28/06/2015 - Gli attentati non dovrebbero lasciare dubbi. Gli attentati sono limpidi, chiari nella loro assurdità devastante. La Francia si risveglia in una nuova mattinata di sangue che lascia una vittima, due feriti e una scia infinita di domande.

L'attentato all'impianto di gas industriale Air Products del 26 Giugno 2015 ha i contorni anomali e fa eco ad una guerra al terrorismo che certo non trasuda volontà brillanti. Fortunatamente di meno brillante della volontà degli occidentali di muovere una guerra seria all'IS e ai suoi seguaci ci sono i così definiti "lupi solitari".

Mettendo sotto i riflettori l'attentato di Lione alcune riflessioni sono d'obbligo. L'impianto industriale dell'Air Porducts è un obbiettivo strategicamente irrilevante. E' un piccolo impianto industriale, uno dei tanti presenti nella zona a sud di Lione. Nelle sue immediate vicinanze sorgono impianti che trattano materiali altamente esplosivi e prodotti chimici. Per massimizzare la portata dell'attentato non bisognava essere periti chimici per capire quale fosse l'obbiettivo più succulento. Sicuramente l'azienda colpita era meno sorvegliata e maggiormente accessibile per i malintenzionati, ricordiamo però che stiamo parlando di - presunti - terroristi addestrati, non avrebbero dovuto avere problemi ad entrare in una zona industriale mediamente sorvegliata.

Colpire obbiettivi poco importanti non permette al terrorista di arrivare allo scopo fondamentale di ogni attentato e cioè: il massimo impatto mediatico, più vittime e danni economici possibili, accrescimento del clima di terrore. In precedenza gli attentati terroristici dall'11/09 fino a Gennaio 2015 sono stati tutti accuratamente selezionati, tutti avevano uno scopo ben preciso. Le Torri Gemelle hanno aperto un varco verso il clima di terrore globale, simbolo economico e possente del colosso americano sono diventato a loro volta simbolo della decadenza del mito statunitense. Attentati alla metropolitana di Londra e Madrid avevano lo scopo di mietere vittime e di rendere insicuro qualsiasi spostamento. Redazione di Charlie Hebdo simbolo indiscusso della satira contro l'islam ha pagato in prima persona il costo di una risata di troppo. Sono solo tre esempi ma estremamente significativi.

Il terrorista - come già sostenuto in diversi articoli precedenti - non lascia nulla al caso, è metodico, spietato ed estremamente razionale. Dopo l'attentato di venerdì, le misure di sicurezza in Francia rasentano lo Stato di Guerra ( tutelando sempre i diritti civili dei cittadini ) in futuro sarà sempre più complesso accedere ad obj sensibili e strategicamente più importanti.

I terroristi del sedicente stato islamico hanno così buttato alle ortiche possibili obbiettivi veramente rilevanti? Oppure lo stato islamico ha messo solo il suo bollino su un lavoro già fatto? L'ipotesi a mio parere più plausibile è che la scelta di un impianto secondario, molto accessibile e di importanza nazionale scarsa sia una scelta basata sull'opportunità di Yassine Salhi di accedere a tale luogo.

Una rete così organizzata e radicata come l'IS non avrebbe mai chiesto ad un solo soggetto, senza addestramento ne supporto di compiere un gesto tanto semplice il cui unico vantaggio è stato quello di creare nuovamente terrorore nelle vie francesi.

Il cadavere decapitato è un'altra porta che si affaccia sull'orrore, alla mente ricorrono le immagini di YouTube diffuse dal califfato nei mesi passati. E' bene ricordare che quando si compie un attentato è come se si pianificasse un'operazione militare; ottimizzazione dei tempi e delle risorse rimangono aspetti cruciali. Decapitare un soggetto e impalarne la testa è un gesto che nel contesto è già fuori luogo. Ci riporta alla mente invece un plateale gesto di emulazione, come se metterlo in atto fosse più un segno poco spontaneo di becera imitazione. Un rituale sicuramente molto evocativo ma che non rientra nel contesto di un attentato tipico del califfato.

Le ultime indiscrezioni stampa parlano addirittura di un selfie scattato insieme alla foto della testa mozzata, un comportamento a dir poco immaturo che denota un'impreparazione psicologica all'estremo sacrificio. Per coloro che credono possibile la teoria per il quale un selfie possa essere un prova inviata in Canada ad un sedicente esponente del Califfato vorrei suggerire di sintonizzarsi su un telegiornale qualsiasi. La notizia sarebbe arrivata, bella chiara, direi a prova di stolto in qualsiasi angolo del pianeta anche senza il triste scatto.

Il cuore del problema è proprio questo: l'emulazione. L'emulazione è etichettabile come terrorismo ma non ne ha le caratteristiche politiche necessarie. Venerdì, in Francia, potremmo aver visto un soggetto molto giovane (35 anni è l'età diffusa dai media) affascinato dallo Stato Islamico e dal posto questo avrebbe potuto concedergli nella sua nuova società. Yassine ha sfruttato gli elementi caratterizzanti dell'IS per diventare un terrorista fai da te, da qui a definirlo membro attivo esiste un abisso.

Le differenze tra elementi delle milizie del califfato e terroristi solitari sono evidenti, per comprendere meglio porrei i riflettori su attentati compiuti da "terroristi addestrati". L'11 Settembre 2001 è il punto di riferimento. I diversi dirottatori hanno impiegato anni ad addestrati per portare a termine il loro compito: scuola di volo; documenti d'identità, biglietti regolarmente pagati e nessuna trasgressione all'ordinaria routine di un americano medio. Questo si definisce mantenere un basso profilo. L'età dei soggetti era intorno ai 40 anni, età dove si è maturata un'esperienza di vita tale da saper risolvere problemi complessi con razionalità. Persone istruite, con buona conoscenza delle materie utili allo scopo che si erano prefissati. Elogiare la preparazione dei terroristi che il mondo ricorda con più sdegno nella storia non è sicuramente nelle mie intenzioni, ma è bene sottolineare come esista una logica metodica dietro il terrorismo di matrice islamica degli ultimi anni.

Yassine, in Francia, manteneva si un profilo basso ma frequentava moschee già tacciate di estremismo. Primo errore. Conseguenza di tale frequentazione è stato il suo pedinamento per un periodo limitato di tempo senza che si scoprissero discrepanze con la vita di un normale immigrato musulmano. Yassine era giovane - 35 anni - studi medio bassi e un lavoro come fattorino poco al di sotto della norma. Non aveva precedenti esperienze militari, non aveva grossa conoscenza nell'uso del gas e di come mettere a punto il suo attentato.

Addestramento e pianificazione minuziosa, la ponderazione dei vantaggi e degli svantaggi nel colpire un obbiettivo rispetto ad un'altro sono alla base tra terrorismo ed emulazione. Nel caso di terroristi abbiamo preparazione e competenza, nel caso di emulatori abbiamo solo nozioni approssimative. A Lione non abbiamo visto ne addestramento ne pianificazione, preparazione o conoscenza. Se si decide di fare un attentato con il gas, saperlo usare sarebbe il minimo. Evidenti elementi erano lasciati al caso come la vicinanza ad una caserma dei pompieri ( distante solo 3000m ) e l'assenza di operai con cui massimizzare i danni. Gli attentati devono per loro natura creare danni e possibilmente non essere scoperti nell'arco di qualche minuto.

L'ammucchiamento di bombole di gas e il successivo schianto con la macchina ricordano molto le scene dei film d'azione americani in cui un minimo filo d'aria provoca esplosioni spettacolari. L'aspirante terrorista forse non aveva ben chiaro il meccanismo con cui si può far esplodere una bombola di gas. Un terrorista - vero -non lascerebbe nulla al caso, tantomeno il cuore dell'attentato.

Escludendo le due bandiere legate al califfato, il resto degli elementi però ci fa pensare ad un soggetto impreparato, poco determinato e non così incline a fare a mietere vittime. Il luogo scelto e le modalità ci impongono di riflettere che più che un'attenta pianificazione Yassine Salhi abbia colto l'occasione per mettere in pratica ciò che aveva visto celandosi dietro un presunto estremismo.

Yassine non ha i contorni del terroristi islamico radicale, frequentava la moschea ma non aveva mai viaggiato in zone sospette, non aveva ricevuto addestramento militare - nemmeno di base - e non aveva nozioni su come compiete attentati efficaci. O ha avuto un pessimo insegnante oppure era solo un'aspirante terrorista. In ultima analisi bisognerebbe considerare che in Francia il problema immigrazione-integrazione è molto sentito sopratutto dalle seconde generazioni di immigrati.

Come ampiamente sostenuto da Khaled Foudad Allam nel suo ultimo lavoro " Lo jihadista della porta accanto " in Francia esiste un'intera generazione che non trova il suo spazio ne nella società francese ne in quella musulmana. Gli immigrati non volevano solo la cittadinanza ma avevano bisogno di integrazione. La società francese ha integrato i figli degli immigrati ma al contempo li emargina, i meno forti caratterialmente sono emarginati e dunque cercano rifugio in un società di sostituzione. La società di sostituzione è un luogo in cui i figli degli emigrati si sentono a casa, in cui non devono dividersi tra l'Islam privato della loro famiglia e quello pubblico del nuovo terrorismo. L'islam radicale diventa una via di fuga, una sorta di rifugio sicuro contro cui si può sfogare la propria devianza e la loro rabbia. La Francia che non gli ha dato - secondo il loro modo di vedere - l'integrazione sociale che meritavano diventa l'oggetto dello sfogo.

Non ritengo del tutto impossibile il formarsi di un fronte di terrorismo europeo di matrice islamica i cui baluardi saranno i paesi a maggior tasso di immigrazione: Francia, Germania, Italia. I temi di questo tipo di terrorismo saranno meno internazionalistici e più vicino ai normali immigrati, avranno come valvola di sfogo l'Islam ma avranno radici profonde nella società dei paesi ospitanti. Questo sarà un terrorismo che non si fermerà, che non avrà una logica ferrea ma sarà guidata solo dalla voglia di avere un posto a questo mondo. Nel bene o nel male.

I figli perdenti di quest'integrazione sommaria saranno i terroristi del futuro che già ci stanno tendendo il conto da pagare. La colpa non è di nessuno, la soluzione complessa. Per ora non ci resta che innalzare il livello di sicurezza ed evitare di iniziare una caccia al musulmano senza confini.

Le chiacchiere da bar e le analisi di pancia hanno già mietuto le loro vittime, ora è il momento di lasciare spazio a riflessioni meno popolari ma più realistiche.

Denise Serangelo