In merito alla questione della partecipazione italiana alla lotta contro l’ISIS in Libia, affiancando gli Stati Uniti, vanno evidenziati alcuni delicati passaggi per non finire, come purtroppo accade, nella totale confusione. Ci si riferisce all’utilizzo della base militare di Sigonella, dove è stato dato il via libera per la presenza di droni statunitensi che sono impegnati in missioni militari in Libia contro il gruppo terroristico collegato allo Stato islamico. Il tutto si inquadra in un accordo negoziale tra l’Italia e gli Stati Uniti. L’impiego di droni va affrontato, in primis, sul piano prettamente giuridico di un accordo circa l’aver dato il semaforo verde per l’utilizzo di una base militare presente sul suolo italiano per lo stoccaggio e l’utilizzo di droni armati in operazioni belliche verso Stati terzi, come nel caso della Libia; in secundis, quello delle modalità attraverso cui questo accordo bilaterale dovrà operare.
È d’uopo circoscrivere l’ambito giuridico entro cui si pone l’ultimo accordo, di cui stiamo trattando, non ancora reso pubblico. Il fondamento giuridico è contenuto nell’articolo 3 del Patto atlantico in base a cui ciascuno Stato membro si vincola a mantenere e sviluppare la propria capacità – sia sul piano unilaterale sia su quello collettivo – di resistere ad attacchi armati. Circa l’impegno di collaborazione reciproca, gli Stati parti della NATO posero in essere una convenzione nella città di Londra che regolasse lo status delle proprie forze armate nel contesto di operazioni dell’Alleanza atlantica, definito NATO-SOFA. Oltre a ciò, gli Stati membri della NATO hanno concluso degli accordi bilaterali concernenti le relazioni reciproche miranti a rendere in atto i fini contenuti nel Trattato atlantico del 1949. Si può, ad esempio, citare il c.d. BIA (Bilateral Infrastructure Agreement – Accordo bilaterale delle infrastrutture) fra il nostro Paese e gli Stati Uniti, concluso nel 1954 e mai reso pubblico, che regola le modalità di uso delle basi presenti sul territorio italiano che sono concesse alla Forze militari statunitensi. Potremmo definire tale accordo bilaterale come accordo ombrello, nel senso che resta nei limiti al momento in cui si devono dare indicazioni di massima sullo stanziamento di truppe militari degli Stati Uniti nelle basi sul suolo del nostro Paese. A questo accordo è allegato il c.d. Memorandum of Understanding, voluto sia dal nostro Ministero della Difesa, sia dal Pentagono (sede del Dipartimento alla Difesa), firmato nel 1995, afferente alle installazioni e infrastrutture degli statunitensi sul territorio italiano. Questo memorandum, che potremmo definire anche come Shell Agreement, appronta in un certo senso uno schema generale per gli accordi specifici di ogni base e su questo si è raggiunto l’accordo c.d. Technical Arrangement on Sigonella, nell’aprile del 2006. Cosa prevede quest’ultimo accordo? Determina la presenza delle forze militari statunitensi nella struttura militare Naval Air Station Sigonella ben noto come The Hub of the Med, per la sua posizione strategica nel mar Mediterraneo.
Il Technical Arrangement on Sigonella si occupa di dividere i compiti fra il nostro Stato ospitante e possidente della piena sovranità territoriale e gli Stati Uniti, in quanto Stato d’invio, che ha piena giurisdizione sui suoi uomini dislocati presso la base siciliana di Sigonella. Viene determinato che le installazioni presso Sigonella sono considerate installazioni militari in tempo di pace, in base all’Accordo bilaterale delle infrastrutture, di cui già accennato prima. Dopo che è stato determinato che la base di Sigonella è sotto il comando dell’Italia, al comandante statunitense viene conferito il compito di gestire il comando pieno militare sul personale americano, sull’equipaggiamento e sulle operazioni militari fra l’uso di droni armati che sono utilizzati in Libia per colpire le roccaforti dell’ISIS (operazioni che sono iniziate con il consenso del Governo di accordo nazionale libico e la Risoluzione 2259/2015 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, anche se non fa alcun riferimento al Capitolo VII della Carta, va interpretata attraverso la considerazione di precedenti risoluzioni, tanto è’ vero che proprio il Consiglio di Sicurezza ricorda che la situazione in Libia costituisce una minaccia alla pace e alla sicurezza internazionale). Sia ben chiaro che tali operazioni rientrano del tutto nell’alveo della competenza degli americani, l’importante è che vi sia un netto vincolo di notifica all’autorità dello Stato italiano circa ogni fondamentale attività statunitense posta in atto, con particolare riferimento a quella di addestramento e operazionale. L’espressione particolare viene intesa per escludere ogni attività di routine, nel senso che tutte le operazioni militari dovranno essere poste alla conoscenza del comandante italiano, in quanto organo ufficiale e garante della sovranità dello Stato di residenza e a cui spetta il compito di avvertire il suo collega americano qualora consideri che le attività delle truppe militari statunitensi escano dall’onda circoscritta del diritto interno, nonché quello di intervenire per ottenere l’immediata interruzione delle attività americane dal comandante statunitense che possono porre in pericolo la vita e la salute pubblica e che violi le norme di diritto interno.
Esiste, a fianco alla prima limitazione de quo accennato, un’altra che circoscrive la sovranità degli americani sulle operazioni, in base a cui l’aumento permanente della componente operativa e del relativo supporto deve essere autorizzato dalle autorità nazionali italiane. L’ipotesi prevista riguarda una modifica non ad interim delle operazioni militari da rendere concrete a partire proprio dalla base di Sigonella, di cui lo stesso Ministro della Difesa, durante il question time del 3 agosto 2016 (foto), ha voluto ribadire, modifica che necessita del consenso chiaro delle autorità di Roma. È, infatti, da quest’angolatura che va letto l’accordo sull’utilizzo di droni armati tra i due governi del febbraio scorso, come pure un altro accordo, siglato nel 2010, mai reso di dominio pubblico, attraverso cui le autorità italiane d’allora avevano dato il semaforo verde all’utilizzo di alcuni droni non per attaccare, ma solo per ragioni di ricognizione – il c.d. intelligence, surveillance and reconnaisance – ISR.
Ripartendo dal primo punto, il senso giuridico dell’accordo in considerazione non può che essere uguale all’accordo sulla concessione della base cui esso accede. Questi accordi di concessione verrebbero a configurarsi come accordi in forma semplificata e che comporta invece che l’accordo entri immediatamente in vigore non appena sottoscritto dai rappresentanti dell’esecutivo, dato che concernono materie a elevato tasso di tecnicità e che non rientrando nell’alveo di accordo di natura politica, in virtù dell’articolo 80 della nostra Costituzione che ricorda che le Camere autorizzano con legge la ratifica dei trattati internazionali che sono di natura politica (…), e, pertanto, non necessitando del procedimento solenne, l’accordo Technical Arrangement on Sigonella verrebbe in ogni modo ed effettivamente a considerarsi un accordo, sul piano prettamente giuridico, vincolante e per l’Italia e per gli Stati Uniti.
Ma si ritiene anche che un accordo inerente una materia celata dalla riserva di legge, secondo l’articolo 80 di cui si è detto poc’anzi, non configurandosi come un semplice accordo tecnico, non verrebbe a percorrere l’iter conclusivo in forma semplificata. Ergo, se ci si trova in presenza di una mancanza del consenso del Parlamento non menzionato, l’accordo stesso sarebbe un’intesa non de jure (giuridicamente) vincolante.
Sebbene nell’accordo Technical Arrangement on Sigonella non è presente nessuna indicazione sulle operazioni militari o belliche sostanzialmente effettuate, circoscrivendosi al solo utilizzo delle strutture e del riparto delle competenze, l’accordo sui droni armati, qualora statuisca lo stoccaggio e i riferimenti principali di utilizzo degli stessi, non rimane nei limiti a dare esecuzione all’accordo di concessione, anzi lo integra. Difatti, ha l’effetto di autorizzare operazioni militari che si poggiano su una tecnologia che non dà luogo a dubbi di tratto caratteristico e dal potenziale del tutto nuovo come i droni che sono utilizzati per scopi di sorveglianza e anche per eventuali attacchi armati, con netti contrasti con alcune disposizioni costituzionali come l’articolo 11, che contiene un’autonoma norma sul divieto dell’uso della forza, nel senso che esso non inibisce qualsiasi guerra, ma solo quella di aggressione volta a offendere la libertà degli altri popoli; in più, una guerra in legittima difesa non viene vietata sia che si tratti di difendere il proprio territorio, sia che riguarda di prestare soccorso ad uno Stato terzo che subisce un’aggressione; come pure l’articolo 78 che determina che le Camere deliberano lo stato di guerra e conferiscono al Governo i poteri necessari, nel senso che, dinanzi ad una situazione straordinaria, che si crea quando viene deliberato lo stato di guerra, giustifica l'applicazione di un sistema normativo particolare, definito diritto interno di guerra; e, infine , come l’articolo 87, comma 9, secondo cui spetta al Capo dello stato dichiarare lo stato di guerra deliberato dai due rami del Parlamento (Camera e Senato).
Ritornando al contenuto integrativo dell’accordo Technical Arrangement on Sigonella certamente individuabile nel quadro costituzionale di accordo di natura politica, affinché ci sia un controllo da parte dei due rami del Parlamento, è possibile portare in rilievo un valevole argomento a favore della qualificazione dell’accordo circa i droni come intesa sul piano giuridico non vincolante.
Vanno posti in chiaro due punti, il primo, sul piano formale, riguarda la natura giuridica degli accordi che sono la premessa di quello che ci riguarda. Sugli accordi BIA e Shell Agreement, che rientrano nella cerchia del bilateralismo del Patto atlantico, questi sono stati portati alla conclusione senza la necessaria ratifica dell’organo legislativo ovvero del Parlamento, in base al rilievo che riguarderebbe di meri accordi strumentali rispetto ad accordi o trattati di alleanza e cooperazione militare di cui il nostro Paese è parte contraente e che va posto nelle prerogative del governo. Questa analisi si rifà ad alcuni articoli dell’Organizzazione del Trattato Nord Atlantico – l’articolo 3 che enuncia che allo scopo di conseguire con maggiore efficacia gli obiettivi del presente Trattato, le parti, agendo individualmente e congiuntamente, in modo continuo ed effettivo, mediante lo sviluppo delle loro risorse e prestandosi reciproca assistenza, manterranno e accresceranno la loro capacità individuale e collettiva di resistere ad un attacco armato, e l’articolo 9 che statuisce, a sua volta, che con la presente disposizione le Parti istituiscono un Consiglio, nel quale ciascuna di esse sarà rappresentata per esaminare le questioni relative all'applicazione di questo Trattato e che il Consiglio sarà organizzato in maniera tale da potersi riunire rapidamente in qualsiasi momento, inoltre, il Consiglio costituirà quegli organi sussidiari che potranno essere necessari; in particolare istituirà immediatamente un Comitato di difesa che raccomanderà le misure da adottare per l'applicazione degli articoli 3 e 5 – sebbene dal mutuo supporto di tipo militare, non può che sorgere per il governo il vantaggio di darvi attuazione reale anche mercé accordi in forma semplificata, senza che ci sia la necessità dell’intervento del legislatore. A favore di questa tesi si richiama il momento, in base al quale l’articolo unico di questa legge non solo autorizza il capo dello Stato a ratificare il Trattato, ma pure chiede all’esecutivo di dare piena e totale esecuzione allo stesso. Il contenuto testuale, inter alia, sarebbe a favore di chi attribuisce agli accordi sulle basi militari una natura meramente tecnica, considerandoli niente che una chiara specificazione di accordi intervenuti in precedenza in relazione ai quali la ratifica parlamentare è intervenuta.
D’altronde, rimane la differenza fra l’accordo semplicemente esecutivo e quello integrativo. Sia gli accordi che riguardano le basi militari, sia quelli sull’uso di stabilire tecnologie militari in queste basi – come quella dei droni – non possono che essere inglobati in toto in quest’ultima categoria e rimangono con la necessità dell’autorizzazione del legislatore alla ratifica, pena, al contrario, la concreta paralisi della garanzia della carta costituzionale.
La seconda chiarezza è prettamente realistico e si esclude dalla soluzione alla vexta quaestio (questione complessa) del valore giuridico dell’accordo cioè a dire che non si può non considerare l’occasione di una riflessione che gira attorno alle modalità attraverso cui questo accordo svilupperà i suoi effetti. Sembrerebbe che il governo di Roma avesse dato il semaforo verde, mercé il proprio parere positivo, all’utilizzo di droni armati dalla base di Sigonella, ponendo in chiaro che la tecnologia deve essere usata mediante l’autorizzazione delle autorità militari competenti italiane. Come si è già avuto modo di ricordare, questo modo di operare non si discosta dalla logica del Technical Arrangement on Sigonella che, invece, pone un vincolo di notifica al Comandante italiano per quelle attività che non rientrano nel sistema di non routine, poste in atto dalle forze militari statunitense.
Questi dispositivi, poi, possono essere legittimamente utilizzati solo per ragioni di carattere difensivo e non in quello offensivo. Dalla base militare di Sigonella, pertanto, può partire l’ordine di fare fuoco solo nel caso in cui gli obiettivi individuati dell’ISIS, presente sul territorio libico, in particolar modo nella città di Sirte, dove sono iniziate le incursioni aeree americane, da dove stessero preparando un attacco armato dell’ISIS contro truppe militari che sono dispiegate nell’area. Qualora questo non dovesse avvenire, il Comandante italiano, subito posto a conoscenza, potrebbe obiettare la violazione delle norme di diritto interno, id est l’applicable Italian law, attraverso l’applicazione del veto da parte dello Stato italiano contro una particolare attività posta in essere da parte dello Stato statunitense.
Tanto è vero che la dicitura inglese applicable Italian law non si limita a recintare solo le disposizioni di tipo tecniche, ma pure quelle disposizioni fondamentali per l’ordinamento giuridico italiano. Tra queste sono da includere le norme della nostra Costituzione e quelle ordinarie che disciplinano il conflitto bellico, dove si ritenesse che la guerra al terrorismo possa essere inquadrata come diritto internazionale dei conflitti non armati. Su questo punto va detto che una simile soluzione dovrebbe portare de facto a un riconsiderare i termini dell’accordo con gli statunitensi, per la ragione che il nostro Paese rischierebbe di essere coinvolta pienamente in uno status di cobelligeranza (da qui si comprende la prudenza del Ministro della Difesa Pinotti nel suo intervento alla Camera dei Deputati del 3 agosto 2016).
Si può concludere che l’accordo stipulato tra l’Italia e gli Stati Uniti manifesta una profonda preoccupazione dinanzi all’utilizzo di una tecnologia bellica che, se, da una parte, assicura una massima precisione nel colpire un obiettivo, dall’altra, fornisce giusti sospetti circa la conformità con il nostro ordinamento giuridico considerato, rendendo più cupe i contorni della strategia della comunità internazionale nella lotta contro lo Stato islamico.
Nota - Alcuni contenuti di questo articolo sono tratti dal seguente sito: http://www.sidiblog.org/2016/05/12/droni-a-sigonella-quale-valore-ha-e-quale-impatto-produrra-laccordo-italo-americano
(foto: U.S. DoD / U.S. Air Force / Northrop Grumman / Parlamento)