27/07/2014 - Nell'infinita partita a scacchi tra le più improbabili "coalition of willings" ed il sedicente stato islamico il governo Erdogan ha deciso di aprirsi in maniera esplicita e formale ad un attacco nei confronti di Daesh. La notizia è stata salutata con giubilo dagli organi di stampa di mezzo mondo, tuttavia non può che lasciare perplessi per tempi e modi di attuazione.

Da circa tre anni il comportamento della Turchia nei confronti di ISIS ha oscillato tra l'ambiguo ed il collaborativo sollevando non pochi dubbi sulla lealtà di questo alleato dell'occidente.

È indubbio il flusso dei proventi finanziari legati al mercato nero del petrolio, per il tramite delle banche turche, a favore del califfo, nonché la partnership di Arabia Saudita, Turchia e Qatar nel sostenere i ribelli siriani in primis ed IS in seguito, il tutto in funzione anti persiana, inoltre fino a poche ore prima dei raid aerei turchi su territorio siriano restava in dubbio la concessione della base NATO di Incirlik a favore delle forze americane in proiezione nel teatro medio-orientale, di contro confermata la presenza Russa nella base di Tartus in Siria e poi quell'accordo sul nucleare iraniano ed il rafforzamento delle milizie curde in Siria ed Iraq non hanno fatto dormire certo sonni tranquilli ad Erdogan.

Tutto ciò ha fatto sì che si venisse a superare la dimensione delle mosse lineari iniziando a saltare alcune pedine avversarie interne ed esterne, insomma è stata necessaria la mossa del cavallo. Tale scelta avrà sicuramente delle conseguenze politiche, non solo sul piano internazionale, ma anche interno, le ultime elezioni infatti hanno dato vita ad una sostanziale ingovernabilità della Turchia ed i partiti curdi con percentuali elettorali a due cifre iniziano ad avere un peso troppo elevato per non essere considerati elementi da mettere a tacere, eventualmente con ogni mezzo, e tra questi anche i bombardamenti alla frangia armata del PKK.

Certo la diplomazia si affanna a dire che l'operazione anti Daesh e quella contro il PKK non hanno nulla in comune se non l'elemento temporale, ma permettete che si nutra più di qualche perplessità nel merito della questione, d'altronde l'indebolimento elettorale del partito di governo e le aperture al gasdotto russo necessitavano di un contraltare che mantenesse saldo l'argine Atlantico e quindi i temi della lotta al baathismo siriano ed al comunismo curdo sono stati una ottima occasione per accreditare ulteriormente il ruolo di Ankara quale potenza regionale.

Se tutto procederà secondo la tabella di marcia la prossima mossa del cavallo di Erdogan potrebbero essere le elezioni anticipate nel mese di novembre, con la speranza che non vi siano ulteriori complicazioni legate alla crisi greca o ai sempre più traballanti rapporti tra USA e Russia, ma questa è un'altra partita, o forse no?!

Andrea Pastore

(foto: Turkish Armed Forces)