Nelle ultime settimane, si è fatta sempre più insistente, da parte di alcuni politici a stelle e strisce, e da certa stampa, la voce di una possibile apertura della procedura di impeachment nei confronti del neo-presidente americano, Donald Trump, per le vicende legate al c.d. Russiagate.
Vediamo, allora, in cosa consiste questo istituto, le condizioni al cui verificarsi esso possa essere attivato, e le fasi procedimentali che lo contraddistinguono.
Le origini
L’impeachment (da “to impeach”= mettere in stato d'accusa) rientra tra gli istituti della c.d. giustizia politica, ossia quelli attraverso i quali le assemblee parlamentari svolgono una funzione di tipo giurisdizionale, e costituisce l’antecedente storico delle moderne forme di responsabilità politica.
Prima del suo inserimento nella costituzione americana, esso trovò la sua origine nell’Inghilterra medioevale, a seguito della crisi costituzionale del 1376, in cui il Parlamento rivendicò a sé il diritto di giudicare i Ministri del Re colpevoli di gravi reati, sottraendo questo potere al Consiglio privato della Corona (Curia Regis), raggiungendo l’apice della sua importanza nel XVII secolo quando, stante il principio dell’irresponsabilità del Monarca («il Re non può far male»), esso venne a costituire il modo attraverso cui far valere la responsabilità dei Ministri nei confronti del Parlamento, trovando riconoscimento formale nell’Act of Settlement del 1700.
Con il corso del tempo, quando alla responsabilità penale si andò gradualmente sostituendo una forma di responsabilità politica, tramite il voto di fiducia (la c.d. fiducia parlamentare), esso però finì col cadere in desuetudine (basti pensare, infatti, che, nell’ambito della storia costituzionale inglese, gli ultimi due procedimenti di impeachment sono datati rispettivamente 1788 e 1805).
Nel frattempo, però, tale procedura aveva suscitato interesse nei paesi d’oltreoceano, al punto da essere addirittura recepita nella neonata Costituzione degli Stati Uniti, durante la Convenzione di Philadelphia, svoltasi tra il 25 maggio ed il 17 settembre 1787 nell'Independence Hall di Filadelfia, proprio allo scopo di riformare gli Articoli della Confederazione.
A rendersi conto dell’importanza dell’introduzione di un simile istituto nel sistema costituzionale americano, fu uno dei suoi padri fondatori, Benjamin Franklin (nel ritratto a dx), che ebbe a notare il fatto secondo cui, fino ad allora, per liberarsi dei personaggi scomodi, appartenenti al potere esecutivo, si era fatto spesso ricorso al loro assassinio: proprio in virtù di ciò, sarebbe stato preferibile1, allora, introdurre una procedura legalizzata tramite la quale ottenere lo stesso risultato (la rimozione dalla carica pubblica del personaggio coinvolto) senza la medesima efferatezza.
Così, allora come oggi, mentre l’articolo I, Sezioni 2 e 3, della Costituzione americana fa riferimento alla relativa procedura, con una evidente accentuazione del carattere politico della suddetta (è previsto, infatti, che essa - la procedura di impeachment - non abbia altro scopo che quello di allontanare dalla sua carica il condannato, ferma restando la possibilità di sottoporlo anche a procedimento penale), il suo articolo II, Sezione 4, indica invece le cariche pubbliche che possono essere ad essa sottoposte (“the President, Vice President, and all civil officers of the United States”) ed i relativi motivi (“conviction of, treason, bribery, or other high crimes and misdemeanors”).
La procedura
La messa in stato di accusa del Presidente degli Stati Uniti viene deliberata dalla Camera dei rappresentanti (House of Representatives) chiamata ad esprimere il proprio voto su uno o più articoli dell’impeachment: se viene raggiunta la maggioranza assoluta anche su uno solo di essi, il Presidente risulta posto in stato di accusa. Dopodichè, è al Senato (Senate) che si svolge il vero e proprio processo, all’interno del quale, ad alcuni membri della Camera dei rappresentanti (c.d. managers) che fungono da “prosecutors”, ossia da pubblica accusa, si contrapporranno gli avvocati (lawyers) scelti dal Presidente, davanti ad una giuria composta dagli stessi senatori, presieduta dal Presidente della Corte Suprema2. L’eventuale condanna viene pronunciata con deliberazione del Senato a maggioranza dei due terzi: in seguito ad essa, il Presidente viene rimosso e sostituito nell’incarico dal vice-presidente, che assume le sue piene funzioni. Il verdetto è inappellabile3.
Le regole
Al di là di quanto finora detto, la particolarità del procedimento di impeachment è l'assenza di regole procedurali predefinite, a differenza degli ordinari procedimenti giudiziari, come peraltro testimoniato dai, seppur scarni, precedenti in materia.
Ad esempio, in quello cui fu sottoposto l'ex presidente americano Bill Clinton nel 19994, per lo scandalo legato alla stagista Monica Lewinsky, furono concessi quattro giorni all'accusa per raccogliere le prove di colpevolezza, ed altrettanti alla difesa per la loro confutazione. Fu per questo motivo che il Senato, per proprio conto, decise di ascoltare i propri testimoni sia di persona che tramite videotape. A tal proposito, Bob Barr, ex membro repubblicano dell'accusa in quella occasione, ebbe a criticare tali circostanze che, in aggiunta al contingentamento imposto sia riguardo il numero dei testimoni escutibili, sia riguardo la lunghezza delle loro deposizioni, finirono, secondo lui, con il rendere praticamente impossibile la condanna del presidente democratico. Inoltre, era inaccettabile, a detta dello stesso esponente repubblicano, l'assenza di regole predefinite che, di conseguenza, finivano con l'accrescere la discrezionalità della giuria (il Senato, come detto) nell'apprezzamento di alcune prove piuttosto che di altre, con evidente rischio di manipolazione del risultato finale, non ancorato ad evidenze oggettive ma ad interpretazioni (più politiche che giuridiche) del momento (“Impeachment is a creature unto itself; the jury in a criminal case doesn’t set the rules for a case and can’t decide what evidence they want to see and what they won’t”).
Cosa si intende per “treason, bribery, or other high crimes and misdemeanors”.
Tradimento, corruzione o altri reati e misfatti: sono questi i casi in cui il Presidente degli Stati Uniti, o le altre cariche previste, possono essere sottoposte ad impeachment.
Come non sono previste regole procedurali precise nella importante fase che si svolge dinanzi al Senato, anche di questi concetti non vi è una definizione puntuale (né, forse, potrebbe esservi), finendo con l’essere essi valutati e considerati, di volta in volta, attraverso una interpretazione (se così la si voglia definire) ed una contestualizzazione politica, oltre che giuridica.
Sempre riportandosi al caso Clinton, Robert Byrd, un senatore democratico dell’epoca, proveniente dal West Virginia, ebbe a dire ai suoi colleghi che, pur ritenendo il presidente evidentemente colpevole di spergiuro, rimuoverlo dalla sua carica, in quel momento, sarebbe stata una pessima idea; di conseguenza, sebbene in maniera riluttante, votò a sfavore (“Therefore, I will reluctantly vote to acquit”).
Se si considera che, allora, Clinton venne sottoposto ad impeachment da un Congresso a maggioranza repubblicana, riuscendo comunque ad essere prosciolto (dal momento che si ritenne che, quanto accaduto, appartenesse più alla sua sfera privata che non a quella pubblica), si può ben comprendere come, nel caso di Trump, pensare ad un procedimento di impeachment, sia ancora più arduo (figurarsi poi una condanna), stante la schiacciante maggioranza del suo partito in entrambi i rami del Congresso (anche se, come si ricorderà, vi furono pesanti spaccature, sulla sua candidatura, durante il periodo pre-elettorale).
Il venticinquesimo emendamento
Quasi a voler a tutti i costi rincorrere il sogno di destituire il quarantacinquesimo Presidente americano, democraticamente eletto, alcuni organi di stampa e certi commentatori politici, in maniera tutt’altro che neutra, si sono affrettati a ipotizzare, in alternativa all’impeachment, il ricorso allo strumento previsto dal venticinquesimo emendamento (sezione quarta) della stessa Costituzione statunitense (introdotto nel 1967), secondo cui il vice presidente e la maggioranza del gabinetto di governo possono inviare una lettera al Congresso, sostenendo che il presidente sia incapace di assolvere ai suoi compiti. A seguito di ciò, i poteri passerebbero quindi al vice, ma se il presidente replicasse con un altro messaggio scritto, riprenderebbe immediatamente le sue funzioni. A quel punto il numero due della Casa Bianca potrebbe insistere e allora Camera dei rappresentanti e Senato sarebbero chiamati a decidere, con il quorum dei due terzi, a chi affidare il Paese.
Ma questo istituto si riferisce ad una sopravvenuta incapacità di intendere e di volere del numero uno della Casa Bianca, o di una sua impossibilità fisica, non certo alla sua (più o meno criticabile) conduzione politica del Paese: situazione, dunque, che non sembra neanche ipotizzabile, nel caso di specie, con buona pace di alcuni.
Non è un caso, infatti, che, nei cinquanta anni dalla sua entrata in vigore, questo istituto abbia trovato applicazione in pochissimi casi: solo due volte per quel che concerne la sostituzione di vice-presidenti (ossia, quando Gerald Ford subentrò al posto di Spiro Agnew, nel 1973, e quando Nelson Rockefeller fece lo stesso nei confronti di Ford nel 1974) e sei volte per quella di presidenti (ma, in tutte le occasioni, esso venne invocato dagli stessi - presidenti - ed in via meramente temporanea, in concomitanza con controlli sanitari e/o ricoveri ospedalieri del momento. In nessun caso, comunque, quando il presidente di turno non fosse "compos mentis suae": e ciò, neanche quando, addirittura, Ronald Reagan venne ricoverato a seguito dell'attentato subito nel 1982).
Insomma: senza entrare nel merito dell'azione politica fin qui intrapresa dal nuovo inquilino della White House, è altamente probabile che i suoi contestatori, sia nazionali che internazionali, dovranno aspettare le nuove (e lontane) elezioni per cambiare un risultato elettorale che, alterato in altri modi, rischierebbe di risultare forzatamente sovvertito, in spregio alla lunga tradizione democratica degli Stati Uniti.
Ed allora si che si potrebbe, per certi versi, iniziare a parlare di un Usagate.
1 Josh Chafetz (2010). "Impeachment and Assassination". Minnesota Law Review.
2 Ove si trattasse, invece, di un giudizio nei confronti delle altre cariche, la medesima funzione verrebbe svolta dal Vice-presidente della Corte Suprema.
3 Nel caso Nixon v. United States (1993), la Corte Suprema, infatti, stabili che il verdetto emesso a seguito di giudizio federale, come quello riguardante il Presidente degli Stati Uniti, o delle alte cariche pubbliche (giudici compresi) era inappellabile, a differenza dei processi ordinari. In realtà, l’impeachment è previsto anche a livello statale, e ad esso possono essere sottoposti i pubblici ufficiali locali, tra cui gli stessi governatori.
4 L’altro illustre precedente fu quello del Presidente repubblicano Andrew Johnson nel 1868; Richard Nixon, invece, si dimise nel 1974, quando l’iter era appena cominciato nel Congresso, in seguito al c.d. Watergate.
(foto: U.S. DoD / web / U.S. Coast Guard)