Vi abbiamo dato conto nei mesi scorsi (v.articolo) dell’evolversi della giurisprudenza delle Sezioni Giurisdizionali Regionali della Corte dei Conti in tema di riconoscimento del diritto al c.d. moltiplicatore per i militari congedati per riforma.
Una recentissima sentenza della Sezione di Appello della Corte dei Conti – la prima pronunciata in secondo grado sul tema – segna un ulteriore capitolo di questa vicenda, lasciando tuttavia aperti numerosi interrogativi.
Ma procediamo con ordine.
La fotografia della situazione fino ad oggi: rinvio
Si ricorderà al riguardo che la questione giuridica che si pone in proposito può essenzialmente ridursi a quanto segue: il beneficio di cui all’art. 3, comma 7, del d.lgs n. 165/1997 deve ritenersi spettante ai soli militari riformati che, al momento del congedo, avevano comunque conseguito l’età pensionabile, o al contrario deve intendersi esteso anche a coloro i quali non avevano raggiunto tale limite d’età, e dunque deve riconoscersi a tutti i congedati per riforma?
Si rammenterà altresì che nel contributo sopra richiamato si è dato conto delle posizioni contrastanti assunte in materia dalla giurisprudenza, e del fatto che l’orientamento per così dire estensivo, in forza del quale il moltiplicatore deve essere applicato a tutti i riformati, è stato fatto proprio dalla gran parte delle Sezioni Giurisdizionali Regionali della Corte dei Conti. Basti citare in proposito, oltre a C. Conti, Sez. Giur. Abruzzo, n. 28/2012, che ha aperto la strada ad una simile soluzione interpretativa, le sentenze che si sono succedute in tal senso nel 2017 (C. Conti, Sez. Giur. Sardegna, n. 156/2017; C. Conti, Sez. Giur. Abruzzo, n. 27/2017; C. Conti, Sez. Giur. Molise, n. 53/2017); pronunce dello stesso segno si sono poi registrate nel Lazio, in Toscana ed in Piemonte, mentre in Calabria, Lombardia ed Emilia Romagna si sono succedute decisioni favorevoli e contrarie per tutto il 2018.
Del resto, l’orientamento favorevole al riconoscimento del moltiplicatore a tutti i militari riformati risulta preferibile, perché soddisfa in maggior misura la ratio legis compensativa della disposizione in gioco, evidentemente dettata allo scopo di controbilanciare la perdita del titolo all’indennità di ausiliaria in capo all’interessato, che oltretutto, in caso di congedo anticipato, finisce inevitabilmente per veder maturato un trattamento pensionistico ridotto.
Ciò posto, non si ripercorrerà in questa sede il tema dei requisiti necessari e dei passi da compiere in concreto per ottenere il riconoscimento del beneficio in oggetto: si rinvia sul punto, ancora una volta, all’articolo succitato, in cui già ampiamente si era detto al riguardo.
La sentenza della Sezione di Appello della Corte dei Conti
Piuttosto, è necessario dare conto dell’attualità. Per la prima volta infatti la Sezione d’Appello della Corte dei Conti si è trovata a decidere della questione, e lo fatto negando la fondatezza della suddetta interpretazione.
Con la sentenza n. 29/2019, depositata in data 7 febbraio 2019 e comunicata alle parti il 12 febbraio 2019, la Corte è stata chiamata a pronunciarsi sulla sopra richiamata sentenza n. 53 del 2017, emessa in data 6 ottobre 2017 dalla Sezione Giurisdizionale della Corte dei Conti del Molise, e ne ha di fatto ribaltato l’esito, accogliendo la tesi prospettata dall’INPS.
A giudizio della Sezione di Appello, infatti, il c.d. moltiplicatore deve riconoscersi soltanto a coloro i quali, al momento del congedo per riforma, avessero raggiunto l’età pensionabile, in relazione al grado rivestito. Stando ad una interpretazione letterale dell’art. 3, comma 7, del d.lgs n. 165/1997 – argomenta la Sezione d’Appello –, l’incremento del montante contributivo ivi previsto “opera in alternativa al collocamento in ausiliaria”, e poiché a sua volta l’accesso all’ausiliaria presuppone – oltre alla volontà manifestata in tal senso dall’interessato – il raggiungimento dei limiti di età per il pensionamento, il beneficio di cui si discute “opera, quindi, in favore di coloro che pur avendo raggiunto l’età pensionabile prevista per il grado di appartenenza, id est per il transito in ausiliaria, non possano materialmente accedervi per inidoneità psicofisica, nonché in favore di coloro i quali, già transitati in ausiliaria, siano divenuti successivamente fisicamente inidonei”.
E si fa notare, ancora, che, poiché “il c.d. moltiplicatore è stato espressamente configurato dal legislatore come “alternativo all’ausiliaria”, occorre imprescindibilmente che l’interessato abbia titolo al collocamento in ausiliaria e, quindi, che sia cessato dal servizio esclusivamente per limiti d’età (quali previsti per il grado rivestito)”.
Solo chi ha raggiunto l’età pensionabile, pertanto, potrà scegliere se transitare in ausiliaria oppure avvalersi del beneficio in questione, trovandosi rispettivamente assoggettato al trattamento economico di cui gli artt. 1864 e 1865 c.o.m.
Diversamente – vale a dire, qualora si aderisse alla tesi secondo cui il moltiplicatore andrebbe riconosciuto a tutti i militari riformati, prescindendo dai limiti di età di cui all’art. 992 c.o.m. –, l’istituto dell’ausiliaria risulterebbe “svilito”, in quanto – a parere della Corte –, “finirebbe, infatti, col diventare “sostitutivo” - e non già alternativo come per legge - di un istituto non previsto (e non concepito) per coloro i quali siano cessati anticipatamente rispetto ai limiti anagrafici dal servizio attivo. In altre parole, si giungerebbe col riconoscere l’equivalente contributivo (non a caso pari alla durata del periodo di ausiliaria) del trattamento economico dell’ausiliaria ai non aventi diritto a tale posizione giuridica”.
Conclusioni (e critiche)
La sentenza n. 29/2019 della Sezione di Appello della Corte dei Conti abbraccia senza riserve in fatto di moltiplicatore la tesi sostenuta dall’INPS, vanificando – per il momento – le pretese di migliaia di militari congedati per inidoneità psicofisica all’impiego. Una simile impostazione non può che criticarsi, in quanto frutto di una interpretazione puramente formalistica delle norme in gioco.
Sfugge del tutto al Collegio giudicante l’esigenza di giustizia sostanziale sottesa all’opposta interpretazione estensiva della medesima norma: se è pur vero, stando come detto alla lettera dell’art. 3, c. 7, succitato, che il moltiplicatore è alternativo all’ausiliaria, e che all’ausiliaria si accede solo una volta raggiunta l’età pensionabile, è vero anche che chi si trova costretto al congedo anticipatamente, per di più a causa di una infermità psico-fisica, viene così a trovarsi due volte danneggiato: una prima volta, perché appunto il suo trattamento pensionistico sarà di certo ridotto rispetto a quei colleghi che invece – unicamente grazie alle loro migliori condizioni di salute – potranno raggiungere l’età pensionabile; una seconda, perché, in forza di quanto sopra, saranno esclusi anche dal montante contributivo in esame.
Non può che ribadirsi sul punto che il moltiplicatore è stato evidentemente concepito dal legislatore come beneficio di carattere compensativo, per quei militari che – congedati appunto per riforma – non possono accedere in ausiliaria. Che ciò si verifichi una volta raggiunta l’età pensionabile o prima di allora rappresenta un elemento distintivo di per sé non esplicitato dalle norme, e sul quale invece la Sezione di Appello ha fondato la sua argomentazione.
Non è dato sapere se questa sentenza possa rappresentare la parola fine ad anni di contrasti giurisprudenziali: di certo, nei mesi che seguiranno, giungeranno in decisione (anche innanzi ad altre Sezioni d’Appello della stessa Corte dei Conti) altre controversie relative alla medesima questione giuridica, con la possibilità concreta (ed auspicata) di nuovi ribaltamenti di fronte.
Di certo, sulla questione del moltiplicatore – come in relazione a quella dell’art. 54 del d.p.r. n. 1092/1973, per gli arruolati nei primi anni Ottanta, sulla quale invece la stessa Sezione di Appello si è pronunciata favorevolmente nel novembre del 2018 –, ci si attenderebbe, più che una continua altalena di decisioni giurisprudenziali, un intervento chiarificatore (questo sì, davvero definitivo) da parte del legislatore.
E viene da chiedersi anche perché la questione – che vede coinvolti così tanti militari – non venga affrontata in modo chiaro e diretto, una volta per tutte, dallo stesso Governo. Anche se in molti già possono prefigurarsi – a torto o a ragione –, con uno sforzo d’immaginazione non certo titanico, la risposta.
Quanto a noi, non mancheremo, in ogni caso, di tenervi aggiornati.
Avv. Francesco Fameli
esperto di diritto amministrativo militare
Foto: U.S. DoD