05/06/2014 - Tredici anni sono passati da quando due aerei si sono schiantati contro le torri del World Trade Center di New York e altri due sono precipitati rispettivamente sul Pentagono e nei pressi di Shanksville, in Pennsylvania, causando in totale quasi tremila morti.

Dietro questi tragici eventi si nascondeva la mano di Al Qaeda, organizzazione terroristica guidata dal saudita Osama Bin Laden. Da quel giorno l’intera comunità internazionale si è trovata concorde ad iniziare una guerra al terrorismo che non aveva precedenti nella storia. Una lotta contro un nemico invisibile, silenzioso e perverso che ancora oggi, inquadrato nell’attuale contesto internazionale, fa ancora paura.

Per capire meglio che cosa è il terrorismo e quali sono i migliori strumenti per fronteggiarlo abbiamo incontrato il prof. Vittorfranco Pisano, docente e consulente nel settore della sicurezza, intelligence e conflittualità non convenzionale nonché rettore del Multinational Intelligence Studies Campus di Lugano (CH). Il prof. Pisano ha insegnato presso la Georgetown University ed il Defense Intelligence College, entrambi con sede a Washington, e presso l'Università degli Studi di Roma “La Sapienza”. Tuttora insegna presso l’Università degli Studi Roma Tre. Ha svolto numerosi incarichi internazionali nella Military Police - U.S. Army con il grado di colonnello ed è stato consulente della Sottocommissione per la Sicurezza e il Terrorismo del Senato degli Stati Uniti e revisore dei corsi offerti dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti nell’ambito del Programma di Assistenza Anti-Terrorismo.

Professore, l'11 settembre 2001 ha segnato un momento molto importante della storia contemporanea. La comunità internazionale tutta ha preso consapevolezza della minaccia globale costituita dal terrorismo internazionale sopratutto di matrice politico-religiosa. È possibile dare una definizione di terrorismo?

<Il fenomeno è complesso ed il termine è impreciso, quindi è estremamente arduo, se non impossibile, proporre una definizione del terrorismo universalmente recepibile. Sulla base di osservazioni e considerazioni empiriche, si può tuttavia sottoporre una descrizione funzionale del terrorismo contemporaneo, cioè come si manifesta dagli anni ’60 del secolo scorso: Il terrorismo è una forma di conflittualità non convenzionale caratterizzata da quattro elementi essenziali: la violenza criminale, che lo distingue dall'uso legittimo della forza; il movente politico, politico-religioso o politico-sociale, che lo distingue dalla delinquenza comune e dalla criminalità organizzata, i cui fini ultimi sono generalmente economici e comunque non politici; la clandestinità a livello di strutture e dinamiche, che lo distingue dalla violenza politica ordinaria per sua natura alla luce del sole; l’azione proveniente da attori non statali, con o senza l’appoggio di Stati sostenitori, che lo distingue, infine, da violazioni del diritto internazionale direttamente attribuibili a singoli Stati.>

Cosa si intende per forma di conflittualità non convenzionale?

<La conflittualità non convenzionale abbraccia una serie di fenomeni che esulano sia dalla contesa civile, ordinata e democratica sia dal classico campo di battaglia, il quale è regolato dalle norme di diritto internazionale. Oltre al terrorismo sono annoverabili sotto questa etichetta l’agitazione sovversiva, l’insorgenza, la guerra civile, il colpo di Stato e la disinformazione.>

Le guerre simmetriche hanno lasciato il posto ai conflitti c.d. asimmetrici. Chi trae maggiore vantaggio da questo cambiamento?

<Per conflittualità asimmetrica normalmente s’intende lo sfruttamento delle debolezze di un avversario più forte da parte di un avversario più debole. Anche se i conflitti asimmetrici sono sempre esistiti, oggi prevalgono quelli asimmetrici. Nell'attuale contesto storico ne traggono maggiore vantaggio coloro che praticano forme di conflittualità non convenzionale, terrorismo incluso.>

Quali sono gli strumenti che Lei ritiene utilizzabili dalla comunità internazionale per fronteggiare il terrorismo internazionale?

<A livello internazionale il terrorismo va combattuto con accordi universali, regionali, multilaterali e bilaterali, tutti preceduti da intense trattative diplomatiche data la spesso differente percezione dei singoli Stati riguardante la minaccia terroristica e/o la scelta delle contromisure. Tali accordi debbono essere seguiti da fattiva collaborazione bilaterale e multilaterale tra organi specializzati, ovvero polizia, servizi d’intelligence, magistratura e, ove opportuno, forze armate. Ciò necessita il coordinamento d’indagini e pratiche; l’assegnazione di personale all'estero per facilitare l’attività di collegamento; la condotta di operazioni congiunte; la fornitura e/o lo scambio di consulenze, apparecchiature, addestramento, squadre specializzate; la stesura e aggiornamento elenchi riguardanti aggregazioni e individui che praticano o sostengono il terrorismo di varie matrici accompagnata dalla condivisione d’informazioni utili; l’impiego di sanzioni di natura economica e non economica nei confronti di Stati sostenitori del terrorismo.>

Proprio pochi giorni fa si è verificato un attentato terroristico contro il museo ebraico di Bruxelles ad opera di un soggetto francese che sembra aver combattuto in Siria. Come giudica questo evento anche sulla base del timore dei principali stati occidentali relativo alla possibilità di una continuazione, in patria, del jihad?

<In questo frangente storico la minaccia terroristica primaria è di matrice politico-religiosa. Va subito precisato che la religione può essere concepita e praticata in due modi: come fede o come ideologia. Nel primo caso si tratta del rapporto tra creatura e Creatore, mentre nel secondo caso si verifica uno straripamento nella sfera politica e sorge quindi il radicalismo religioso, fenomeno degenerativo della fede. Anche se oggi, sicuramente in via fortemente minoritaria, il radicalismo religioso si manifesta prevalentemente in comunità islamiche, non ne sono immuni altre grandi religioni, cristianesimo ed ebraismo inclusi. Il radicalismo religioso – e gli atti terroristici che ne conseguono – esula dai valori e precetti religiosi sia dell’Islam sia delle altre vere fedi. Malauguratamente coloro che praticano il terrorismo di matrice politico-religiosa riescono a raccogliere adepti non solo fra i propri correligionari, ma in numerosi casi convertono individui provenienti da religioni diverse. Tali individui, a seguito d’indottrinamento, sono disponibili a ricorrere alla violenza terroristica praticamente ovunque: nel proprio Paese, nel Paese di residenza o immigrazione e anche altrove, per così dire, in trasferta. Ritengo, dunque, che i cd. foreign fighters i quali, tornando in patria dopo un periodo di indottrinamento e avendo sviluppato legami con gruppi terroristici di matrice religiosa, danno vita al fenomeno del “reducismo”, siano da tenere sotto stretta osservazione da parte dei servizi di informazione e delle forze di polizia.>

Ritiene che la comunità internazionale e in primo luogo gli U.S.A. stiano facendo abbastanza per contrastare il terrorismo internazionale sopratutto di matrice religiosa?

<Accordi e collaborazione internazionale sono indispensabili nel contrasto al terrorismo, le cui manifestazioni sono spesso di natura transnazionale. Utili misure sono state adottate, ad esempio, dalle Nazioni Unite, dall'Unione Europea e dalla NATO. Tuttavia, la prima linea di difesa contro il terrorismo rimane l’impegno dei singoli Stati nel prevenire e reprime sul proprio territorio tanto il terrorismo endogeno quanto quello esogeno.>

Volendo provare a fare una previsione per il futuro Lei ritiene che assisteremo ad un peggioramento della situazione internazionale, con una conseguente recrudescenza del fenomeno terroristico, oppure il contesto internazionale raggiungerà un certo equilibrio che scongiurerà ulteriori attentati?

<Il sorgere e la vitalità del terrorismo di qualsivoglia matrice è attribuibile, in parte, alla sfruttabilità di fattori ambientali – politici, economici o di altra natura – oggettivamente negativi o così percepiti. Ma, soprattutto, la culla del terrorismo è la presenza di una o più sottoculture radicali o rivoluzionarie che a loro volta danno vita prima all'agitazione sovversiva e spesso di seguito al terrorismo. Con l’equilibrato impiego di misure ordinarie e, ove assolutamente necessario di misure straordinarie quali le operazioni speciali e l’impiego delle forze armate, il terrorismo è sicuramente contenibile, ma sarebbe utopistico ritenerlo debellabile appunto in considerazione delle strutture e dinamiche clandestine e proditorie che lo caratterizzano in un contesto di conflittualità non convenzionale ed asimmetrica.>

Pare evidente, dunque, come nonostante gli impegni profusi in tutti questi anni e le guerre combattute il fenomeno del terrorismo internazionale, soprattutto di matrice religiosa, sia ancora da debellare del tutto. Ciò anche a causa di un difficile inquadramento del fenomeno stesso condiviso dall'intera comunità internazionale. Probabilmente uno sradicamento definito sarà impossibile da ottenere ma ciò non significa che gli Stati democratici sono giustificati ad abbassare la guardia. La cooperazione diplomatica, la collaborazione in materia di scambio di informazioni e di polizia è imperativa tra le Nazioni occidentali che intendono salvaguardare i propri interessi dentro e fuori i confini nazionali.

Andrea Strippoli Lanternini