27/03/2015 - Non si fermano nella notte gli attacchi sauditi alle postazioni sciite nello Yemen e, mentre il mondo si divide, qualcuno guarda con sospetto alla ribalta dell'Iran che attualmente si trova a dover fronteggiare un clima politico regionale a dir poco effervescente.
Qualora la situazione dovesse ulteriormente degenerare non è da escludere il rafforzamento della presenza navale iraniana nel Golfo di Aden che, da qualche giorno a questa parte, è oggetto di un inaspettato sovraffollamento.
Nella regione si sono già schierate quattro navi da guerre egiziane a supporto dello sforzo militare di Riyadh, sono in arrivo quelle Turche - numericamente imprecisate - e ci si aspetta l'arrivo di una parte della flotta americana dispiegata nel Golfo Persico.
L'Iran - principale attore antagonista alle forze saudite - con quali mezzi e capacità operative andrebbe a sostegno dei suoi interessi regionali?
Sarebbe bene iniziare dicendo che la Marina Militare Iraniana non gode di un'autorevolezza solida, anzi.
Da sempre è la più piccola fra le forze armate della regione e la sua composizione ha riflettuto un’impostazione operativa legata esclusivamente alla sicurezza degli interessi nazionali e all'esercizio della propria sovranità sulle acque costiere.
Accrescendo la sua consapevolezza di giocare un ruolo influente sugli importanti canali commerciali del Golfo Persico si è con il tempo modificata raggiungendo uno standard accettabile con caratteristiche uniche e tatticamente discrete.
La peculiarità della flotta iraniana sta nell'avere un apparato militare parallelo a quello regolare: il Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica, meglio noto come Pasdaran, è organizzato secondo una componente terrestre e navale.
Le Guardie della Rivoluzione che contano oggi sui 120.000 uomini sono una componente militare molto temuta per la loro motivazione fortemente ideologica e sono posti direttamente sotto il comando della Guida suprema, l'ayatollah Ali Khamenei.
La componente navale del Corpo invece conta circa 22.000 uomini prestanti servizio con diversi assetti navali.
Il comandante in capo è l’ammiraglio Morteza Saffari e, come i comandanti delle componenti terrestri e aeree, fa capo alla gerarchia militare parallela che risponde all’ayatollah Khamenei.
Dal 2007 l'Iran ha proceduto a una riorganizzazione delle responsabilità dei due corpi: la marina dei Pasdaran ha assunto il controllo delle operazioni nel Golfo Persico, mentre l'IRIN si è concentrata su quelle al di fuori del Golfo.
Questa non è stata una scelta casuale, infatti, lo Stretto di Hormuz (che delimita il Golfo Persico) nella maggior parte della sua estensione non misura più di 100 miglia nautiche di larghezza, rendendo complesse le manovre di grandi navi, come le portaerei americane della Quinta flotta che stazionano all'interno del Golfo.
Esso è invece funzionale alle strategie delle forze navali dei pasdaran - piccole, veloci e leggere - visto che la porzione di mare che guarda la costa nord del Golfo Persico è disseminata di calette rocciose ideali per le operazioni-lampo con barchini.
La nuova missione della Marina regolare è dunque quella di consolidare e sviluppare la presenza navale al di fuori del Golfo Persico, cioè nel Golfo di Oman, nel Mar Arabico settentrionale mentre la Marina dei Pasdaran ha come unica responsabilità la difesa degli interessi della Repubblica islamica nel Golfo Persico.
Le due flotte non solo hanno competenze regionali diverse ma risultano essere composte da assetti ben distinti.
Per la marina regolare iraniana il nucleo principale è costituito dalla corvetta SABALAN che rispecchia una leggendaria obsolescenza globale parzialmente fronteggiata attraverso limitati interventi di ammodernamento.
Le forniture occidentali sono state largamente sostituite con materiali provenienti principalmente dalla Repubblica Popolare Cinese e dalla Corea del Nord, con qualche limitata forma di sostegno logistico assicurato da India e Pakistan.
Gli assetti forse più pregiati — perché più moderni — sono i tre sottomarini classe «Kilo» (Tareq, Noor e Yunes), acquisiti in Russia fra il 1992 e il 1996: tutti basati a Bandar Abbas, due di essi dovrebbero essere disponibili in maniera continuativa e sporadicamente rischiarati negli approcci orientali dello Stretto di Hormuz.
Per adesso, nonostante i proclami e la retorica, la Marina regolare iraniana non può considerarsi una forza navale d'altura né tantomeno essere in grado di «dominare l’Oceano Indiano». Secondo quanto affermato dai suoi capi: il principale sforzo operativo degli ultimi tempi si è concretizzato con l’invio, dal maggio 2009, di una corvetta e un’unità rifornitrice nel Golfo di Aden, al fine di proteggere i mercantili iraniani dall’attacco dei pirati operanti dalle coste somale.
La Marina dei Pasdaran invece ha adottato una dottrina operativa asimmetrica incentrata su aspetti bellici non convenzionali necessari a fronteggiare attacchi rapidi in molteplici direzioni e il cui scopo principale è quello di prevalere sull’avversario mediante una guerra d’attrito che ne sfrutti i punti deboli materiali ed eroda la sua volontà di proseguire un confronto militare.
Capaci di disperdersi con facilità e contemporaneamente sviluppare una potenza di fuoco utile all'attacco e alla difesa, la marina dei pasdaran è uno strumento versatile ma non decisivo la cui rinomata fama è più uno strumento di propaganda che di minaccia militare.
Tuttavia, tralasciata l'incisività di questo assetto è fuor di dubbio che attacchi ripetuti e mirati portino il nemico a subire perdite psicologicamente destabilizzanti ma non tatticamente importanti.
La Marina dei Pasdaran ha perciò adottato e praticato due tipi di tattica a sciame: attacco in massa con assetti concentrati e attacco in massa con assetti dispersi.
La prima fa ricorso a un elevato numero di imbarcazioni velocissime dotate di armamento leggero, al massimo lanciarazzi anticarro spalleggiabili; si tratta di natanti che possono prendere il mare anche da una semplice spiaggia, priva di qualsiasi infrastruttura per poi convergere da differenti direzioni in modo attaccare uno o più bersagli.
Nella seconda tattica, si fa ricorso a unità sottili veloci con armamento silurante e missilistico che, essendo più grandi di un semplice barchino, hanno bisogno di un minimo di infrastrutture portuali: questi mezzi possono prendono il mare da località geograficamente disperse e sono occultabili alla scoperta nemica grazie anche al fatto di potersi confondere con i pescherecci.
Questo secondo tipo di tattica è molto più difficile da scoprire e fronteggiare proprio perché le unità non operano in massa, come nel primo caso, ma in maniera meno concentrata e comunque insidiosa.
In caso di conflitto, la maggior parte degli assetti navali iraniani appare destinato a non sopravvivere a lungo non appena dovessero operare in mare aperto: l’aviazione imbarcata e il munizionamento di precisione non dovrebbero avere eccessivi problemi a neutralizzare questi assetti ben prima che essi arrivino a distanze d’ingaggio utili per i loro sistemi d’arma.
Il confronto armato di portata limitata, contro forze convenzionali locali, o contro il traffico mercantile; in queste circostanze, l’uso o anche la minaccia dell’impiego di sistemi asimmetrici creerebbe certamente scompiglio in una delle aree più critiche del pianeta.
Visto e considerato quanto detto fin'ora ci sembra auspicabile che la flotta iraniana rimanga defilata davanti ai colossi delle Marina provenienti da ogni parte del mondo, tuttavia sarebbe politicamente inaccettabile uno stallo di mezzi e risorse di fronte al fermento che circonda il Golfo di Aden.
L'Iran è dunque davanti ad un bivio strategico difficile: perdere la faccia ma salvaguardare la sua flotta e i suoi uomini oppure lanciarsi in un'impresa titanica da cui difficilmente torneranno in molti.
La scelta sembra scontata solo a noi.
Denise Serangelo
(foto: Fars News Agency)