrere all’arbitrato, preferendo, per sua ammissione, di controbattere la controparte indiana con scelte machiavelliche che però allo stato dei fatti hanno dimostrato essere poco conclusive.
Ieri, improvvisamente, l’onorevole Federica Mogherini, ministro degli affari esteri, ha ammesso che la prossima azione da compiere nei confronti dell’India è quella del ricorso all’arbitrato internazionale e di averlo comunicato all’India.
Con un’ANSA la responsabile della Farnesina ci informa, infatti, "abbiamo mandato l'ultima nota verbale la settima scorsa" a New Delhi, "il prossimo passaggio può essere l'avvio di un arbitrato internazionale: ne discuteremo con loro e con i loro avvocati". Ed ancora "E' giusto che il parlamento sia informato degli sviluppi sul caso marò" - ha aggiunto il ministro sottolineando che - "il raccordo dei ministeri degli esteri e della difesa e la presidenza del Consiglio è uno strumento per affrontare in modo più coordinato e più unito di quanto fatto in passato".
Parole che, oltre ad indicare la volontà di una trasparenza di azione fino ad ora offuscata dai silenzi dell’ex Ministro Bonino, dimostrano che forse fino ad ora si sia perso del tempo prezioso, abbandonando la strada maestra che invece era stata ben individuata e tracciata 12 mesi or sono.
In questa fase é essenziale essere decisi ed uniti come sollecita la ministro Roberta Pinotti. "Stiamo seguendo con estrema attenzione, quotidianamente, la situazione dei nostri marò, che e' complicata, ma se parliamo tutti con una voce sola è meglio. E' importante che l'India senta che la nazione è compatta".
Migliore auspicio non può essere fatto, ma non dimentichiamo chi dovrà poi rendere conto a Latorre, a Girone, alle loro famiglie ed a tutti gli italiani del perché il 22 marzo i due Fucilieri di Marina furono rimandati in India, a vantaggio di chi e per proteggere che cosa.
Sicuramente non l’onorabilità dell’Italia e nemmeno i due Fucilieri di Marina!
Fernando Termentini