Venerdì - All’alba il tempo è cattivo con minaccia di burrasca da libeccio. Alle 07 le navi dell’ammiraglio Albini davanti a Porto Carober con zattere, barche a vapore e lance a mare sono in attesa dell’ordine di sbarco ormai imminente per l’arrivo dei 500 uomini della Fanteria di Marina al comando del colonnello Francesco Magnasco portati dal piroscafo Piemonte.
Alle 07.50 l’avviso Esploratore inviato in avanscoperta segnala l’avvicinamento da NE della squadra austriaca (sette fregate corazzate, sette unità non corazzate, nove cannoniere e quattro avvisi a ruote) dell’ammiraglio Tegetthoff; lo sbarco viene annullato, il Piemonte con i suoi 500 uomini dirige per Manfredonia e le unità dell’ammiraglio Persano sparpagliate nelle acque dell’isola cercano di disporsi su una linea di fronte perpendicolare alla direzione di marcia del nemico con la squadra dell’ammiraglio Albini attardata in retroguardia. Dopo aver segnalato alle sue unità di passare all’azione l’ammiraglio Persano trasborda sull’Affondatore insieme a parte del suo stato maggiore senza alcun segnale creando per un certo tempo confusione nello schieramento italiano che presenta varchi che le unità stentano a colmare. Di ciò approfitta l’ammiraglio austriaco che penetra nello schieramento italiano. Da questo momento l’azione diviene una serie di mischie individuali a distanze ravvicinate nelle quali lo sperone gioca un ruolo rilevante annullando la maggiore potenza di fuoco dell’artiglieria italiana. Il Re d‘Italia speronato dall’Erzherzog Ferdinand Max affonda mentre ilPalestro sotto incendio affonderà poco dopo; da parte austriaca il vascello Kaiser, ridotto a mal partito dall’azione combinata del Re di Portogallo e dell’Affondatore, lascia il combattimento dirigendo per Lissa. Intorno alle 11.45 l’azione si esaurisce e i due contendenti cercano di riordinare le rispettive formazioni; in questo frangente segnali all’ammiraglio Albini, rimasto inattivo durante il combattimento, di dare caccia al nemico non hanno effetto per cui i due schieramenti si fronteggiano sorvegliandosi fuori distanza di tiro finché nel pomeriggio si ritirano senza un nulla di fatto. Una battaglia incompiuta; Persano è demoralizzato e Tegetthoff pago di aver liberato Lissa dall’assedio italiano non ha alcuna intenzione di riprendere il combattimento.
Lo scontro è il primo fra navi corazzate avvenuto in Europa. Al comandante del Re d’Italia, capitano di vascello Emilio Faà di Bruno, e a quello del Palestro, capitano di fregata Alfredo Cappellini, scomparsi con le loro navi dopo aspro combattimento, sarà conferita la medaglia d’oro al valore militare alla memoria. Il fazzoletto nero che i marinai italiani indossano ancor oggi, sta proprio ad indicare il lutto per la battaglia di Lissa. In mattinata la flottiglia del comandante Sandri, rimasta senza carbone, viene inviata a Manfredonia a rimorchio Guiscardo, dell’Indipendenza e del Washington, quest’ultimo con un carico di feriti che saranno sbarcati ad Ancona il 22.
Alle 15 del giorno dopo, le unità dell’ammiraglio Persano rientrano ad Ancona accolte dalla popolazione con indignazione e ostilità tanto che agli equipaggi viene vietato di scendere a terra. E ciò tra la delusione e l’irritazione degli ufficiali e degli equipaggi per l’infelice esito dello scontro della mattina del giorno precedente e per la mancata ripresa del combattimento nel pomeriggio.
Per questa vicenda il giorno martedì 31, il ministro Depretis richiede all’Avvocato generale militare presso il Tribunale supremo di guerra, avvocato Camillo Trombetta, di aprire un procedimento sulla giornata di Lissa allo scopo di impedire il dilagare incontrollato delle accuse alla Marina e a lui stesso sottoponendo a procedimento penale il solo ammiraglio Persano.
Fonte: Marina Militare